Sonata per pianoforte n. 2 in re minore, op. 14


Musica: Sergej Prokofiev (1891 - 1953)
  1. Allegro ma non troppo
  2. Scherzo: Allegro marcato
  3. Andante
  4. Vivace
Organico: pianoforte
Composizione: 1912
Prima esecuzione: Mosca, 5 febbraio 1914
Edizione: Jurgenson, Mosca, 1913
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Dall'Autobiografia di Prokofief si apprende la genesi per accrescimento della giovanile II Sonata per pianoforte: inizialmente una Sonatina, poi un Allegro di sonata «che crebbe a sua volta come la Sonata in 4 movimenti Op. 14», portata a termine nell'agosto 1912; dallo storico più minuzioso del compositore russo, il Nestyev, l'origine dello Scherzo, già autonomo costituendo uno dei pezzi composti per la classe di composizione di Ljadov da Prokofiev studente, nonché l'aggiunta di due tempi nuovi; il terzo e il quarto. Ma questo modo di procedere comune ad altre composizioni di quegli anni e protratto anche oltre, non diminuisce né l'interesse, né l'organicità di questo lavoro. Al quale può benissimo trasferirsi il giudizio che Gorkij dette di Majakovskij: «Talvolta egli parla due lingue, una puramente lirica, l'altra pungentemente satirica», giacché la lirica in specie trovò nella Sonata n. 2 una delle prime occasioni per smentire i limiti attribuiti dalla critica al suo autore.

Il principio del contrasto che governa i rapporti tra i quattro tempi agisce già allo scoperto nel primo: Allegro ma non troppo. Ritmo e tipo di suono differenziano all'interno il corso della prima idea, aperta e conclusa da un motivo binario semilegato su arpeggi di terzine, che spezza la sostanza percussiva del periodo centrale. Un ponte Più mosso dalla scandita andatura in 2/4 sfocia nel 3/4 della seconda idea, quieta e dolcemente lirica quanto è turbolento e asprigno ciò che la precede. Lo sviluppo indugia in essa, ne ripete più leggermente la cadenza, ma poi si diverte a contraddirla nel serrato contrappunto successivo, dove sotto l'autorità del ritmo nuovamente binario e risolutamente scandito l'espansione di quella idea è respinta dall'intrecciarsi dei disegni percussivi ad altri elementi già uditi. Viceversa la ripresa, che modifica solo il profilo delle battute iniziali arrotondandole, è quasi tutta pianissimo, sfumata, prima di giungere al crescendo conclusivo.

Di siffatta varietà d'umori lo Scherzo (Allegro moderato) mette a fuoco soltanto la venatura giocosa. Costruito in tre parti - ABA - lo caratterizzano in pari misura il moto veloce, scavalcato o urtato con allegria dalle brevi apostrofi della prima parte, come l'agogica elastica della seconda, permeate l'una e l'altra da un frizzante sapore di festa popolare. Di qui l'inatteso del terzo movimento Andante: pagina romantica, quasi di uno Schumann moderno. A una melodia che sorge sul basso cullante ed evolve dal raccoglimento meditativo a una intensità quasi tragica, succede la sognante fantasticheria della seconda sezione anche questa espressa da una scrittura polilineare: la melodia alla voce superiore, una fluida linea cromatica nella parte centrale, sostenuta dall'accompagnamento che v'insinua per qualche battuta l'asimmetria del 7/8. Scrittura decantata espressivamente dalla terza sezione, esaltando il lirismo della prima.

Per conseguenza logica, il quarto tempo si prevede d'indole affine allo Scherzo, e la scelta del ritmo di tarantella veloce non meno dell'irrompere di un episodio tutto scatti e salti, confermano la previsione. Tuttavia vi è anche posto per il riaffacciarsi dell'idea cantabile del primo tempo, parentesi dopo la quale il finale, sottoposto a un vero e proprio giro di vite, non concede altre soste al vorticare delle sue figure sino alla girandola crepitante della conclusione.

Emilia Zanetti

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

La Sonata n. 2 op. 14 di Serghei Prokofiev non è un'opera fondamentale all'interno della produzione del suo autore; essa appartiene però a un momento estremamente delicato della sua evoluzione, quello della piena affermazione di uno stile personale. Al pianoforte sono legati tutti gli esordi compositivi di Prokofiev; fra l'infanzia e l'adolescenza il giovane autore si cimentò in un vasto numero di piccoli pezzi che risentivano dell'influenza dei differenti studi intrapresi. D'altra parte il compositore era avviato a una carriera di pianista professionista, dopo aver studiato con la madre, poi con Alexander Winkler, infine, dal 1909, con Anna Esipova. La grande tradizione del pianismo russo, dunque, influisce direttamente sull'attività compositiva del musicista. Lasciate alle spalle le opere adolescenziali, Prokofiev assimila uno stile pianistico che risente della lezione di Liszt, filtrata attraverso la scuola di Anton Rubinstein, e le suggestioni simboliste di Scriabin. L'assimilazione della tradizione, tuttavia, è parallela al suo rigetto; alla scrittura visionaria e timbricamente compiaciuta di Scriabin, l'autore preferisce un suono aggressivo e percussivo, passaggi di carattere toccatistico, marcate contrapposizioni espressive.

La Sonata op. 14 nasce nel 1912 (Prokofiev aveva ventun anni), sulla scia delle violente reazioni suscitate dall'esecuzione del Primo Concerto per pianoforte e orchestra. «Sarebbe disonorare la musica il voler donare questo nome alla partitura del signor Prokofiev, dura, energica, ritmica e volgare», ebbe a scrivere un critico. E il compositore si impegnò in un ciclo di opere che perseguivano ancor più nitidamente il suo personale tipo di scrittura. E' infatti la scrittura la principale attrattiva della Sonata op. 14, che ricalca nella sua articolazione interna gli schemi consolidati della Sonata classica: quattro movimenti nella successione di allegro bitematico, scherzo, movimento lento e finale. Tuttavia la trattazione interna del materiale non si rifà ai principi della "elaborazione" di matrice classica, ma alla libertà della toccata barocca. Il primo movimento, Allegro ma non troppo, si svolge secondo una logica paratattica, che allinea varie situazioni fra loro contrastanti, frontalmente contrapposte. Il breve Scherzo si avvale di una lunga frase composta da brevi incisi ritmici, e basata su una successione ostinata e grottesca di accordi. L'Andante è una pagina che, con la sua lirica concentrazione espressiva e il sapore popolare della melodia, interrompe l'ambientazione prevalente della composizione. Il momento più alto della Sonata è comunque nel Vivace finale, dove il serratissimo pulsare del ritmo e la configurazione pungente e ironica del tema all'acuto - appena interrotti da una contemplativa reminiscenza del primo movimento - danno vita ad un moto perpetuo che costituisce il prototipo, forse ineguagliato, di molte pagine consimili del compositore.

Arrigo Quattrocchi


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia;
Roma, Sala Accademica di via dei Greci, 12 marzo 1965
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 8 febbraio 1989


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Ultimo aggiornamento 26 gennaio 2014