Konzertstück in sol maggiore per pianoforte e orchestra, op. 92


Musica: Robert Schumann (1810 - 1856)
  1. Introduction. Langsam (sol maggiore)
  2. Allegro appasionato (sol maggiore - do maggiore - sol maggiore)
Organico: pianoforte solista, 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni, 2 trombe, timpani, archi
Composizione: Dresda, 18 - 28 settembre 1849
Prima esecuzione: Lipsia, Gewandhaus Saal, 14 gennaio 1850
Edizione: Whistling, Lipsia, 1851
Guida all'ascolto (nota 1)

Quando non ancora ventenne seguiva le lezioni di diritto e di filosofia all'Università di Lipsia, alternandole con lo studio diuturno e furioso del pianoforte, Schumann lesse con entusiasmo le opere di alcuni scrittori tedeschi della generazione romantica e in particolare mostrò la sua predilezione per il poeta Johann Paul Richter e per Ernst Theodor Amadeus Hoffmann, personaggio eclettico e versatile sia nelle lettere che nella musica, oltre che studioso acuto e brillante del fenomeno dell'arte nella sua dimensione più nascosta e misteriosa. Specialmente Hoffmann esercitò un'influenza profonda e duratura sulla mente e sulla sensibilità di Schumann, che assorbì da lui il concetto secondo cui la musica parla un linguaggio totale e universale e in essa l'artista riversa tutte le sue passioni, i suoi sentimenti e le emozioni in una stretta simbiosi spirituale con la vita. Più volte il musicista si ricordò nelle sue composizioni del pensiero e delle invenzioni letterarie di ambedue gli scrittori: da Richter, che aveva creato nel suo romanzo «Flegeljahre» (Anni di scapigliatura) le due figure contrapposte di Walt e Vult, Schumann prese lo spunto per ideare il suo binomio estetico preferito, l'appassionato Florestano e il sognatore Eusebio, compiutamente e simbolicamente descritti nei pianistici Davidsbündler, la Lega dei compagni di David, rivolta ad abbattere e vincere il filisteismo e la mediocrità nell'arte; a Hoffmann, invece, il musicista si richiamò per quella fantasiosa Kreisleriana, composta nel 1838 in omaggio all'estroso ed eccentrico maestro di cappella Johann Kreisler, così efficacemente descritto nel racconto del musicografo di Königsberg.

Nel perìodo che va da 1830 al 1839, compreso tra le Variazioni sul nome ABEGG e i quattro Klavierstücke, apparvero i più noti capolavori del pianismo schumanniano e precisamente le Kinderszenen, Papillons, Carnaval, la citata Kreisleriana, Studi sinfonici, la Toccata in do maggiore op. 7, i Phantasiestücke op. 12, la Fantasia in do maggiore op. 17, Arabeske in do maggiore op. 18, le otto Novellette op. 21 e il Faschingsschwank aus Wien op. 26 (Carnevale di Vienna), senza considerare, perché composti più tardi, l'Album per la gioventù (1848), le Waldszenen op. 82 (1848-'49) e i Gesänge der Frühe op. 133 scritti nel 1853. In tutti questi lavori si avverte con molta chiarezza ed evidenza formale quel modo di comporre tipico di Schumann, fatto di slanci ardenti e di improvvisi ripiegamenti, di impeti e di tenerezze, di introspezioni psicologiche e di sogni fantastici, contrassegnati di idealismo romantico. Un mondo poetico, insomma, punteggiato da stati d'animo diversi e più volte contrapposti, espressi sempre con straordinaria freschezza melodica e con una varietà armonica viva e frizzante anche nei sapori dissonanti.

Tali caratteristiche del mondo creativo schumanniano e del suo inconfondibile stile pianistico, che fece scuola soprattutto nei paesi tedeschi, si ritrovano nell'Introduzione e Allegro appassionato in sol maggiore op. 92 per pianoforte e orchestra, scritta nel 1849 ed eseguita per la prima volta a Lipsia nel 1850 nell'interpretazione di Clara Schumann, alla quale è dedicata. Secondo le cronache del tempo, il Konzertstück, come Schumann inizialmente lo chiamò, ebbe accoglienze piuttosto fredde da parte della critica, in quanto non si discostava molto dall'atmosfera e dai procedimenti espressivi del Concerto in la minore per pianoforte e orchestra, indubbiamente il momento più alto e più felice della genialità dell'artista sassone, anche qui embleticamente raffigurato nella doppia personalità di Eusebio e Florestano. Del resto nemmeno nel terzo dei tre lavori per pianoforte e orchestra composto da Schumann, cioè nell'Introduzione e Allegro da concerto in do maggiore op. 134, si ripeterà il perfetto equilibrio inventivo dell'op. 54, anche per il progressivo deteriorarsi delle facoltà mentali del compositore (siamo nel 1853), già irreparabilmente minate dal male che lo avrebbe ucciso nella clinica di Eridenich.

L'op. 92 si apre con un lento cantabile di pungente effetto sonoro, realizzato fra gli accordi dolci e pastosi del pianista e le armonie dei fiati. Si passa quindi direttamente all'Allegro di tono vigoroso e marcato in mi minore, cui risponde un tema vivace in do maggiore, accennato dal pianoforte e ampliato dall'orchestra, molto somigliante alla frase del primo movimento del Concerto in la minore. La scrittura orchestrale è però meno interessante e originale di quella dell'op. 54 e vi si riscontrano numerose interiezioni all'unisono e sequenze in note punteggiate che soltanto gli scorrevoli e fluenti interventi dello strumento solista riescono ad alleggerire in un clima di delicata poesia romantica. Spigliata e brillante nel fitto gioco delle terzine è la coda dell'Introduzione e Allegro appassionato (il brano dura complessivamente 16 minuti e dieci secondi), che sotto certi aspetti vuole essere una continuazione del Concerto in la minore.


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia;
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 31 maggio 1981


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Ultimo aggiornamento 21 novembre 2013