Nel 1906, Les grands venís venus d'outremer, su un testo vagamente simbolista di Henri de Régnier, segnano un certo sbandamento verso una ' espressività ' - se non un certo espressionismo linguistico - piuttosto rara in Ravel, e riportabile a talune enfasi debussiane, quali i Poèmes de Baudelaire: piuttosto equivoco, stilisticamente, sulla evoluta e inafferrabile armonia, l'afferrabilissimo cantare all'ottava, come in Grieg o Puccini.
Mario Bortolotto
LES
GRANDS VENTS VENUS D'OUTREMER... Les grands vents venus d'outremer Passent par la ville, l'hiver, Comme des étrangers amers. Ils se concertent, graves et pâles, sur les places, et leurs sandales, Ensablent le marbre des dalles. Comme des crosses à leurs mains fortes, Ils heurtent l'auvent et la porte, Derrière qui l'horloge est morte. Et les adolescents amers S'en vont avec eux vers la mer. |
I
FORTI VENTI VENUTI D'OLTREMARE... I forti venti venuti d'oltremare passano per la città, d'inverno, come stranieri amari. Si concertano, gravi e pàllidi, sulle piazze, e i loro sandali insabbiano il marmo dei lastricati. Come calci di fucili nelle forti mani urtano il tettuccio e la porta dietro cui l'orologio è morto. E gli adolescenti amari se ne vanno con loro verso il mare. |