Concerto dell'estate


Musica: Ildebrando Pizzetti (1880 - 1968)
  1. Mattutino - Vivace e arioso
  2. Notturno - Largo
  3. Gagliarda e Finale - Allegro vigoroso
Organico: 3 flauti (3 anche ottavino), 2 oboi, corno inglese, 2 clarinetti, clarinetto basso, 2 fagotti, controfagotto, 4 corni, 3 trombe, 3 tromboni, basso tuba, timpani, tamburo militare, triangolo, piatti, tam-tam, grancassa, campanelli, campane tubolari, celesta, pianoforte, 2 arpe, archi
Composizione: Cortina d'Ampezzo, 30 agosto 1928
Prima esecuzione: New York, Carnegie Hall, 28 febbraio 1929
Edizione: Ricordi, Milano, 1929
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Giungono a felice fusione nel Concerto dell'estate, nato a Cortina tra il luglio e l'agosto del 1928, le componenti che nutrono il mondo poetico del musicista: l'innata vocazione drammatica, con la sua forza riduttiva sul linguaggio e la sensibilità naturalistica che tale ascetismno a volte addolcisce con improvvisi ripiegamenti melodici. La stessa scelta formale sottolinea il punto d'equilibrio tra la misura drammatica, ritrovata in un modulo ancorato alla tradizione strumentale, e l'inclinazione evocativa, espressa, oltre che dai titoli dei movimenti, dalla vibratilità della timbrica. Cosi nello stacco Vivace e arioso del Mattutino, attraversato, nel movimento più lento che segue, da un intrecciato divertimento contrappuntistico dei legni. Così, ancor più nel Notturno, iniziato da un ampio disegno dei violini (Largo) in 5/4, di sapore nettamente vocalistico, eppoi solcato da una lunga cantilena del flauto, ma anche nella suggestione popolare impressa dall'animazione ritmica della Gagliarda, che accogliee momenti di più raccolta contemplazilone.

Il Concerto dell'estate fu eseguito per la prima volta al Carnegie Hall di New York dalla Philharmonic Symphony Orchestra diretta da Arturo Toscanini, il 28 febbraio 1929.

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Ildebrando Pizzetti compose il Concerto dell'estate nel 1928, a Milano. Descritto dallo stesso autore come una «sinfonia pastorale», il Concerto dell'estate è il lavoro orchestrale di più vaste dimensioni e di più ampio respiro che Pizzetti abbia scritto, con la sola eccezione della Sinfonia in la. Il Gatti richiama questo lavoro al «momento maturistico» di Pizzetti: «freschezza della terra ai primi raggi del sole, pienezza di vita impetuosa e calda del meriggio, malinconia trepida e dolcezza struggente del tramonto». E ancora scrive il Gatti sul Concerto dell'estate: «I temi ci si presentano subito nella loro compiuta individualità, con tutite le conseguenze, e la conservano attraverso lo svolgimento del pezzo senza ricorrere a dissociazioni o altre provvidenze dialettiche per ricavarne nuove capacità di vita. Il succedersi dei momenti determina il modo col quale i temi ricompariranno, volta a volta in nuova forza e in nuova luce ma sempre nella loro integrità. L'equilibrio si genera per il ritmo unitario della rappresentazione, in cui, a rigore, non esistono episodi ma un'unica, simultanea diremmo in senso spaziale, visione del tutto. Un simile comportamento dei temi è, nel primo tempo del Concerto dell'estate, denso ma chiaramente sorretto dalle due entità tematiche, l'una festosa, l'altra pensosa, che lo generano. Il Notturno è una delle caratteristiche ispirazioni vocali pizzettians, con una polifonia piena di richiami e di mormorii, e il Finale, scandito sul vigoroso ritmo della gagliarda, ci dà una bellissima pagina contrappuntisltica nella ripresa della danza mentre gli archi cantano una melodia inebriata dal desiderio di vita».

Le caratteristiche melodiche della scrittura orchestrale sono evidenti in tutto il Concerto dell'estate e ne testimoniano la sincerità ed integrità di ispirazione. Nel lirico canto del Mattutino contrappuntato dal ritorno a guisa di motto del motivo iniziale di tre note, un effetto quasi misterioso e magico, eppur limpido, di unità espressiva sembra trovare il suo simbolo nelle note affidate ai corni, come colpi soffocati in sordina all'inizio, squillanti come rintocchi di campane alla fine. Il Notturno è un vero e proprio canto che si snoda con linearità di discorso e nello stesso tempo con sostenuta pienezza d'espressione: gli arabeschi che il flauto solo snoda sono la manifestazione più evidente e avvertibile di una scrittura che è tutta intessuta e contesta di procedimenti solistici. Il ritmo ternario della Gagliarda non è soltanto un fattore dinamico, è anche un presupposto strutturale per lo sviluppo di un vero e proprio rondò orchestrale, rapsodicamente fiorito di episodi strumentali (come l'ornato assolo del clarinetto), che restituiscono infine il lavoro alla limpida tranquilla serenità del Finale.

Carlo Marinelli


(1) Testo tratto dal Repertorio di Musica Classica a cura di Pietro Santi, Giunti Gruppo Editoriale, Firenze, 2001
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di Via della Conciliazione, 28 aprile 1968


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Ultimo aggiornamento 13 ottobre 2016