Il corpus sonatistico di Domenico Scarlatti - che ammonta a cinquecentocinquantacinque composizioni - è un vero e proprio monumento all'arte cembalistica, con pochissimi confronti fra l'opera dei contemporanei, per la varietà dell'invenzione musicale, ma anche per le soluzioni quasi esaustive nell'esplorazione delle peculiarità dello strumento. Scarlatti condusse la sua opera in una situazione di isolamento culturale - quale era quella della corte portoghese, presso la quale prestò servizio approssimativamente dagli anni 1720 alla morte - e controcorrente rispetto alla moda imperante che voleva scarsamente impegnativa concettualmente la musica cembalistica. Fu fra il 1752 e il 1757 che la maggior parte delle sonate scarlattiane vennero copiate nella trentina di codici che le hanno tramandate ai posteri. E' improponibile ricostruire un preciso ordine cronologico di composizione. Tuttavia è possibile affermare che la Sonata in fa minore K. 481 appartiene all'ultima fase creativa del maestro, caratterizzata dalla tendenza verso l'essenzialità della scrittura e la concentrazione del contenuto. Spesso prescelta dai pianisti per l'esecuzione sullo strumento a martello, K. 481 non si distanzia dal prevalente modello compositivo della sonata scarlattiana, bipartito e monotematico. Si tratta di un Andante cantabile che espone una nuda e studiatissima linea melodica, sobriamente accompagnata da accordi insistiti.
Arrigo Quattrocchi