Danze Sinfoniche, op. 45a

Versione per due pianoforti

Musica: Sergej Rachmaninov (1873 - 1943)
  1. Non allegro
  2. Andante con moto (tempo di Valse)
  3. Lento assai - Allegro vivace - Lento assai - Allegro vivace
Organico: 2 pianoforti (o pianoforte a quattro mani)
Composizione: 1940

Vedi al n. 45 la versione per orchestra
Guida all'ascolto (nota 1)

Pianista brillante, direttore d'orchestra, compositore, Rachmaninoff non spese mai troppe energie mentali per illustrare la propria musica. In un'intervista del 1941 dichiarò semplicemente: "Nelle mie composizioni non ho fatto nessuno sforzo consapevole per essere originale, romantico, nazionalista o altro. Scrivo sulla carta la musica che sento dentro di me, il più naturalmente possibile... Ciò che cerco di fare, quando stendo la mia musica, è dire semplicemente e direttamente ciò che ho nel cuore quando compongo".

Nato in una famiglia aristocratica, Rachmaninoff aveva cominciato i propri studi musicali al Conservatorio di San Pietroburgo nel 1882. Dopo il divorzio dei suoi genitori, si trasferì al Conservatorio di Mosca per continuare le lezioni, che lo portarono a diplomarsi con il massimo dei voti e la Medaglia d'Oro, un'onorificienza raramente conferita. Intorno al 1887 cominciò ad interessarsi alla composizione e in quello stesso anno presentò in pubblico la sua Prima Sinfonia, che si rivelò un terribile fiasco (forse anche a causa della direzione pessima di Glazunov, che era sul podio). Il pubblico fischiò, la critica calcò la mano (Cézar Cui scrisse che il lavoro avrebbe potuto ricevere il primo premio in un "Conservatorio dell'inferno") e Rachmaninoff la prese male, sprofondò nella depressione e per tre anni non scrisse più una nota, continuando però a suonare e cominciando a dirigere alcune opere. Nel 1901 si riprese, grazie ad una ipnoterapia, e fece uscire dal cappello il meraviglioso Secondo Concerto per pianoforte e orchestra.

La prima guerra mondiale e la rivoluzione russa spinsero Rachmaninoff e la sua famiglia a fuggire: trovarono rifugio negli Stati Uniti, dove Sergej riprese immediatamente a suonare. Firmò uno dei primi contratti discografici in assoluto (nella stagione 1919-1920, con la Victor Talking Machine Company) e fu in tournée a lungo per tutto il Nord America e poi in Europa, componendo nelle pause tra una stagione concertistica e l'altra.

Fu dunque nella primavera del 1940 che cominciò a lavorare alle Danze sinfoniche che sarebbero diventate la sua ultima opera per orchestra. In agosto scrisse ad Eugéne Ormandy: "La settimana scorsa ho finito un nuovo pezzo sinfonico, che desidero naturalmente offrire in prima esecuzione a lei e alla sua orchestra (la Philadelphia Orchestra, n.d.r.). Si intitola Danze fantastiche. Comincio ora a stendere l'orchestrazione". Il 29 ottobre l'orchestrazione era terminata e il titolo dell'opera era diventato Danze sinfoniche. Rachmaninoff realizzò anche una versione per due pianoforti, che fu eseguita per la prima volta in pubblico a casa sua, a Long Island, dal compositore stesso e da Vladimir Horowitz.

La relazione tra Rachmaninoff e la Philadelphia Orchestra risaliva al 1909 e al suo debutto americano come direttore. Era l'orchestra con la quale aveva inciso i tre Concerti per pianoforte e la Rapsodia su un tema di Paganini (il Quarto Concerto per pianoforte sarebbe seguito nel dicembre 1941) e la sola che avesse diretto per una registrazione. Era dunque naturale offrire il suo nuovo parto a questa compagine e al suo direttore musicale, benché, componendo le Danze, Rachmaninoff avesse in mente anche un progetto coreutico vero e proprio: gli sarebbe piaciuto lavorare ancora con il grande Michel Fokine, il coreografo principale dei Ballets Russes, che aveva portato al successo in Europa la Rapsodia Paganini. Fokine ascoltò infatti le Danze sinfoniche prima di Ormandy ma la sua morte, nell'agosto del 1942, mise fine drasticamente al sogno di un nuovo balletto.

Forse anche per la possibile proiezione sul palcoscenico le Danze nacquero su un programma extramusicale, che Rachmaninoff si rifiutò di chiarire al di là dei sottotitoli apposti ai movimenti (inizialmente "Mattino", "Mezzogiorno" e "Crepuscolo"; poi i più scuri "Mezzogiorno", "Crepuscolo" e "Mezzanotte"); certo si apprezza una verve ritmica e narrativa che va al di là del consueto piacere armonico e della ricchezza melodica tipiche della sua musica.

Lo si ascolta nel movimento di apertura, Non allegro, che dietro l'angolosità della figura ritmica iniziale e dribblato il tormento che sembra insistere sul primo tema, emergono riferimenti cifrati all'opera Il gallo d'oro di Rimskij-Korsakov e a quella Prima Sinfonia che aveva funestato gli esordi compositivi del Maestro.

Anche il secondo movimento, Andante con moto, sembra raccontare una storia, e qui, inseriti nel ritmo di un valzer, si tratta di sogni oscuri, di allucinazioni, di stordimenti forse memori della Valse triste di Sibelius o de La valse di Ravel.

Il Finale, poi, è una delle creazioni più fantasiose e immaginifiche dell'intera produzione di Rachmaninoff, con i continui cambiamenti metrici, le armonie profumate fino all'intontimento, le sincopi improvvise e sghembe. Il tutto porta a quel Dies irae che il Maestro amava e che aveva già utilizzato nella Prima Sinfonia, nell'Isola dei morti, nella Rapsodia su un tema di Paganini, ribadendo la citazione dell'antica sequenza medievale quasi come un motto che segna la sua produzione. Qui, proprio nel momento in cui la musica sembra debba essere travolta ed inghiottita dalle tenebre, si fa però strada un'altra citazione, quella di una vecchia melopea russa ("Sia benedetto il Signore"); sopra la quale, sulla partitura, Rachmaninoff annotò la parola "Alleluja", giusto una trentina di battute prima della conclusione definitiva del lavoro.

Nicola Campogrande


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia;
Roma, Auditorium Parco della Musica, 22 agosto 2008


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Ultimo aggiornamento 8 febbraio 2013