Sonata per pianoforte n. 9 in do maggiore, op. 103


Musica: Sergej Prokofiev (1891 - 1953)
  1. Allegretto
  2. Allegro strepitoso
  3. Andante tranquillo
  4. Allegro con brio, ma non troppo presto
Organico: pianoforte
Composizione: 1947
Prima esecuzione: Mosca, Unione dei Compositori, 21 aprile 1951
Edizione: Muzgiz, Mosca, 1955
Guida all'ascolto (nota 1)

La produzione pianistica, anche se non estesa, insieme a quella operistica e teatrale, occupa una posizione importante nell'attività di Prokof'ev, che sin da ragazzo, quando era ancora allievo dell'eccellente didatta Anna Essipova al Conservatorio di Pietroburgo, compose molti pezzi per pianoforte raccolti in «vecchi quaderni» e utilizzati successivamente nelle prime Sonate dedicate a questo strumento. Pianista di straordinario fascino e di travolgente bravura,Prokof'ev fu educato alla scuola e al rigore formalistico dei classici, da Scarlatti ad Haydn, da Schumann a Beethoven, ma nello stesso tempo spinse al limite estremo le risorse percussive dello strumento, dimostrando, in polemica con il raffinato impressionismo di Debussy e con il simbolismo poetico di Skrjabin, una netta preferenza per le sonorità martellanti e i temi accentuatamente ritmici. In tal modo i suoi lavori pianistici rispecchiano un pensiero musicale personalissimo, espressione di una sensibilità moderna, tutta tesa a scavare nei problemi esistenziali dell'uomo del nostro tempo. Infatti quello che colpisce subito nel pianismo, anche degli anni giovanili, di Prokof'ev è la ricerca di tensioni ritmiche fortemente scandite e l'affermazione di un dinamismo vorticoso e sfrenato, che si realizzano con tonalìtà audaci e taglienti, asciutte dissonanze e armonie impreviste e non tradizionali, che rendono il discorso più efficacemente drammatico e aggressivo. Con questo non va dimenticato che anche nei pezzi pianistici Prokof'ev si richiama al melos russo, alla grande tradizione popolare del suo paese, intesa come elemento di riferimento ad una cultura ben precisa nei suoi connotati e mai come citazione esteriore astratta.

Per comodità critica corrispondente ad alcune caratteristiche della personalità e dell'arte di Prokof'ev si suole dividere il suo corpus pianistico in tre periodi: il primo periodo russo che va dal 1908 al 1918 comprende la Sonata n. 1 op. 1 (1909), la Sonata n. 2 op. 14 (1912), la Sonata n. 3 op. 28 (1917), la Sonata n. 4 op. 29 (1917), i Quattro studi op. 2 (1909), i Quattro pezzi op. 4 (1910-1912), la Toccata op. 11 (1912), i Sarcasmi op. 17 (1912-1914), le Visioni fuggitive op. 22 (1915-1917), I racconti della nonna op. 31 (1918); il secondo periodo, che è quello trascorsa in parte in America e riferentesi agli anni 1918-1932, comprende la Sonata n. 5 op. 38 (1923), le due Sonatine op. 54 (1931-1932), i due brani intitolati Choses en soi op. 45 (1928) e i Sei pezzi op. 52 (1930-1931); il terzo periodo sovietico va tra il 1933 e il 1953 e riunisce la Sonato n. 6 op. 82 (1939-1940), la Sonata n. 7 op. 83 (1939-1942), la Sonata n. 8 op. 84 (1939-1944), la Sonata n. 9 op. 103 (1947), alle quali si aggiunge la revisione della Sonata n. 5 compiuta nel 1952-'53.

La Sonata n. 9 in do maggiore, anche se scritta nel 1947, fu pubblicata nel 1951 (della decima e dell'undicesima Sonata sono rimasti solo pochi abbozzi) ed eseguita nell'aprile dello stesso anno a Mosca da Sviatoslav Richter, al quale è dedicata. Nella composizione si ritrova l'espressività dell'ultimo Prokof'ev, quanto mai semplice e comunicativa, di una modernità meditata e controllata nelle sue asprezze e dissonanze sonore. Si capisce come il musicista sia ormai in pace con la sua coscienza e si richiami ad una estetica meno sperimentale e meno aperta alle innovazioni linguistiche. Il primo deì quattro tempi (Allegretto) ha un andamento sostanzialmente cantabile, qua e là punteggiato da esplosioni ritmicamente incisive. Nell'Allegretto strepitoso c'è tutto il temperamento effervescente e scattante dell'autore con il suo dinamismo essenziale e preciso. Nell'Andantino e nell'Andante tranquillo si riscontra un sentimento meditativo, basato sulle variazioni del tema principale, quasi una specie di lied. Ma poi il pianismo saldo e compatto di Prokof'ev torna a dominare, sia nell'Allegro sostenuto del terzo movimento, vigoroso e di tono beethoveniano, e sia soprattutto nell'Allegro con brio conclusivo, dai ritmi vibranti, dalle figurazioni marcate e dalle slanciate architetture sonore.


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Sala Accademica di via dei Greci, 29 febbraio 1980


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Ultimo aggiornamento 1 luglio 2013