La camera dei bambini

Ciclo di sette canti per voce e pianoforte

Musica: Modest Musorgskij (1839 - 1881)
  1. Raccontami una favola
    Composizione: 26 Aprile 1868
    Dedica: A. S. Dargomyzskij
  2. Al cantone
    Composizione: 30 Settembre 1870
    Dedica: V. A. Hartmann
  3. Il calabrone
    Composizione: 18 Ottobre 1870
    Dedica: V. V. Stasov
  4. Ninna nanna della bambola
    Composizione: 18 Dicembre 1870
    Dedica: T. e G. Musorgskij
  5. La preghiera della sera
    Composizione: 18 Dicembre 1870
    Dedica: Sasha Cui
  6. A cavallo del bastone
    Composizione: 1872
    Dedica: D. V. e P. S. Stasov
  7. Il gatto birbante
    Composizione: 15 Agosto 1872
Organico: voce, pianoforte
Edizione: Bessel, San Pietroburgo, 1872
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Il primo numero di questo ciclo fu composto come pezzo a sé, il 26 aprile 1868; e Dargomyzskij, a cui era dedicato, incoraggiò Musorgskij a scriverne altri dello stesso argomento. Nacque cosi La camera dei bambini: secondo il titolo proposto dal critico Vladimir Stasov, che tanto influsso esercitò, come tutti sanno, sui Cinque in genere e su Musorgskij in ispecie. Ma nan nacque subito: i numeri da 2 a 5 furono scritti dopo che Musorgskij suonò più volte agli amici ma senza mai metterli su carta; motivo per cui sono perduti per noi.

La Camera dei bambini è più che mai esemplare di che cosa Musorgskij intendesse per realismo. I suoi testi non sono poesie più o meno idealizzanti il mito dell'infanzia, ma scene dal vero, scritte da Musorgskij stesso; il quale le scrisse, e le musicò, soltanto perché nella vita era grande amico dei bambini e li trattava, precorrendo la pedagogia moderna, senza vezzeggiarli, semplicemente obliandosi nella loro umanità. La musica, con i suoi prodigi espressivi e le sue novità formali, nasce direttamente da questa impostazione. «Cela ressemble a un art de curieux sauvage qui découvrirait la musique a chaque pas trace par son émotion; il n'est jamais question non plus d'une forme quelconque, ou du moins cette forme est tellement multiple qu'il est impossible de l'apparenter aux formes établies - on pourrait dire administratives». Così ne scrisse Debussy, quando questo portentoso capolavoro era ancora quasi ignoto; e non ci dovrebbe essere nessuno, oggi, che muterebbe una sillaba del suo giudizio.

Fedele D'Amico

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

L'originario titolo russo della raccolta è «Detskaja», titolo ai quale corrisponde il termine francese «Enfantines». Si tratta di uno dei maggiori capolavori di tutta la letteratura musicale ispirata all'infanzia (e non solo di questa). Parlandone in una recensione inclusa nel volume «Monsieur Croche Antidilettante» (e usando peraltro il titolo abituale «La Chambre d'enfants»), Debussy concludeva «Mussorgsky: il a des droits nombreux è notre dévotion». Devozione che condividiamo toto corde. Citiamo ancora Debussy: «Nessuno ha mai parlato a ciò che in noi vi è di meglio con un accento più tenero e più profondo; egli è unico e lo resterà per la sua arte senza procedure, senza formule aride. Mai una sensibilità più raffinata si è tradotta mediante mezzi così semplici; ciò somiglia all'arte di un curioso selvaggio che scoprirebbe la musica ad ogni passo tracciato dalla sua emozione; non è mai questione di una forma qualsiasi, o meglio questa forma è talmente multipla che risulta impossibile apparentarla alle forme stabilite - si potrebbe dire alle forme amministrative; ciò si regge e si compone per piccoli tocchi successivi, collegati da un legame misterioso e da un dono di misteriosa chiaroveggenza; talvolta Mussorgsky dà anche delle sensazioni d'ombra rabbrividente e inquieta che avviluppano e serrano il cuore fino all'angoscia... a Mussorgsky basta un accordo che sembrerebbe povero al signor... (ho scordato il suo nome!) o una modulazione talmente istintiva che sembrerebbe sconosciuta al signor... (è lo stesso!)». Questo signore lo si può identificare con Rimsky-Korsakov il quale, curando l'edizione delle ultime due liriche rimaste postume (1882) e poi dell'intero ciclo (1908) commise contro l'integrità di questi gioielli musicali gli stessi veri e propri crimini estetici di cui aveva fatto segno il «Boris» e altre musiche di Mussorgsky di cui curò le edizioni. I primi cinque brani erano stati pubblicati nel 1872 dallo stesso Mussorgsky ed erano noti (tra l'altro avevano suscitato l'entusiastica ammirazione di Liszt). Rimsky non osò dunque alterarne radicalmente il testo musicale, anche se non si peritò di portarvi quelle che a lui potevano sembrare delle necessarie «correzioni» di «errori grammaticali» che in realtà erano geniali invenzioni, risultati di autentici atti creativi, assolutamente validi. Egli non ebbe poi nessun ritegno di storpiare letteralmente gli ultimi due, inediti, brani arrivando al punto, non solo di eliminare dissonanze, ardite modulazioni, sostituire armonie, modificare la dinamica, togliere accenti, ma anche di far passare come musica di Mussorgsky una conclusione che egli stesso aveva soritto e appiccicato alla fine del «Gatto fellone» per poterlo porre alla fine del ciclo, cosa che Mussorgsky non aveva pensato, tant'è vero che egli vi lascia il discorso aperto, con un interrogativo senza risposta. Fu Paul Lamm a pubblicare la versione originale di Mussorgsky a Mosca nel 1928. Il primo brano, Con la Niania, (Mussorgsky l'aveva chiamato anche «Il bambino con la bambinaia» o «Il bambino e la sua bambinaia») risale ai 1868. Il testo (dovuto come quello degli altri canti allo stesso compositore) coglie il modo deliziosamente capricoioso col quale il bambino chiede alla bambinaia di raccontargli le storielle più varie: dalla bestia feroce che divora i bambini, allo Zar leggendario e alla Zarina che sternutisce. Questo brano, la cui libertà ritmica e discorsiva non ha nulla da invidiare a Strawinsky e dove appaiono dissonanze altrettanto emancipate come in Webem, porta la dedica «Al grande insegnante della verità musicale Aleksander Sergheievitch Dargomizsky» il quale ne rimase talmente entusiasta da chiedere a Mussorgsky di «continuare». Cosa che Mussorgsky potè fare subito dopo aver portato a termine il «Boris». Il secondo brano, Nel cantuccio, porta la data 30 settembre 1870 ed è dedicato al pittore Viktor Alexandrowitch Hartmann (i cui quadri ispirarono i «Quadri di un'esposizione»). Vi si rappresenta la scena del bambino punito per aver disfatto il gomitolo di lana della bambinaia, misfatto di cui il piccolo accusa invece un micio. Il terzo brano, L'insetto, è datato 18 ottobre 1870 e porta la dedica al critico Wladimir Stassov. Il piccolo vi racconta la storia di un insetto «enorme, nero e grasso» che lo spaventa mentre è intento a costruire una casetta, ma che, urtandolo finisce per spaventarsi luì stesso e fingersi morto. Il quarto pezzo, Con la bambola, portava in origine il titolo Ninna-nanna. Mussorgsky lo terminò il 20 dicembre 1870 e lo dedicò «a Tanjuschka e Goga Mussorgsky», figli di suo fratello Filarete. Il quinto brano, Prima di addormentarsi (originariamente La preghiera) porta solo l'indicazione dell'anno in cui è stato scritto, 1870, e la dedica «a Sacha Cui», il figlio del compositore César Cui. Il sesto canto, Il gatto fellone, (Kot Matros) porta la data 15 agosto 1872, ciò che testimonia del fatto che Mussorgsky aveva interrotto la composizione del ciclo per rifare il «Boris», e l'aveva ripresa subito dopo la stesura della seconda versione dell'opera. Il brano rappresenta la scenetta di un gatto che vuol mangiare un uccello in gabbia e viene impedito in ciò dal bambino che si fa male ad una mano urtando contro la gabbia. Dell'ultimo brano, A cavallo del bastone, Mussorgsky ha lasciato due versioni, datate rispettivamente 14 e 15 settembre 1872. Il brano aveva anche i titoli alternativi «Nella dacia» e «Passeggiata a cavallo a Juki» (nome di una tenuta presso Pietroburgo). Dedicatari del brano sono il fondatore della Società Russa di Musica Dimitri Stassov e sua moglie Polissena. Nel 1873 Liszt lesse i cinque brani pubblicati e, come si diceva, ne rimase così entusiasta che li volle trascrivere per pianoforte solo e dedicare un suo lavoro a Mussorgsky. Venutolo a sapere, Mussorgsky ne scrisse in questi termini a W. Stassov: «Liszt mi stupisce. Se io sono uno stupido in fatto di musica resta una questione, ma nelle «Enfantìnes» mi sembra proprio che stupido non sono. Io vedo i bambini non come bambole graziose, ma come esseri umani che hanno il loro piccolo mondo peculiare - e una simile concezione non può certo testimoniare della stupidità dell'autore. Non avrei mai creduto che Liszt, il quale (con pochissime eccezioni) raffigura solo cose colossali, avrebbe potuto apprezzare seriamente un lavoro come le mie «Enfantines»; e non solo apprezzarlo, ma rimanerne incantato; tutti i bambini che vi appaiono sono russi autentici e hanno un'inconfondibile impronta nazionale».

Roman Vlad

Testi

Raccontami una favola

Racconta, nianiuscia, raccontami, su, la favola del lupo feroce, cattivo. «Giorno e notte il lupo correva dappertutto, rapiva i bambini, li portava nella sua tana, nel bosco., mangiava le loro piccole ossa bianche. I bambini gridavano chiamando la madre!». Nianiuscia! Io lo so perché il lupo ha mangiato i bambini, essi erano disobbedienti, tormentavano la loro niania, non è vero? E la storia del vecchio re e della, sua buffa moglie! Essi vivevano lontano, nel loro superbo castello. Egli zoppicava, e ogni volta che incespicava dalla terra nasceva un fungo. E la regina starnutiva così forte che i vetri andavano in frantumi! Nianiuscia, non mi raccontare più la storia del lupo ! Raccontami questa storia tanto divertente!

Al cantone

Oh che briccone! il mio filo intricato, l'ago smarrito, le maglie rotte, e l'inchiostro versato sul mio lavoro! Ohibò! Al cantone, subito!
No, nianiuscia, non sono stato io! Minette ha giocato con le maglie del tuo lavoro, il gattino ha portato via ago e filo, ma Miscenka è buono buono. Miscenka non si è mosso. Cattiva, vecchia nianiuscia, hai il naso tutto rosso! Micha è tutto pulito e ben pettinato, nianiuscia ha la cuffia per traverso. Micha non ha fatto niente e nianiuscia l'ha messo al cantone, l'ha castigato ingiustamente. Micha non le vorrà più bene.

Il calabrone

Giuocavo sulla sabbia sotto l'ombra degli alberi, tutto tranquillo, costruendo la mia casetta, è stata la mia matrigna a tagliarmi le assicelle! La mia casa era tutta fatta, una vera casa con un vero tetto. Ah! un calabrone grosso e nero, viene a sfiorare la mia casa drizzando i suoi mustacchi che fanno paura! i suoi occhi brillanti mi fissano. Oh, che paura! La grossa bestia ronza ed aprendo le ali mi viene addosso, mi urta in fronte, nei capelli nelle tempie! Sono restato muto tremante, trattenendo il respiro! Lo guardavo con gli occhi socchiusi, ascolta nianiuscia...
...Povero, povero calabrone, con le gambe in aria, immobile. Non è più arrabbiato, non drizza più i mustacchi, non ronza più. Ma le sue ali ancora tremolano. È morto, dì? Lo fa per finta? Niania, dimmi che succede!
Il calabrone nero; voleva mordermi, ed invece è morto lui! Povero calabrone nero! che ha?

Ninna nanna della bambola

Pupa, dormi! Pupa, fa la ninna! Verrà il lupo cattivo, prenderà la piccola, mangerà le sue ossa! Pupa, dormi, sogna, raccontami i tuoi sogni: Isole magiche, feste eterne, fiori multicolori, pere saporite, uccellini dorati che canteranno sempre. Pupa dormi, fa la ninna, pupa!

La preghiera della sera

Signore, proteggi la mamma e papa. Proteggi i miei fratelli Vassenka e Nicenka. Dolce Signore, proteggi la mia nonna, dalle una vita lunga e tranquilla. È tanto vecchia e tanto buona la mia nonna! Signore, custodisci, ti prego, la zia Katia, la zia Natasela, la zia Moscia, tutte le zie, Vera, Liuba e Sascia e Olia e Tania e Nadia, e gli zii Petia e Coli'f, gli zii Volodia e Griscia; proteggili tutti, buon Dio, proteggi anche Fitta e Vania e Mitia e Petia e Dascia, Pascià, Sonia. Dumiska.
Niania! ho dimenticato il resto. - Oh piccola smemorata! Devi dire: Dio, perdonami tutti i miei peccati, salvami! - - Dio, perdonami tutti i miei peccati, salvami! Va bene, nianiuscia?

A cavallo del bastone

Hop, hop, hop ! hop, là, ta, ta, ta, ta, hop là ! Stop ! Vassia, senti, vieni questa sera a giuocar con me, non venire troppo tardi. Hop, hop! io seguito il mio viaggio, ma questa sera sarò già di ritorno, perché mamma mi mette a letto presto. Vieni, vieni ! ta, ta, hop, hop !
Attenti!
Ahi, che dolore; oh, il mio piede, la mia gamba!
Fanciullo caro, perché piangere? è finito, non senti più dolore! Su, dritto! vedi, c'è lassù un bell'uccello bleu e canta. Che belle penne, che voce, che incanto! ebbene? ti fa più male il piede? È finito! Eccomi, mammina, cara! Andiamo, andiamo, bisogna sbrigarsi, hop, hop ! Vieni, Vossia, presto presto!

Il gatto birbante

Ahi, ahi, ahi, mamma, mammina! Ho cercato dappertutto il tuo ombrello! che caldo! l'ho cercato nell'armadio a specchi, l'ho cercato per tutta la camera; ma mentre guardavo verso la finestra, ho visto il nostro gatto nero, il nostro Mimi, disteso sulla gabbia del fringuello. Il povero uccellino cerca di nascondersi e stride. Aspetta, mostro! vuoi dilaniare il nostro uccellino! bada che ti prendo! bada!
Restai lì facendo finta di niente, ma con l'occhio fisso alle sue zampe. Ed egli mi fissava, ficcando le unghie nella gabbia, Voleva acchiappare il mio fringuello ed io l'ho battuto forte. Mamma, come è dura questa gabbia! Oh, come mi sono fatto male! Le unghie mi dolgono, mi bruciano! Ma che birbante, dì, quel gatto!


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Sala Accademica di via dei Geci, 23 febbraio 1962
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 9 giugno 1976


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Ultimo aggiornamento 6 gennaio 2016