Sonata in sol maggiore, K 55


Musica: Domenico Scarlatti (1685 - 1757)
Organico: clavicembalo
Edizione: Boivin-Le Clerc, Parigi, 1742 - 1746
Guida all'ascolto (nota 1)

In uno dei suoi famosi colloqui con Robert Craft, Stravinskij espresse una volta con arguta ironia la sua scarsissima stima nei confronti della musica italiana del Settecento, arrivando addirittura a definire Vivaldi «un tipo tedioso che componeva la stessa forma un'infinità di volte». L'unico che riusciva a salvarsi almeno in parte dalle staffilate stravinskiane era proprio Scarlatti: «Scarlatti è una faccenda diversa». Ma, aggiungeva subito Stravinskij, «anche lui variò così poco la forma...». E persino Schumann, di solito critico attento e perspicace dei fenomeni musicali sia del suo tempo che del passato, aveva scritto che Scarlatti, in confronto con i maggiori compositori tedeschi, era «come un nano capitato in mezzo ai giganti».

Mitizzato alla sua epoca come uno dei più grandi strumentisti d'Europa, fatto oggetto di una vera e propria «caccia al manoscritto» negli anni immediatamente successivi alla sua morte, il buon Domenico venne in effetti ben presto confinato in quel limbo di «compositori minori» in cui tutto tende a confondersi: il destino che sembrava attenderlo era quello di essere ricordato semplicemente come uno dei «precursori» della forma-sonata, o come uno dei molti che avevano cercato di emancipare la scrittura per strumento a tastiera dalla vecchia tradizione del basso continuo.

Se oggi le cose non stanno così, e se il nome di Scarlatti ha saputo reggere a testa alta il confronto con quelli di Bach e di Händel in occasione delle celebrazioni dell'anno europeo della musica del 1985, lo si deve al lavoro e all'impegno di molte persone: gli studiosi, come Longo, come Kirkpatrick, e molti altri dopo di loro, che hanno analizzato, catalogato e pubblicato il corpus delle composizioni scarlattiane: ma anche, e forse soprattutto, i musicisti, come Horowitz, che hanno inserito le musiche di Scarlatti nel loro repertorio, le hanno incise e suonate in concerto accanto a Liszt e Chopin, presentandole con eguale dignità e dedicando loro altrettanta «attenzione interpretativa».

La numerazione di Kirkpatrick, come si diceva, cerca di rispecchiare un ordinamento cronologico, peraltro del tutto ipotetico vista la mancanza di fonti certe su cui basare una datazione. Non sorprende, comunque, il fatto che il musicologo abbia assegnato un numero relativamente basso a questa Sonata, K. 55: dal punto di vista stilistico essa appare infatti più convenzionale, e sembra percorrere strade tutto sommato abbastanza consolidate. Si tratta di un brano di tipo virtuosistico, basato sulla veloce riproduzione di formule tastieristiche di routine, quali frammenti di scale, accordi spezzati e via dicendo. Da notare il rapido alternarsi delle due mani (caratteristica tipica dello stile scarlattiano), e il passaggio che precede la conclusione sia della prima che della seconda sezione, dove il basso percorre ben due ottave nell'arco di tre note, e va a bloccarsi su una nota molto grave della tastiera, con un effetto sonoro piuttosto curioso.

Franco Sgrignoli


(1) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 72 della rivista Amadeus


I testi riportati in questa pagina sono tratti, prevalentemente, da programmi di sala di concerti e sono di proprietà delle Istituzioni o degli Editori riportati in calce alle note.
Ogni successiva diffusione può essere fatta solo previa autorizzazione da richiedere direttamente agli aventi diritto.


Ultimo aggiornamento 6 aprile 2017