Nel periodo immediatamente successivo agli Essercizi, le Sonate di Scarlatti si arricchiscono di una componente tecnico-virtuosistica in funzione apertamente esibizionistica: velocità delle figurazioni, uso di trilli doppi e tripli, e soprattutto incrocio delle mani sono tra i momenti di maggior effetto. Ne è un tipico esempio la Sonata in re maggiore K. 96 con il suo continuo snocciolarsi di note su cui si innestano fulminee quanto leggere le volées manuali. Arguto è poi, nell'avvio della seconda parte, un gioco contrappuntistico sul filo di dissonanze il cui spettro ha appena il tempo di essere evocato che già si è dissolto.
La Sonata K. 96 è un lavoro di grande virtuosismo strumentale, e raccoglie in un unico brano una buona parte di quei «mille diavoli» di cui abbiamo parlato a proposito delle sonate precedenti: le note ribattute, la terza mano, i passaggi di ottave doppie. Ma c'è anche dell'altro: un inizio che imita il suono dei corni; un passaggio, subito dopo, con un lunghissimo trillo che «cresce» sulle note di un accordo che vengono progressivamente ad aggiungersi l'una all'altra; un efficace alternarsi fra tempo in tre e tempo in due nella cadenza conclusiva di entrambe le sezioni (un alternarsi che, con termine tecnico, viene detto emiolia). Si tratta di un brano di notevole efficacia e grandiosità, che fu senz'altro concepito per uno strumento (un cembalo) di ragguardevole potenza sonora.
Franco Sgrignoli