Trio per pianoforte n. 7 in sol maggiore, K564


Musica: Wolfgang Amadeus Mozart (1756 - 1791)
  1. Allegro (sol maggiore)
  2. Tema con 6 variazioni. Andante (do maggiore)
  3. Allegretto (sol maggiore)
Organico: pianoforte, violino, violoncello
Composizione: Vienna, 27 ottobre 1788
Edizione: Storace, Londra 1789
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Mozart scrisse otto Trii con il pianoforte: in sette di essi vi unì il violino e il violoncello, e precisamente in quello in si bemolle maggiore K. 254 del 1776, in quello in re minore K. 442 del 1783, in quelli in sol maggiore K. 496 e in si bemolle maggiore K. 502 del 1786, in quello in mi maggiore K. 542 e negli altri, in do maggiore K. 548 e in sol maggiore K. 564, recante in partitura la data del 27 ottobre 1788. Solo nel Trio in mi bemolle maggiore K. 498, che è del 1786, il pianoforte è accompagnato dal clarinetto e dalla viola; esso assunse il nome di "Kegelstatt-Trio" (Trio del gioco dei birilli), perché fu composto per gli amici Jaquin tra la chiassósa allegria di una partita a birilli.

Il Trio in sol maggiore è articolato in tre tempi caratterizzati da una freschezza inventiva e da una abilità nell'arte della variazione, specie nel secondo movimento. Il primo tema dell'Allegro iniziale viene esposto dal pianoforte e sorretto da un disegno melodico degli archi. Ecco quindi un tema più leggero e festoso, affidato al violino con un ritornello del pianoforte e poi ripreso dal primo strumento. A questo punto si snoda lo sviluppo del discorso musicale, condotto elegantemente dal violino su un accompagnamento di biscrome del pianoforte. C'è molta varietà nel gioco armonico, con il passaggio dalla tonalità di mi maggiore al do maggiore, secondo un procedimento spesso utilizzato da Mozart; al pianoforte e al violino si aggiunge con molta evidenza, nelle battute finali del movimento, la voce del violoncello.

L'Andante è un tema variato, punteggiato da una straordinaria purezza e nobiltà di espressione, che si richiama allo stesso Andante della Sonata per pianoforte e violino K. 547. Le variazioni sono sei: la prima è indicata dal violino su una imitazione del violoncello e con l'accompagnamento del pianoforte; la seconda è esposta dal violoncello, su ornamenti del violino e con accordi di accompagnamento del pianoforte; nella terza variazione il violino espone un tema cantabile, mentre il violoncello sottolinea le ultime cadenze; la quarta variazione contiene un magnifico dialogo tra il pianoforte e i due archi; la quinta variazione appartiene al pianoforte e la sesta è un tema molto arabescato, realizzato dal violino, su accompagnamento del violoncello e del pianoforte. La sensazione che si ricava dall'ascolto di questo Andante è di una delicata e incantevole atmosfera poetica.

L'Allegretto finale in 6/8 comincia con un ritmo di siciliana del pianoforte, cui risponde il violino, sostenuto dal violoncello. Si crea quindi una piacevole tessitura di armonie con un ritorno al tema, che viene ripreso dal violino su accompagnamento del pianoforte e con l'intervento del violoncello. Il tema del rondò si allarga e si intensifica e coinvolge tutti e tre gli strumenti in una inarrestabile cascata di invenzioni armoniche, realizzata con brillantezza e vivacità di colori contrastanti. Il Trio K. 564 sembra rispettare le regole di un discorso musicale accessibile a tutti e senza particolari tensioni e tormenti che pure esistono nell'arte mozartiana.

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Il Trio in sol maggiore K. 564 è, degli otto Trii con pianoforte composti da Mozart, forse il più leggiadro, il più intriso di quella luminosa poeticità, di quella ineguagliabile felicità inventiva, di quella apparente, beata, spensieratezza, che così spesso fanno dimenticare al pubblico e ai critici le profondissime tragiche dimensioni del suo mondo interiore e della sua arte. Il primo Allegro esordisce con un tema d'una gaiezza, al cui vivacissimo brio una infinita dolcezza di accenti toglie quel senso di nervoso dinamismo che caratterizza tutti i tempi veloci di Mozart.

Gli archi, dapprima accompagnano solo con note tenute il tema proposto dal pianoforte, dopodiché i ruoli vengono invertiti nel senso che la parte accompagnatrice passa al piano, il quale sfaccetta però quelle note tenute in un agile e brillante giuoco di figurazioni. Il secondo tema (in re maggiore), imparentato invece di essere dialetticamente opposto al primo, compare al violino, mentre il pianoforte introduce un ulteriore motivo che vale ad arricchire il materiale tematico dell'esposizione, che si chiude con un breve accenno al tema iniziale. Lo sviluppo, prima di investire i temi principali fin qui esposti, indugia in una lunga parentesi in minore, il cui significato non può essere chiarito meglio se non mettendo in rilievo che l'idea musicale che vi si elabora coincide letteralmente col dolente motivo che, nella Scena del commendatore del Don Giovanni segue alle parole del protagonista: «Non l'avrei giammai creduto». La ripresa presenta rispetto all'esposizione solo la variante che il secondo tema è affidato (nel tono della tonica) al cello invece che al violino.

Il secondo tempo (un'Andante in 3/8) è architettato in forma di un breve tema (di 16 misure) con sei variazioni di tipo ornamentale, in cui cioè il tema, conservando la sua intima struttura e il suo profilo melodico, viene circondato da sempre diverse voci secondarie. Si dispone su curve rabescate leggermente variate, cambia registro, timbro e anche modo (la Quinta Variazione è in do minore) senza essere però mai scomposto e ricomposto come avverrà più tardi, cioè da Beethoven in poi. (Anche in altri lavori di Mozart e di Haydn non mancano però, anche se sporadicamente, esempi di variazioni "analitiche"). L'ultimo tempo, Allegretto, infine, è uno sviluppato Rondò, dove in un danzante ritmo di 6/8, si alternano temi maggiori e minori; luminosità diatoniche e ombre cromatiche, slanci e soste del discorso, larghe volute melodiche e spiritose interiezioni: aspetti questi, cui il comune denominatore dato da una trascinante verve, da un dinamismo e da una vitalità irresistibili, conferisce quell'intima, solare unità espressiva che solo Mozart era capace di raggiungere e che ancora oggi, dopo più di un secolo e mezzo ci appare come il frutto di un miracoloso, magico genio creativo.


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di Via della Conciliazione, 11 gennaio 1985
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Eliseo, 28 aprile 1958


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Ultimo aggiornamento 8 novembre 2019