Six Moments musicaux, op. 16


Musica: Sergej Rachmaninov (1873 - 1943)
  1. Andantino (si bemolle minore)
  2. Allegretto (mi bemolle minore)
  3. Andante cantabile (si minore)
  4. Presto (mi minore)
  5. Adagio sostenuto (re bemolle maggiore)
  6. Maestoso (do maggiore)
Organico: pianoforte
Composizione: ottobre - dicembre 1896
Edizione: Jurgenson, 1896
Dedica: A. Zataevic

Il n. 2 è stato revisionato nel 1940 (Edizione: Charles Foley, 1940)
Guida all'ascolto (nota 1)

Il disagio dell'esistenza, lo sprofondare in un rimpianto nichilistico senza vie d'uscita, sono i dati di fondo della personalità creativa di Sergej Rachmaninov, ultimo esponente di una tradizione romantica "negativa" che nella Russia del tardo Ottocento conosce una fase particolarmente acuta. L'infelicità, del resto, è sovrana produttrice di canto e, da Schubert in poi, sembra essere una musa irrinunciabile per creare melodie che siano indelebili. Rachmaninov raccoglie questa eredità attraverso Chopin, e soprattutto Cajkovskij, noncurante di apparire "inattuale" di fronte alle nuove strade percorse dalla musica del Novecento e anzi accentuando provocatoriamente questa sua visione retrospettiva.

In Cajkovskij, di cui aveva trascritto per pianoforte il Manfred e La Bella addormentata negli anni di studio al Conservatorio di Mosca, egli trova il principale punto di riferimento durante i difficili anni delle prime composizioni, colui che era in grado di trasmettergli la profondità dell'anima russa e la sentimentalità decadenti della sua aristocrazia. Non meno importanti sono per Rachmaninov i ricordi d'infanzia, le lunghe estati nella tenuta paterna di Oneg, i canti popolari e quelli liturgici il suono delle campane della cattedrale di Santa Sofia a Novgorod. Nel 1892 Rachmaninov compone i Morceaux de Fantaisie op. 3, suo primo importante lavoro per pianoforte solo, frutto di un attento studio della armonia wagneriana e del canto verista. Ma è nel 1896, con i Six Moments Musicaux op. 16, che la sua personalità ha modo di esprimersi compiutamente per la prima volta. Emergono infatti in piena luce le caratteristiche più peculiari della sua scrittura, come la densità fonica e l'ispessimento armonico, la linea melodica condotta con estrema tensione e spesso non risolta, il vero e proprio turgore emotivo pienamente tardoromantico e decadente. Accanto a ciò la desolazione ascetica e cupa del Momento musicale n. 3 sembra gettare un ponte fra il lamento dell'ultima Sinfonia di Cajkovskij - o, per rimanere in campo pianistico, dell'Intermezzo op. 118 n. 6 di Brahms - e le tetre visioni dell'Espressionismo.

Nel primo brano della raccolta Rachmaninov espone una melodia non particolarmente originale che però riesce a valorizzare con elaborati accompagnamenti e varianti in modo da renderla comunque interessante. Il punto culminante, la cadenza, la breve coda, tutto è pensato per presentare il materiale di partenza nella maniera più efficace.

Un doveroso omaggio a Chopin (Momento musicale n. 2) precede il Cantabile in si minore che, come si è detto, è uno dei vertici dell'arte di Rachmaninov.

Ancora reminiscenze chopiniane sono presenti nel quarto brano, di enormi difficoltà esecutive, che è una sorta di Studio fortemente drammatico in cui la melodia potentemente sbalzata della mano destra è sostenuta da un febbrile e mobilissimo accompagnamento della sinistra. Una parentesi estatica, sognante, si apre con il n. 5, Adagio sostenuto in re bemolle maggiore, concepito come un Notturno dalle movenze melodiche sinuose e armonicamente statico.

Conclude la raccolta un Maestoso in do maggiore che è un esempio illuminante di quella densità di scrittura tipica del compositore: alla melodia in accordi a valori lunghi si sovrappone un tormentato motivo cromatico in ottavi e un incessante moto perpetuo di velocissime quartine che creano un potente effetto sinfonico.

Giulio d'Amore


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 15 novembre 1996


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Ultimo aggiornamento 25 maggio 2012