Sonata per violino e pianoforte n. 34 in la maggiore, K 526


Musica: Wolfgang Amadeus Mozart (1756 - 1791)
  1. Molto Allegro (la maggiore)
  2. Andante (re maggiore)
  3. Presto (la maggiore)
Organico: violino, pianoforte
Composizione: Vienna, 24 agosto 1787
Edizione: Hoffmeister, Vienna 1787
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Tre grandi Sonate per violino e pianoforte appartengono all'ultimo periodo creativo di Mozart: quella in si bemolle maggiore K. 454, scritta per Regina Strinasacchi di Mantova («ottima violinista, suona con molto gusto e sentimento» così disse il compositore in una lettera al padre del 24 aprile 1784); quella in mi bemolle maggiore K. 481, che risale al 1785 e il cui finale in tempo Allegretto comprende sei variazioni, preannuncianti lo stile di Beethoven, e la Sonata in la maggiore K. 526, completata durante la composizione del Don Giovanni e pubblicata il 24 agosto 1787 a Vienna. Quest'ultima Sonata viene considerata da diversi studiosi come annunciatrice della Sonata a Kreutzer beethoveniana sia per lo spigliato virtuosismo che per l'equilibrio artistico e spirituale raggiunto soprattutto nell'Andante centrale, in cui sembra quasi - dice Einstein - «che Dio abbia fermato per un istante il moto della terra per permettere all'uomo di assaporare l'amara dolcezza dell'esistenza».

La Sonata inizia con un Allegro in 6/8 di tono deciso e perentorio, seguito da una frase ad imitazione fra i due strumenti. Dopo il ritornello appare il secondo tema, indicato con dolcezza dal violino, su accompagnamento del pianoforte, il quale poi riespone il motivo principale. Ancora un ritornello e quindi si riascolta un frammento del tempo iniziale, arricchito da vivaci modulazioni nel gioco delle imitazioni, secondo un discorso musicale estremamente vario e mutevole, non privo di accenti un pò inquieti e nervosi. L'Andante è contrassegnato da una espressione meditativa, avviata all'unisono dai due strumenti e poi ripresa dal violino e successivamente dal pianoforte, il cui canto sfocia in un accordo in fa diesis minore. Il tema del violino nella tonalità di la minore esprime un sentimento di tristezza, leggermente spezzato da accordi all'unisono e in sincope di straordinario effetto emotivo. Lo sviluppo non aggiunge niente di nuovo all'intonazione meditativa dell'intero movimento, all'infuori del fatto che l'impostazione musicale lascia pensare ad un richiamo allo spirito misuratamente razionalistico dello stile bachiano. Il tema del Presto finale è una specie di moto perpetuo in forma di rondò, alla maniera degli antichi maestri del sonatismo, fra cui Pietro Domenico Paradisi, che Mozart deve aver certamente conosciuto in uno dei suoi viaggi europei. La struttura dell'ultimo tempo è molto chiara e si svolge con varietà di interventi da parte del pianoforte e del violino, in un impasto di modulazioni e di giochi contrappuntistici di estrema eleganza, con passaggi più diversi da una tonalità all'altra, dal fa diesis minore al re maggiore e al do maggiore. Alla fine ritorna anche il la maggiore con un richiamo al tema iniziale della Sonata e prima che si giunga alla stretta conclusiva, tra accenti ora piani e ora forti, nello spirito brillante del rondò, riecheggiante in un certo senso il finale del Concerto per pianoforte e orchestra in la maggiore K.488, scritto un anno prima di questa Sonata, di cui non si sa a quale virtuoso di violino Mozart l'avesse destinato, secondo l'opinione del celebre biografo e musicologo De Saint Foix.

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

La Sonata in la maggiore K. 526, scritta a Vienna nell'agosto del 1787, è invece un lavoro di carattere assai più virtuosistico e brillante. Come le sorelle K. 454 e K. 481 essa è, a tutti gli effetti, una "Konzert-Sonate", cioè un'opera destinata all'esecuzione pubblica e non ad intrattenimenti serali tra le mura domestiche. Beethoven, probabilmente, l'avrebbe definita "scritta in uno stile molto concertante, quasi come d'un concerto": e avrebbe avuto perfettamente ragione, giacché nelle maggiori dimensioni dei movimenti e nell'accresciuto impegno strumentale (soprattutto per il violino, ma anche per il pianoforte), la Sonata K. 526 rivela un sensibile mutamento di concezione rispetto alla Sonata K. 376.

La Sonata in la maggiore non è neppure avara di sorprese, tanto nel "Molto Allegro" d'apertura, in un imprevedibile 6/8, quanto nel sereno ed intenso "Andante" in re maggiore, scritto in regolare forma-sonata, ma con un secondo tema in minore; ma la pagina più geniale dell'intera composizione rimane il "Presto" conclusivo, che con la sua perfetta fusione di elementi "dotti" e "brillanti" subito richiama alla mente l'esempio insuperato del finale del Quartetto K. 387.

Danilo Profumo


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 9 marzo 1984
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 9 dicembre 1981


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