Faschingschwank aus Wien. Fantasiebilder (Carnevale di Vienna), op. 26


Musica: Robert Schumann (1810 - 1856)
  1. Allegro. Sehr lebhaft (si bemolle maggiore)
  2. Romanze. Ziemlich langsam (sol minore)
  3. Scherzino (si bemolle maggiore)
  4. Intermezzo. Mit grosster Energie (mi bemolle minore)
  5. Finale. Hochst lebhaft (si bemolle maggiore)
Organico: pianoforte
Composizione: 1839
Edizione: Spina, Vienna, 1841
Dedica: Simonin de Sire
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

La composizione del Carnevale di Vienna. Quadri fantastici op. 26 iniziò negli ultimi giorni del soggiorno viennese di Schumann (durato sei mesi, fino all'aprile 1839) e terminò nel 1840 in uno stato di febbrile e intensa ispirazione («Al galoppo: creato, scritto, stampato; ecco ciò che mi piace», ebbe a scrivere lo stesso Schumann). Durante il soggiorno viennese egli approfondì lo studio dei Quartetti di Haydn, Mozart e Beethoven, ma non riuscì ad allacciare quei rapporti di lavoro che erario stati l'oggetto principale del suo viaggio nella capitale austriaca.

Anche se Schumann, scrivendo all'amico Simonin de Sire, disse di aver concepito il Carnevale di Vienna come una «grosse romantische Sonate» (grande sonata romantica), il titolo stesso dell'opera (esplicito richiamo al Carnaval del 1835) ci avverte della sua natura: una serie di straordinarie idee musicali che si susseguono, ora eroiche, ora poetiche (Florestan ed Eusebius!) in una sorta di scintillante caleidoscopio musicale. Siamo chiaramente di fronte a un nuovo modo di concepire la sonata di derivazione classica, che prende le mosse dal «pezzo di carattere» del quale Schumann aveva già dato straordinarie prove.

L'Allegro d'apertura è in forma rondò: un robusto tema principale lega saldamente quattro episodi diversi fra loro per carattere, figurazione, metro e tonalità: il primo episodio, in mi bemolle maggiore, ha il carattere del pezzo notturno; il secondo, in sol minore, presenta un elegante andamento di danza; il terzo, in fa diesis maggiore, è una sfrenata e gioiosa cavalcata ritmica, all'interno della quale non manca la citazione ironica dell'inno francese. Il quarto episodio, il più ampio, riprende il tema del primo ma lo ripropone in modo scherzoso e disinvolto. Una travolgente coda conclude il movimento.

La breve Romanza, bipartita, presenta subito accenti di nostalgia e mestizia, che la seconda parte, con la sua apertura alla tonalità maggiore, cerca di fugare. Lo Scherzino è una pagina ironica e scherzosa, «il bighellonare di uno spirito ozioso durante una festa», come lo definì un commentatore francese.

L'Intermezzo, pubblicato separatamente nel 1839, è una delle pagine più ardenti e appassionate di Schumann, riflesso forse del periodo più intenso del suo amore per Clara. È un canto continuo, teso, a volte quasi disperato condotto dalla mano destra sopra un travolgente e incessante movimento di arpeggi; è interessante osservare l'evoluzione tonale di questo brano, che prende le mosse da mi bemolle minore, approda e si consolida in la bemolle minore, e conclude, quasi inaspettatamente, nella tonalità di partenza.

Il Finale venne aggiunto ai quattro movimenti precedenti soltanto dopo il ritorno di Schumann a Lipsia. È l'unico movimento in forma-sonata: l'Esposizione è ricca di temi, lo Sviluppo è breve e compatto, la Ripresa è seguita da una travolgente coda. Col suo gioioso impeto ritmico, con la sua foga e con l'alternanza fra bruschi arresti e accenti quasi violenti, sembra proprio il giusto epilogo a una sera di carnevale.

Alessandro de Bei

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Giunto alla composizione proprio attraverso il pianoforte, Schumann (insieme a Chopin e Mendelssonhn) fu una figura preminente della letteratura pianistica intorno agli anni centrali dell'Ottocento, prima che rifulgesse la personalità di Liszt. Il compositore aveva iniziato la carriera come ribelle romantico ed era molto legato alle suggestioni e ai simboli del Romanticismo; ciò non significa che rifiutasse le problematiche di natura strutturale legate alla composizione, ma certamente, pur non rinunciando alle architetture classiche (la Sonata, in particolare), Schumann era alla ricerca di forme nuove che potessero contenere l'enorme quantità di idee melodiche, armoniche e ritmiche della sua fervidissima mente. Nuovi modelli compositivi andavano delineandosi irì quegli anni e a Schumann si deve in qualche modo l'ideazione del cosiddetto "ciclo" ovvero l'idea di accostare brani distinti collegandoli con logiche particolari. Oltre a questo, Schumann ha un posto di rilievo nell'arricchimento della tecnica pianistica che, grazie a lui, permette di padroneggiare la tastiera nella sua totalità e con tutte le sfumature. Il Carnevale di Vienna op.26 fu composto nel 1839-40 e si pone al termine di una prima fase di grande interesse per il pianoforte, un periodo che aveva visto la composizione di ben 26 opere. Solo dieci anni più tardi, dopo il repentino e fecondissimo interesse per la musica vocale che lo aveva portato a scrivere centinaia di Lieder, Schumann ritornò a scrivere pagine straordinarie per il pianoforte come le Scene del bosco op.82 o i Pezzi fantastici op.111. La sua musica presenta sempre i connotati di una fantasia inesauribile, resa evidente dal susseguirsi copioso di temi e idee ritmico-melodiche, come se le sue composizioni fossero dotate di un'energia in grado di rigenerarsi continuamente.

Il Carnevale di Vienna fu scritto quasi interamente nella capitale austriaca dove il compositore si era recato nell'inverno del 1838 per sondare la possibilità di un trasferimento in quella città. L'idea non potè realizzarsi e di quella permanenza rimase a Schumann l'ispirazione per i cinque movimenti dell'op. 26 considerati come «Quadri di fantasia», pagine che dal punto di vista formale si inseriscono nel genere del "divertimento". Si tratta di una composizione piuttosto ampia e apparentemente "squilibrata": in realtà ci sono evidenti simmetrie nelle tonalità e nella successione di movimenti che danno unità all'opera vista nel suo complesso. Per quanto riguarda l'architettura generale è facile notare come la successione dei movimenti sia pensata in modo da avere pagine più brevi (i numeri 2,3 e 4) incastonate tra due più estese (numeri 1 e 5) mentre, per quanto riguarda la tonalità, sarà utile analizzare il seguente schema:

  1. Allegro (si bemolle maggiore)
  2. Romanze (sol minore)
  3. Scherzino (si bemolle maggiore)
  4. Intermezzo (mi bemolle minore)
  5. Finale (si bemolle maggiore)

Come sì vede abbiamo una tonalità principale (si bemolle maggiore) attorno a cui ruotano tonalità complementari sempre nella regione dei bemolli, una condizione sonora uniforme che conferisce una forte coesione al Carnevale di Vienna nonostante la varietà delle idee musicali.

Il primo movimento (Allegro) è diviso in vari episodi, una sorta di Rondò in cui trovano spazio una citazione della Marsigliese e un motivo della Sonata op.31 n.3 dì Beethoven. Il secondo movimento (Romanze) smorza la tensione del primo ed introduce al cuore della composizione, lo Scherzino, pagina quanto mai originale per il cromatismo ed il gioco di pura giustapposizione delle singole idee. Il quarto movimento è forse la pagina più celebre dell'intera composizione e venne pubblicata a se stante nel 1839. Basato essenzialmente su una melodia di grande eleganza, questo Intermezzo nasconde numerose insidie di tipo tecnico come l'uso misurato del pedale di risonanza o le veloci note dell'accompagnamento che devono avere sempre lo stesso peso per non oscurare la linea del canto. Nel Finale il virtuosismo diventa invece palese e centinaia di note, ad una velocità spesso proibitiva, richiedono all'esecutore grande lucidità interpretativa e tecnica brillante.

Fabrizio Scipioni

Guida all'ascolto 3 (nota 3)

A nove anni il piccolo Schumann, che già a sei aveva iniziato lo studio della musica, andò con il padre a Karlsbad per ascoltare un concerto di Moscheles: l'impressione che ne ricevette fu tale da fargli decidere che un giorno sarebbe diventato anch'egli un pianista. Ma esitò ancora a lungo tra studi musicali e letterari e soltanto dal 1830, ottenuto dai genitori il permesso d'interrompere gli studi universitari, si dedicò esclusivamente allo studio del pianoforte, finché hel 1832 un errato metodo di studio gli procurò una paralisi alla mano destra e mise fine alle sue aspirazioni di diventare un grande virtuoso.

Tuttavia il pianoforte rimase a lungo il tramite esclusivo tra Schumann e la musica: fino al 1840 compose soltanto musica pianistica, dando vita ad un gruppo nutrito e compatto di capolavori, che costituiscono un tutto unitario e quasi inscindibile, le cui singole parti sono perfettamente comprensibili solo se messe in rapporto alle altre.

Faschingsschwank aus Wien (comunemente tradotto Carnevale di Vienna, ma più esattamente "Scherzo di carnevale a Vienna") venne scritto nel febbraio 1839, alla fine di questo primo periodo dell'attività creativa di Schumann. Il giovane compositore stava trascorrendo alcuni mesi a Vienna, senza incontrare molta fortuna presso il pubblico e gli editori locali: però fu egualmente un soggiorno proficuo, perché, oltre a portare alla scoperta della grande Sinfonia in do maggiore di Schubert, vide la nascita di varie composizioni (per pianoforte, naturalmente). Il contatto dell'atmosfera per lui nuova di quella brillante capitale, in cui la vita scorreva con un ritmo e un sapore ben diversi da quelli gravi e metodici di Lipsia, mise Schumann in uno stato di felice esaltazione: in quello stato d'animo va collocata la nascita del Carnevale di Vienna.

Il titolo del pezzo (così come il sottotitolo Fantasiebilder, "immagini di fantasia") farebbe pensare ad una composizione in forma libera, che insegua le idee capricciose della fantasia, mentre in realtà i suoi movimenti sono quelli d'una Sonata, con l'aggiunta d'un Intermezzo, tanto che in una lettera a Simonin de Sire, cui il pezzo è dedicato, Schumann ne parla come di una «grande Sonata romantica»: in tal caso si tratterebbe in un certo senso di una Sonata ali'incontrario (questo sì che sarebbe un carattere veramente carnevalesco), perché il primo movimento è un rondò e l'ultimo è in forma-sonata, invertendo così l'ordine tradizionale.

Inoltre non c'è nessuna indicazione che guidi l'ascoltatore a riconoscere quelle immagini fantastiche di cui titolo e sottotitolo fanno balenare l'esistenza. Schumann, che annoverava come suoi maestri ideali da una parte grandi architetti della musica come Palestrina, Bach, Mozart e Beethoven e dall'altra scrittori fantastici come Jean Paul e Hoffmann, fu sempre diviso tra l'aspirazione alle forme grandi e solide e la confessione soggettiva delle proprie angosce, dei propri entusiasmi, delle proprie visioni. Forgiare la forma a partire dalla ribollente materia delle proprie fantasie fu un problema con cui Schumann si scontrò continuamente: e il Carnevale di Vienna ne offre un esempio.

Il primo movimento, Allegro (Sehr lebhaft, scrive Schumann, cioè Molto mosso), è un rondò, in cui un motivo ricorrente, tipicamente schumanniano per il suo slancio ed il suo entusiasmo romantici, si alterna ad episodi più lirici e sognanti. Alla fine compare una citazione della Marsigliese, al ritmo danzante di 6/8, che è un'allegra sfida alla censura austriaca (è forse questo lo «scherzo di Carnevale»?).

Il secondo movimento è una tenera e delicata Romanze (Ziemlich langsam, Lento moderato), sotto la cui brevità e semplicità stanno un minuzioso cesello ritmico, un complesso cromatismo e continue modulazioni, che portano a toccare il luminoso do maggiore della sezione centrale.

Lo Scherzino ha il ritmo baldanzoso di tanti Lieder sul tema romantico del Wanderer, del viandante, ma qui non si tratta d'un eterno peregrinare esistenziale quanto d'un'allegra e un po' ironica passeggiata.

L'Intermezzo (Mit größter Energie, Con la massima energia) è un altro momento tipicamente schumanniano, con un canto che si dispiega su un tumultuante scorrere di semicrome e su lente armonie, in una sovrapposizione da cui si genera una complessa polifonia.

Il Finale (Höchst lebhaft, Allegrissimo) ha un primo tema indiavolato, dagli accenti violenti e spiritati, e un secondo tema più lirico, ma anch'esso febbrile e irrequieto: forse il più riuscito movimento in forma-sonata mai scritto da Schumann.

Mauro Mariani

Guida all'ascolto 4 (nota 4)

Con Faschingsswank aus Wien (Carnevale di Vienna), composto nel 1839 e pubblicato due anni più tardi, ci troviamo ormai sul limite del decennio «pianistico» di Schumann. Incombe ormai il 1840, l'«anno dei Lieder»; e Schumann ha già alle spalle il momento più bruciante della sua esperienza di musicista. È l'immediata vigilia del ritorno in grande stile alle forme consacrate, forse nel desiderio di un ritorno all'ordine comunque altamente improbabile. Anche umanamente Schumann, prossimo ai trent'anni appare alla ricerca di un ubi consistam: la più o meno blanda scapigliatura degli anni di Lipsia, presso il maestro Friedrich Wieck, deve ora trasformarsi nell'esistenza di un artista maturo e affermato; non ultimo perché possa giungere a buon fine il lungo fidanzamento con Clara, avversatissimo dal vecchio Wieck. Ecco dunque Schumann fermarsi per un anno circa a Vienna, in cerca di concrete prospettive professionali. Ma quella che era stata la capitale della musica ai tempi di Haydn, di Mozart, di Beethoven, di Schubert, non ha più molto da offrire (solo negli anni Sessanta, con la presenza di Brahms e Bruckner, tornerà a essere uno, ma non più l'unico, dei centri della musica europea). In nulla si risolvono i contatti con editori come Haslinger e Diabelli, nessuna strada utile si apre. In compenso Vienna per Schumann sarà occasione di un'esperienza importante: la scoperta della partitura della Sinfonia in do maggiore di Schubert, fin allora sconosciuta, subito da lui fatta avere a Mendelssohn e recensita con un articolo geniale sulla «Neue Zeitschrift für Musik». Ed è anche il luogo che vede Schumann dettare quelli che resteranno per qualche anno i suoi ultimi contributi alla letteratura per pianoforte.

Fra questi, il Carnevale dì Vienna, pubblicato nel 1841 come op. 26. Un altro Carnaval, dopo il capolavoro fulminante del 1834-35, vera Bibbia del pianoforte romantico, ritratto insuperabile dello Schumann della gioventù? In realtà no; anzi qualcosa di molto diverso. Peraltro, il tema carnevalesco non va sottovalutato: il carnevale, la danza di maschere, potrebbe essere veduto un po' come il simbolo di quasi tutto lo Schumann 1830-40, e in buona misura anche di quello successivo. Il travestimento, lo scambio fra il sé e l'altro da sé, la scomposizione in figure diverse riconducibili, nella loro diversità, a un'unità superiore; e poi il gioco e il serio che si nascondono l'uno dietro l'altro, la capacità di fingersi altri e di assimilare gli altri a noi. Nella letteratura, un filone inesauribile. E nella simbiosi musica-letteratura cara a Schumann giovane, quasi una costante, fra l'esplicito e l'enigmatico. Nel Camaval op. 9 ciò aveva trovato forma in un caleidoscopio mutevolissimo, e come le figure del caleidoscopio del tutto irripetibile: i giochi di parole fra lettere di un nome e nomenclatura delle note, le «maschere» della commedia (Pantalone, Colombina, Pìerrot) e quelle della vita (Chiara, Estrella, ma anche Chopin e Paganini!), spezzoni di vissuto (Valse allemande, Valse noble) ed esaltazioni poetico-polemiche (Marcia dei «Davidsbündler» contro i Filistei); tutto ciò si traduceva in musica sotto la specie di venti pezzi, ora ampi ora ridotti a mere schegge di musica, uno anzi (Sfingi) addirittura da non suonare neanche, diversissimi fra loro eppure indissolubilmente legati dal filo della comunanza tematica, per il loro stesso essere «Scènes mignonnes sur quatre notes», dove ogni scoria del materiale d'origine era però bruciata dalla temperatura altissima della fantasia, in una fucina prodigiosa.

Nel più tardo Carnevale viennese, di tutto ciò non si ha traccia. Spariti i titoli (di per sé un capolavoro), qui si ha quasi la struttura di una Sonata. Con un tempo in più, quell'Intermezzo che divide lo Scherzino dal Finale, rispetto ai quattro dello schema classico. E soprattutto con lo scambio di ruoli, a ben vedere vertiginoso, tra la forma del Rondò, già propria ai finali, specialmente nel caso di opere di minor impegno compositivo, e quella augustissima del primo tempo, la forma-Sonata tout-court, simbolo e ragion d'essere della composizione strumentale di genere nobile: perché Schumann, paradossalmente, dà, sì, a questo Carnevale i tempi soliti a una Sonata per pianoforte (quello in forma-Sonata, quello lento, qui rappresentato dalla Romanza, lo Scherzo, il Rondò); ma scambia di posizione il primo con l'ultimo, facendo finire l'opera con una forma-Sonata, dopo averla cominciata con un Rondò. E non è azzardato supporre che in Schumann ci sia stata proprio l'intenzione di strutturare il Carnevale di Vienna come una specie di Sonata «a testa in giù»: perché la forma-Sonata posta a conclusione dell'opera non segue lo schema semplificato che anche presso i classici vige quando questo schema sia impiegato per un Finale anziché per un primo tempo; ma anzi ha il suo bravo ritornello alla fine dell'esposizione, proprio come se fosse il primo tempo di una Sonata normale.

Quale che sia l'interpretazione da dare all'organizzazione formale del Carnevale di Vienna, è comunque chiaro che esso da un lato si pone sulla linea del recupero «classico» propria della maturità di Schumann; dall'altro registra il permanere di una tensione fantastica che in molte cose lo riconduce a continuità con le esperienze dei nove anni precedenti. Un'ambiguità, questa, che ha un po' pesato, magari inconsciamente, sulla sua fortuna, in fondo inferiore a quella di molte altre opere di Schumann; unitamente all'inevitabile e invece assurdo confronto, che la quasi omonimia finisce sempre per proporre, fra questo e l'altro, e indubbiamente tanto più grande, Camaval. E tuttavia anche nel Carnevale di Vienna quell'equilibrio fra sentimento e ironia che sempre in Schumann si accompagna all'immagine della maschera esercita il suo fascino: a cominciare proprio dal Rondò, che di per sé pare essere una danza di maschere, nell'alternarsi, secondo la vecchia forma a intarsio, del tema principale con gli episodi secondari. Una successione altamente fantasiosa, anzitutto sotto il profilo della variazione ritmica; ma anche sotto quello della caratterizzazione espressiva: e capace, addirittura, di lasciare spazio a una citazione, garbatamente stravolta quasi in modo di Valzer, della Marsigliese. Resta tuttavia dominante la cifra espressiva affermata in apertura dallo scatto del tema principale, con cui contrasta bruscamente la quieta linea della Romanza. In questa, peraltro, l'itinerario armonico subisce vicende imprevedibili (compresa quella di portare la conclusione del pezzo in tutt'altra tonalità da quella dell'inizio), e comunque l'espressività non è meno enigmatica che intensa. Dallo Scherzino all'Intermezzo sembra disegnarsi un progressivo intensificarsi dell'energia, fino alla ribollente partenza del Finale, con le sue ottave scagliate su e giù per la tastiera contro l'agitato disegno di semicrome; e alla chiusa, una volta esaurita l'articolazione della forma-Sonata, con il rapido svolgersi di una coda di vitalità ìrresistibile.

Daniele Spini


(1) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 111 della rivista Amadeus
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia;
Roma, Auditorium Parco della Musica, 7 marzo 2003
(3) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 26 ottobre 1995
(4) Testo tratto dal programma di sala del Concerto del Maggio Musicale Fiorentino,
Firenze, Teatro Comunale, 1 giugno 1983


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Ultimo aggiornamento 18 maggio 2016