Sonata in re maggiore, K 96


Musica: Domenico Scarlatti (1685 - 1757)
Organico: clavicembalo
Edizione: Boivin-Le Clerc, Parigi, 1742 - 1746
Guida all'ascolto (nota 1)

Nel periodo immediatamente successivo agli Essercizi, le Sonate di Scarlatti si arricchiscono di una componente tecnico-virtuosistica in funzione apertamente esibizionistica: velocità delle figurazioni, uso di trilli doppi e tripli, e soprattutto incrocio delle mani sono tra i momenti di maggior effetto. Ne è un tipico esempio la Sonata in re maggiore K. 96 con il suo continuo snocciolarsi di note su cui si innestano fulminee quanto leggere le volées manuali. Arguto è poi, nell'avvio della seconda parte, un gioco contrappuntistico sul filo di dissonanze il cui spettro ha appena il tempo di essere evocato che già si è dissolto.

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

La Sonata K. 96 è un lavoro di grande virtuosismo strumentale, e raccoglie in un unico brano una buona parte di quei «mille diavoli» di cui abbiamo parlato a proposito delle sonate precedenti: le note ribattute, la terza mano, i passaggi di ottave doppie. Ma c'è anche dell'altro: un inizio che imita il suono dei corni; un passaggio, subito dopo, con un lunghissimo trillo che «cresce» sulle note di un accordo che vengono progressivamente ad aggiungersi l'una all'altra; un efficace alternarsi fra tempo in tre e tempo in due nella cadenza conclusiva di entrambe le sezioni (un alternarsi che, con termine tecnico, viene detto emiolia). Si tratta di un brano di notevole efficacia e grandiosità, che fu senz'altro concepito per uno strumento (un cembalo) di ragguardevole potenza sonora.

Franco Sgrignoli


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 17 novembre 2015
(2) Testo Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 72 della rivista Amadeus


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Ultimo aggiornamento 16 aprile 2017