Non più, tutto ascoltai... Non temer, amato bene, K 490

Recitativo ed aria in si bemolle maggiore per tenore ed orchestra

Musica: Wolfgang Amadeus Mozart (1756 - 1791)
Testo: G. Varesco
  1. Non più, tutto ascoltai - scena - Allegro assai (do maggiore)
  2. Non temer, amato bene - rondò - Andante (si bemolle maggiore)
Organico: tenore (o soprano), 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni, archi
Composizione: Vienna, 10 marzo 1786
Edizione: Simrock, Bonn 1805
Guida all'ascolto (nota 1)

L'aria per soprano e orchestra "Non temer, amato bene" K. 490, è tratta dalla prima scena del secondo atto dell'Idomeneo e composta il 10 marzo 1786 a Vienna. La dizione esatta di questo pezzo recita così: "Non temer, amato ben, Rondò per soprano, violino solo e orchestra", destinato originariamente alla voce del tenore, barone Pulini e poi adattato al soprano Nancy Storace, famosa interprete del ruolo di Susanna nelle Nozze di Figaro, prima che lasciasse Vienna per recarsi a Londra. È il violino ad esporre il tema sul quale la cantante dispiega una serie di modulazioni particolarmente espressive nell'indicare il sentimento di amore di Ilia per Idamante, figlio di Idomeneo, re di Creta. Il violino svolge un ruolo primario anche quando il soprano canta sulle parole "Alme belle che vedete le mie pene". Per la terza volta, infine, viene ripetuto il tema principale con una cadenza del soprano di gusto schiettamente mozartiano nell'eleganza del fraseggio.

Testo

Ilia:
Non più. Tutto ascoltai, tutto compresi.
D'Elettra e d'Idamante noti sono gli amori,
al caro imegno omai mancar non dei,
va, scordati di me, donati a lei.

Idamante:
Ch'io mi scordi di te? Che a lei mi doni
Puoi consigliarmi? E puoi voler ch'io viva?

Ilia:
Non congiurar, mia vita,
Contro la mia costanza!
Il colpo atroce mi distrugge abbastanza!

Idamante:
Ah no, sarebbe il viver mio di morte
Assai peggior! Fosti il mio primo amore,
E l'ultimo sarai. Venga la morte!
Intrepido l'attendo, ma ch'io possa
Struggermi ad altra face, ad altr'oggetto
Donar gl'affetti miei,
Come tentarlo? Ah! di dolor morrei!

Non temer, amato bene,
Per te sempre il cor sarà.
Più non reggo a tante pene,
L'alma mia mancando va.
Tu sospiri? o duol funesto!
Pensa almen, che istante è questo!
Non mi posso, oh Dio! spiegar.
Stelle barbare, stelle spieiate,
Perché mai tanto rigor?
Alme belle, che vedete
Le mie pene in tal momento,
Dite voi, s'egual tormento
Può soffrir un fido cor!
(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di Via della Conciliazione, 15 maggio 1987


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Ultimo aggiornamento 5 febbraio 2015