Il cavaliere avaro (Skupoi Ritsar), op. 24
Opera in tre scene
Musica: Sergej Rachmaninov (1873 - 1943)
Libretto: da Alexander Puskin
Ruoli:
- il barone (baritono)
- Alberto, suo figlio (tenore)
- il duca (baritono)
- l'usuraio (tenore)
- un servo (basso)
Organico: 3 flauti (3 anche ottavino), 2 oboi, corno inglese, 2 clarinetti,
clarinetto basso, 2 fagotti, 4 corni, 3 trombe, 3 tromboni, basso tuba,
timpani, piatti, grancassa, triangolo, tam-tam, arpa, archi
Composizione: agosto 1903 - giugno 1905
Prima esecuzione: Mosca, Teatro Bol'soj, 24 gennaio 1906
Edizione: Gutheil, 1905
Il cavaliere avaro, come Il convitato di pietra di
Dargomyžškij, Mozart e Salieri di Rimskij-Korsakov e Il
festino durante la peste di Kjui, è tratto dalle
'piccole tragedie' di Aleksandr Puškin.
L'opera venne composta quasi contemporaneamente alla
Francesca da Rimini e alla prima rappresentazione il compositore
stesso, direttore stabile del Bol'šoj nel periodo
1904-06, fu sul podio per entrambe le opere.
Caratteristica dell'opera è quella di
prevedere,
oltre all'assenza del coro, solo voci maschili per i cinque
personaggi. Il suo maggiore pregio è nella grande
capacità di caratterizzazione psicologica delle figure del
barone e dell'usuraio. Di grande effetto la seconda scena: il
lungo soliloquio del barone, nei sotterranei del suo castello e in
mezzo ai suoi tesori, dove l'orchestra attinge
un'efficace descrizione dello stato d'animo
dell'uomo. Il ruolo del barone venne appositamente scritto
per Fëdor Šaljapin, che non ne fu il primo
interprete, ma nel 1907, a Pietroburgo, cantò in un concerto
la seconda scena dell'opera.
Susanna Franchi
Sinossi
Luogo
dell'azione: Inghilterra medievale
Scena 1:
Alberto è un giovane cavaliere che si dedica alle giostre ed
ai piaceri cortesi, ma è ormai pieno di debiti. Suo padre,
un barone molto ricco ma altrettanto frugale, si rifiuta di sostenere
lo stile di vita di suo figlio. Alberto ha bisogno di denaro per
sostenere la sua vita di società e cerca di
ottenere un prestito al di fuori della sua famiglia. Un usuraio nega un
prestito ad Alberto ed invece gli offre un veleno per consentirgli di
uccidere suo padre ed ottenere l'eredità. Alberto
è sgomento per il suggerimento e decide di andare a chiedere
aiuto al Duca.
Scena 2:
Il barone scende nella cantina, esultante ora perché ha
accumulato oro a sufficienza per riempire il suo sesto ed ultimo
forziere. Pieno di gioia avida e di terrore, accende candele davanti al
forziere e prende a gioire per ciò che contiene. In un
monologo potente, che oscilla tra l'estasi alla vista di tutto
quest'oro scintillante e la disperazione perchè
potrebbe presto morire lasciando suo figlio a sperperare la sua fortuna.
Scena 3:
Alberto ha lanciato un appello al duca per aiutarlo ad ottenere i soldi
da suo padre. Il Duca convoca il barone mentre Alberto si nasconde in
una stanza vicina. Il Duca chiede il barone di aiutare il figlio, ma il
barone accusa Alberto di volerlo derubare. Alberto esce con rabbia dal
suo nascondiglio, e accusa suo padre di menzogna. Il barone sfida il
figlio ad un duello, ed Alberto accetta. Il duca rimprovera il padre, e
bandisce il figlio dalla sua corte. Tuttavia, scosso da questo
confronto, il barone crolla fatalmente. Mentre il barone muore, la sua
ultima richiesta non è per il figlio, ma di avere le chiavi
dei suoi forzieri d'oro.
(1)
"Dizionario dell'Opera 2008", a cura di Piero Gelli, edito da Baldini Castoldi
Dalai editore, Firenze
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Ultimo aggiornamento 20 gennaio 2012