Allegro in si minore per pianoforte, op. 8


Musica: Robert Schumann (1810 - 1856)
Organico: pianoforte
Composizione: 1831
Edizione: Friese, Lipsia, 1835
Dedica: Ernestine von Fricken
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Dopo il ritorno a Lipsia per riprendere lo studio del pianoforte di Friedrich Wieck, la vita di Schumann si avviava verso una svolta decisiva. L'idealizzazione dell'ambiente in cui maturarono le esperienze di quel periodo tumultuoso si concretizzò nella Lega dei Fratelli di Davide, dove per la prima volta Schumann dava nomi poetici alle persone, reali o immaginarie, che lo circondavano; Maestro Raro a Wieck, Cilia a Clara, Eusebio e Florestano a se stesso. Con la fondazione della Neue Zeitschrift für Musik, alla fine del 1833, l'attività critica animata dall'impegno a "far tornare in onore la poesia dell'arte", si intrecciò con quella del compositore, alla esaltante scoperta del mondo circostante e di se stesso. Il primo nome nel quale Schumann riconobbe attraverso la sola poesia della musica i connotati del genio fu quello di Chopin; la recensione delle Variazioni op. 2 di Chopin (apparsa per la prima volta nel dicembre del 1831 sulla Allgemeine Musikalische Zeitung di Lipsia, venne simbolicamente premessa alla raccolta degli scritti curata dall'autore come esempio di articolo programmatico che dettava le coordinate non solo dell'epifania del genio, ma anche della verità della sua aspirazione, della forza della sua maestria. Il polacco Chopin reagì all'entusiasmo del suo ammiratore tedesco con un riserbo stupito e ironico. Il 1831 è anche l'anno di composizione dell'Allegro in si minore per pianoforte, che nonostante il numero d'opus (la pubblicazione avverrà soltanto nel 1834) è un'opera prima a tutti gli effetti. Essa si ricollega non soltanto all'interesse per i problemi tecnici e virtuosistici dello strumento pianoforte suscitato dall'esempio di Paganini sul violino, ma anche agli studi teorici di composizione con Heinrich Dorn, a quel tempo direttore musicale a Lipsia, rivolti soprattutto a sviluppare la sensibilità armonica in stretta unione con la condotta contrappuntistica delle parti. Di questi due aspetti l'opera è pervasa nella sua sostanza prima ancora che nella realizzazione, sovrabbondante di slanci e di idee a stento incanalate in una definizione unitaria. L'impressione è che, da un lato, miri a fare piazza pulita di ogni schematizzazione precostituita di tempi e spazi sonori, dall'altro ricerchi un ordine e una disciplina appoggiandosi nei momenti di più pericolosa anarchia alla tenuta costruttiva del fugato. Da queste opposte istanze, che troveranno presto una via di conciliazione nella poetica dei cicli e nella versatilità delle variazioni, la pagina riceve il suo carattere aspro, scabro, primitivo, quasi brutale; ancora lontano da quella "nobile pacatezza sacerdotale" che sarà uno degli ideali di Schumann, ma proprio per questo intensamente vissuto e spontaneamente estremo.

Sergio Sablich

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

L'Allegro op. 8, composto nel 1831, era inteso in origine come primo tempo di una Sonata, una Sonata che non venne mai completata. Per Schumann, come per Mendelssohn, Chopin e Liszt, la Sonata non era più, com'era stata invece per Haydn, Clementi, Mozart, Beethoven e Schubert, il modo ordinario di "comunicare" con un pubblico di dilettanti colti che leggevano privatamente la musica così come leggevano la poesia. La classe dei dilettanti, che in precedenza era stata formata soprattutto da aristocratici, si stava un po'... annacquando con l'immissione di borghesi, e la Sonata aveva del resto raggiunto con Beethoven un livello di complessità formale e di profondità di contenuti che ne scoraggiavano la fruizione privata. È significativo il fatto che Schubert, dopo aver pubblicato le Sonate op. 42 e op. 53, dovesse accettare che l'editore intitolasse Sonata-Fantasia l'op. 78 e che non trovasse modo di pubblicare le sue tre ultime, grandiose Sonate. Ignaz Moscheles, le cui sensibilissime antenne sapevano captare l'evoluzione della società, fin dagli anni venti cominciava ad eseguire in pubblico qualche Sonata di Beethoven, Liszt eseguiva nel 1837 la Sonata op. 106, la tremenda Hammerklavier, e i concertisti assumevano il ruolo degli intermediari, per così dire dei demiurghi tra il compositore e il fruitore. I giovani compositori della generazione 1810 sapevano sia di non poter più contare su un pubblico di dilettanti che accettasse tranquillamente una Sonata dietro l'altra che di dover sostenere il paragone con le trionfanti Sonate di Beethoven. I tentativi di Schumann nel genere della Sonata per pianoforte solo furono molteplici e lo tennero occupato per un lungo tempo: dai ventuno ai ventotto anni egli ultimò però tre Sonate soltanto, mentre dai ventiquattro ai ventotto Beethoven ne aveva ultimate nove. E a tre Schumann si fermò, mentre Beethoven arrivò a comporne trentadue, di Sonate.

L'Allegro op. 8, unico superstite di un progetto ambizioso, venne pubblicato da solo nel 1835 con dedica ad Ernestine von Fricken, a quel tempo fidanzata di Schumann. Che il progetto fosse ambizioso lo si capisce e dall'impianto architettonico del pezzo e dal fatto che il pezzo stesso si apra con una massiccia e ardita cadenza contenente un imperioso "motto" di tre suoni che appare due volte. Nel Carnaval op. 9 troviamo le Sfingi, tre gruppi di suoni che, letti secondo la denominazione tedesca delle note, danno la chiave del rapporto fra ASCH, nome di una citttadina boema in cui era nata Ernestine von Fricken, e le cellule tematiche della composizione. Il motto dell'Allegro op. 8, "tradotto" in lettere, dà HCF nella prima formulazione e CDF nella seconda. Se si tratta di criptografia bisogna ammettere che nessuno è mai riuscito a svelarne il significato. Ma probabilmente la criptografia non c'entra affatto: si tratta invece di una cellula motivica che ritorna più volte nel corso del pezzo e ne diventa il sostrato, sebbene non sia sempre facilmente percepibile. Oltre a questa si trovano nella cadenza iniziale altre due cellule motiviche che vengono sfruttate nella composizione. Il paradosso dell'Allegro op. 8, geniale lavoro dello Schumann ventunenne, è dunque che il carattere del pezzo è in apparenza improvvisatorio ma che la costruzione è invece basata su un minuzioso incastro di pochi elementi. Schumann, che non aveva fatto studi regolari né di pianoforte né di composizione, aveva avuto lezioni di pianoforte da Friedrich Wieck e di composizione da Heinrich Dorn. Il Dorn, musicista di solidissima formazione, trovandosi ad insegnare il contrappunto ad un giovanotto di vent'anni che cominciava gli studi quando i suoi coetanei già li avevano ultimati da un pezzo (Chopin si era diplomato in composizione a diciassette anni), non fece percorrere a Schumann la solita trafila del sacramentale Gradus ad Parnassum di Fux ma lo guidò nell'analisi delle composizioni di Beethoven. E l'Allegro op. 8, scritto durante il breve periodo degli studi con Dorn, è per l'appunto il riflesso di queste analisi: Schumann imparò da subito a lavorare secondo la raffinata tecnica motivica degli ultimi Quartetti di Beethoven.

Questo è l'ordito della composizione. La forma dell'Allegro è in sostanza quella del primo tempo di Sonata. Dopo la cadenza iniziale si presentano il primo tema in sì minore e, praticamente senza tema di transizione, il secondo tema in re maggiore e il tema di conclusione dell'esposizione, caratterizzato, quest'ultimo, da un ritmo tipico che richiama, sia pure con diversissimo carattere, l'inizio della Quinta Sinfonia di Beethoven. Il tema di conclusione è il protagonista dello sviluppo, non molto ampio. La riesposizione è variata, con il secondo tema in sol maggiore invece che, come sarebbe stato di norma, in si maggiore. Il si maggiore, caldo e luminoso, viene riservato alla coda, piuttosto ampia. La scrittura pianistica presenta alcuni caratteri riferibili alla koinè dell'epoca ma anche, nel secondo tema e nel tema di conclusione, vari tratti che saranno proprì dello Schumann maturo.

Piero Rattalino


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto del Ravenna Festival 1996
Ravenna, 10 giugno 1996
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia;
Roma, Auditorium Parco della Musica, 14 marzo 2007


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Ultimo aggiornamento 9 novembre 2012