Ravel aveva molto accentuato il gusto del virtuosismo e della tecnica trascendentale per gli strumenti solisti, specie il pianoforte e il violino, così da mettere a dura prova la preparazione e la bravura degli esecutori. Non è azzardato, secondo Alberto Mantelli, pensare ad una relazione fra questo modo virtuosistico di concepire il solismo strumentale e l'amore, che rasentava la mania, di Ravel per i più complicati giocattoli meccanici. Infatti tutte le più diaboliche acrobazie del violino di Paganini sembrano rinascere nella rapsodia da concerto Tzigane, proprio come se il musicista si fosse proposto di costruire il più ingegnoso e complicato oggetto musicale. Lo stesso Ravel nella sua "Esquisse biographique" definisce questo lavoro «morceau de virtuosité dans le goût d'une rapsodie hongroise», scritto per imitare le "violinisterie" di un Sarasate e di un Wieniawski. La violinista Jourdan-Morhange racconta nel suo libro su Ravel a proposito di Tzigane: «Mentre stava componendo questo brano di tecnica trascendentale, Ravel mi mandò un telegramma con la preghiera di precipitarmi a Montfort, portando con me il violino e i "Ventiquattro capricci" di Paganini. Li voleva riascoltare tutti per non dimenticare nessuna diavoleria. Mi faceva ripetere i passaggi più ardui, suggerendomi di provare certi effetti con l'introduzione di piccoli miglioramenti demoniaci. In questo modo riuscì ad avere la palma nel combattimento Ravel-Paganini».
Composta per la violinista ungherese Jelly d'Aranyi (nipote di Joachim), che la interpretò per la prima volta a Londra nel 1924, Tzigane fu scritta originariamente per violino, accompagnato da una specie di piano-luthéal che, associando alla normale percussione delle corde l'esecuzione di suoni pizzicati, aggiunge al pianoforte l'illusione del clavicembalo e del cymbalum, quest'ultimo uno strumento usato dagli zingari. In un secondo tempo la partitura fu strumentata per orchestra: ma sia il pianoforte che l'orchestra non fanno altro che da sostegno alla tessitura virtuosistica del violino, ricalcata sui modi delle più estrose improvvisazioni dei tzigani magiari, come una luminosa girandola di variazioni costruite liberamente e senza sviluppo.
Dopo un lungo preambolo del solo violino, una brillante cadenza del pianoforte apre la serie dei trascinanti movimenti di danza. Il violino torna quindi in primo piano ed espone ora un tema lento e solenne ora una frase più vivace e scoppiettante di brio. Questo recitativo si interrompe per dar modo allo strumento solista, in un cantabile rubato, di esprimersi in una serie di febbrili arabeschi di stile zingaresco - mordenti, gruppetti di piccole note, pizzicati e trilli - che raggiungono nella stretta finale gli scoppiettanti fuochi d'artificio di un moto perpetuo di irresistibile e travolgente musicalità.
Richiamarsi a un universo popolare, in particolare "zigano", è stata una scelta frequente fra i compositori del tardo Ottocento. Non che prima mancassero riferimenti di questo tipo, ma il tardo romanticismo li ha utilizzati, oltre che come spunti d'ispirazione per l'arricchimento formale ed espressivo, anche per rafforzare il carattere di un linguaggio che andava lentamente disfacendosi. Con Ravel siamo oltre: la caratterizzazione passionale e libera del zingaresco si mischia al grottesco e al visionario che attraversa il gusto, soprattutto pittorico, del primo Novecento. Composta nel 1922 in omaggio alla violinista ungherese Jelly d'Aranyi, la Tzigane venne definita da Ravel come "un pezzo virtuosistico nel gusto di una rapsodia ungherese". Si tratta di un brano bipartito caratterizzato da una serie di libere variazioni che intendono evocare lo stile improvvisativo dei violinisti tzigani ungheresi. La prima sezione, Lento quasi cadenza, fa esporre al violino il tema caratteristico seguito da un motivo puntato che prepara l'entrata del pianoforte. Il Meno vivo - grandioso, conduce a un progressivo accelerando con cui iniziano le cadenze virtuosistiche del violino che avviano il pezzo alla conclusione. Ma oltre alla crescente esibizione di bravura, Ravel riesce a creare un'atmosfera in cui la rievocazione del passato gusto per il virtuosismo viene in parte presa sul serio in parte trasfigurata con ironia sottile. Il compositore sostenne di volersi ispirare, nella Tzigane, allo stile dei violinisti del tardo Ottocento e alla loro capacità di trattare il materiale folkoristico con eleganza e raffinatezza timbrica. Nella tessitura del brano sono comunque presenti, a volte anche in forma di citazione, le Rapsodie ungheresi per pianoforte di Liszt, di cui Ravel si fece spedire copia dal suo editore.
La tzigane nasce originariamente come pezzo per violino e piano luthéal, strumento, nato dalla modificazione di un normale pianoforte, il cui timbro poteva evocare il suono del cimbalon ungherese; tuttavia, la parte si può allo stesso modo eseguire con un normale pianoforte. Nel 1924 Ravel trascriverà l'accompagnamento pianistico per orchestra dando alla Tzigane una nuova versione.
Simone Ciolfi