Nel periodo che va dal 1842 al 1853 Schumann scrisse molte composizioni da camera, a cominciare dai tre Quartetti per archi op. 41 dedicati a Mendelssohn per finire con i quattro pezzi op. 113 per viola e pianoforte Märchenbilder, recanti la data 1851, e i Märchenerzählungen op. 132 per clarinetto e pianoforte, senza contare la Sonata per violino e pianoforte elaborata in collaborazione con Brahms e Dietrich, la celebre F.A.E. Sonate. Si tratta di uno Schumann compositivamente maturo e già largamente noto per aver dato il meglio di sé nei lavori pianistici e nei lieder, specie nei Papillons op. 2, nel Carnaval op. 9, nei Phantasiestücke op. 12, negli Studi sinfonici op. 13 e nella Kreisleriana op. 16. In questa produzione cameristica per uno o più strumenti il musicista riversa ugualmente il suo temperamento romantico accesamente vivace, senza dimenticare quell'intimismo psicologico così tipico di certe pagine scritte tutte d'un fiato.
In particolare nei Märchenbilder, che possono essere suonati anche per violino e pianoforte, si ritrova lo spirito delle «storie fantastiche» di gusto tedesco, ricche di simboli e di allegorie legate alle leggende popolari, raccolte e valorizzate in letteratura dai vari Eichendorff, Tieck e Novalis, i quali sostenevano che i loro racconti erano semplicemente dei sogni, simboli di un mondo proiettato verso una ideale armonia celeste. Ciò che conta in questi racconti letterari è l'atmosfera poetica misteriosamente evocata, quasi in un rapporto medianico tra l'individuo e la natura; ugualmente nei Märchenbilder schumanniani è la magìa del suono realizzata in ogni sua sfaccettatura a determinare l'essenza espressiva della composizione.
In ciascuno dei quattro tempi sono puntualizzati stati d'animo
diversi - intimo e pensoso nel primo e nell'ultimo, popolaresco ed
estroso nel secondo, fremente e sentimentale nel terzo - fusi e
amalgamati nello stesso «cemento» di evocazione
immaginaria al di fuori della realtà. Sono quattro momenti o
miniature musicali che vanno apprezzati per la loro purezza e
delicatezza inventiva, cogliendo l'attimo magicamente fissato nella
frase melodica e senza voler trovare ad ogni costo un nesso logico che
ne spezzerebbe l'incanto e ne dissolverebbe il penetrante profumo.
Il primo anno dell'incarico di Schumann a Düsseldorf si aprì sotto i migliori auspici. Schumann era soddisfatto dell'accoglienza e della capacità del coro e dell'orchestra, né si rendeva conto della crescente perplessità suscitata dalle sue concertazioni. Così il 1851 fu l'ultimo degli anni fecondi, l'anno della «Renana» e del Concerto per violoncello, di sei raccolte di Lieder varia musica da camera, fra cui questi singolari «Marchenbilder». Singolari innanzitutto per la scelta timbrica della viola, adoprata qui come strumento intimista in ricorrenti e frammentarie evocazioni di ballata. Forse l'immagine desiderata fu quella dello strumento del menestrello, uno strumento che possedesse il timbro della nostalgia, e privo di quello spicco cantabile esplicito che distingue la cavata del violino e del violoncello. Immagini fiabesche battezzò Schumann questi quattro pezzi; e li articolò, secondo la propria fiducia nell'arte, in una successione contraria alla prassi concertistica: esordio, marcia e trio, burlesca, lento con espressione malinconica; dal pensieroso al gaio al bizzarro, per concludere nelle ubbie di Eusebio, quel finale in dissolvenza che la sala da concerto trascura. Eppure è proprio questo pezzo, intonato alla malinconia, a costituire il colpo d'ala della raccolta; ed il solo dove l'autore superi i limiti del bozzetto romantico. Altrove, nei pezzi in tempo mosso e condotti all'insegna dell'entusiasmo, i ritmi della gioia martellano, senza andar troppo per il sottile, un pervicace ottimismo.
Gioacchino Lanza Tomasi