Liederkreis, op. 24

per voce e pianoforte

Musica: Robert Schumann (1810 - 1856)
Testo: Heinrich Heine
  1. Morgens steh' ich auf - Allegretto (re maggiore)
  2. Es treibt mich hin - Sehr rasch (si minore)
  3. Ich wandelte unter den Bäumen - Ziemlich langsam (si maggiore)
  4. Lieb' Liebchen - Nicht schnell (mi minore)
  5. Schöne Wiege meiner Leiden - Bewegt (mi maggiore)
  6. Warte, warte, wilder Schiffmann - Sehr rasch (do diesis minore)
  7. Berg und Burgen schau'n herunter - Ruhig, nicht zu schnell (la maggiore)
  8. Anfangs wollt' ich fast verzagen - (re minore)
  9. Mit Myrthen und Rosen - Innig, nicht rasch (re maggiore)
Organico: voce, pianoforte
Composizione: Lipsia, 24 febbraio 1840
Edizione: Breitkopf & Härtel, Lipsia, 1840
Dedica: P. Garcìa
Guida all'ascolto (nota 1)

Insieme a Schubert, Schumann fu il seminatore, il creatore e il più degno rappresentante della liederistica romantica, cioè di un tipo di canto strettamente connesso alla parola poetica e ubbidiente alle regole di una declamazione per certi aspetti precorritrice del futuro impressionismo. Il cammino percorso da Schumann per ampliare e arricchire la grande letteratura tedesca del lied fu relativamente breve e folgorante. Adolescente, il musicista si avvicina alla poesia di Schiller, di Byron e di Jean-Paul (Richter ed Ernst Th. A. Hoffmann, a lui congeniali, resteranno per sempre i dominatori dell'estetica schumanniana). Più tardi il compositore viene attratto dai versi di Goethe, Rückert, Eichendorff e Tieck. Finalmente il musicista s'incontra con i poemi di Heine e ne diventa entusiasta: le due personalità si integrano a tal punto che è quasi impossibile credere che uno qualsiasi dei lieder usciti dall'incontro abbia due distinti autori. Sui versi di Heine, Schumann elabora le sue prime significative melodie raccolte nel ciclo dei Liederkreis op. 24, scritti nel 1840 e caratterizzati da una omogenea fusione tra il canto e la parola, di cui la musica vuole sottolineare ogni sensazione, e ogni sfumatura della sensazione e ogni particolare della sfumatura. E per penetrarvi con tanta efficacia di effetti l'autore si avvale del pianoforte nella stessa misura con cui si serve della voce solista, e della voce solista con gli stessi intenti espressivi affidati anche al pianoforte.

In uno studio sui lieder schumanniani, che risale al 1914, il musicologo Guido M. Gatti traccia una comparazione pertinente fra la produzione liederistica dell'autore del Manfred e quella non meno illuminante di Schubert. «Questo artista - osserva Gatti - sceglie una lirica e cerca di intenderla e quasi di immedesimarsi con lo spirito del poeta: il suo è un lavoro incessante di trasposizione della propria sensibilità personale per sostituirvi quella del lirico; si tratta dì uno sforzo negativo, nel quale il temperamento del musicista subisce delle costrizioni dolorose. Schumann invece non rinuncia alla propria personalità: innanzitutto perché egli sceglie quelle liriche che in quel momento rappresentano il suo stato interiore, e poi perché egli preferisce sopra ogni cosa rivelare se stesso prima che lo spirito del poeta; di modo che è la propria sensibilità, la propria anima sovrapposta e spesso preponderante su quella dell'autore stesso».

Molti sono i lider schumanniani validi per la delicatezza del sentimento e l'esemplare equilibrio tra valore poetico e musicale, ma indubbiamente tra i capolavori appartenenti a questo specifico genere vanno annoverate le ventinove melodie dei Myrthen op. 25 (1840) su poesie di Rückert, Goethe, Mosen, Burns, Heine, Byron e Moore e soprattutto la raccolta del Frauenliebe und - leben (Vita e amore di donna) op. 42 (1840) su versi di Adalbert von Chamisso e i sedici stupendi poemi del ciclo Dichterliebe (Amor di poeta) op. 48, ispirati da Heine e dedicati da Schumann alla celebre cantante Wilhelmine Schroeder-Devrient. E' proprio in questi esempi dove la simbiosi tra pianoforte e canto risulta perfetta che il lied schumanniano si presenta non solo come uno dei modelli di tutta la lirica vocale da camera dell'Ottocento tedesco, ma anticipa perfino le raffinatezze e le libertà di un Brahms e di un Wolf, il quale ultimo, come Schumann, doveva concludere la sua tormentata esistenza in un manicomio, dopo cinque anni di completo disordine mentale.

Naturalmente anche nei lieder dell'op. 24 c'è il segno della inconfondibile personalità schumanniana con i suoi sogni, i suoi slanci, i suoi abbandoni (significativo è il terzo canto - Ich wandelte unter Bäumen - pieno di intimismo sentimentale), i suoi scatti appassionati, i suoi languori, i suoi aneliti verso l'infinito, insomma con tutti quei richiami tipici della romantica Sehnsucht.


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia;
Roma, Sala Accademica di via dei Greci, 25 maggio 1979


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Ultimo aggiornamento 13 luglio 2012