Sonata n. 26 in si bemolle maggiore per violino e pianoforte, K1 378 (K6 317d)


Musica: Wolfgang Amadeus Mozart (1756 - 1791)
  1. Allegro moderato (si bemolle maggiore)
  2. Andantino sostenuto e cantabile (mi bemolle maggiore)
  3. Rondò. Allegro (si bemolle maggiore)
Organico: violino, pianoforte
Composizione: Salisburgo, 15 gennaio - 23 marzo 1779
Edizione: Artaria, Vienna 1781
Dedica: Josepha Auernhammer
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

La Sonata K. 378 fu composta da Mozart a Salisburgo tra il 15 gennaio e il 23 marzo 1779 e, insieme a quella in do elaborata a Mannheim, fu pubblicata nel novembre 1781, unitamente ad un gruppo di quattro Sonate scritte a Vienna in quello stesso anno, dall'editore Artaria con il titolo Six Sonates pour le Clavecin ou Pianoforte, avec Vaccompagnement d'un Violon e dedicata alla pianista Josepha von Aurnhammer. Il valore di queste pagine non sfuggì ai contemporanei, tanto è vero che sull'autorevole «Magazin der Musik» di quel periodo apparve il seguente commento: «Queste Sonate sono uniche nel loro genere. Sono ricche di nuove idee e mettono in evidenza il grande genio musicale del suo autore. Sono assai brillanti e adatte al pianoforte e nello stesso tempo l'accompagnamento del violino è così abilmente combinato con la parte pianistica, che entrambi gli strumenti mantengono viva la nostra attenzione. Queste Sonate richiedono un violinista esperto quanto il pianista. Non è possibile in questa occasione compiere una descrizione dettagliata di queste composizioni originali. Gli amatori e i conoscitori di musica potranno eseguirle per il proprio piacere e si renderanno conto che il nostro giudizio non è esagerato».

Sin dall'Allegro moderato iniziale è possibile un'idea dell'ampiezza e della varietà di sviluppo di questo componimento, costruito su quattro temi nella doppia proposta affidata sia al pianoforte che al violino. La musica scorre con naturalezza e punteggiata da una morbidezza di fraseggio, appena leggermente velata da una delicata malinconia.

L'Andantino sostenuto e cantabile si avvicina formalmente alla romanza per la tenerezza sentimentale che lo pervade. Lo scambio delle idee fra i due strumenti avviene secondo un gioco alternativo, identico ed equidistante, finché il dialogo si scioglie in una lunga coda in cui Mozart dispiega la sua abilità inventiva, dimostrando di non essersi dimenticato delle eleganti movenze della musica francese da lui conosciuta durante la permanenza a Parigi nel 1778. Il Rondò fa pensare allo stile di Haydn per la inesauribile vivacità e freschezza ritmica. Violino e pianoforte si rincorrono fra di loro con brillantezza di accenti, finché si distendono e si riposano all'ombra del tema principale, salutato con i pizzicati e i bicordi dello strumento ad arco.

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

La prima composizione mozartiana a venire pubblicata fu un brano per violino e pianoforte. Mozart si trovava a Parigi e aveva da poco compiuto gli otto anni, quando, tra il marzo e l'aprile del 1764, l'editore Bordet diede alle stampe quattro sue Sonate per strumento a tastiera con accompagnamento di violino. Un paio di anni dopo erano già divenute 16 le Sonate mozartiane pubblicate nel giro di soli due anni. Questo incredibile boom editoriale (proseguito poi anche negli anni seguenti: delle 33 Sonate completate da Mozart, solo l'ultima non fu pubblicata durante la sua breve vita) si spiega facilmente con il grande successo incontrato in quegli anni da questo genere di composizioni che coinvolgeva i due strumenti allora più in voga presso il sempre più vasto pubblico di dilettanti. Proprio la destinazione a questo tipo di fruitori faceva sì che il tono generale rimanesse sempre quello di un gradevole e leggero intrattenimento e che soprattutto l'abilità strumentale richiesta agli esecutori non andasse oltre le possibilità di volenterosi dilettanti. In particolare il ruolo del violino rimaneva assolutamente subordinato a quello dello strumento a tastiera, al punto da poter essere omesso del tutto senza troppi problemi, cosa che veniva reclamizzata già nei tranquillizzanti frontespizi: «Sonates qui peuvent se jouer avec l'accompagnement de violon», recita quello dell'opera 1 mozartiana.

Tuttavia, nonostante il successo editoriale incontrato dalle sue numerose Sonate, il rapporto di Mozart con il violino è più complesso di quanto non potrebbe sembrare a prima vista. Suo padre Leopold era violinista nell'orchestra di corte a Salisburgo e uno stimato insegnante, e proprio nell'anno della sua nascita, il 1756, aveva pubblicato un importante metodo per violino destinato ad imporsi come una delle principali opere didattiche del suo tempo. Era inevitabile che il piccolo Wolfgang prendesse subito confidenza con lo strumento paterno, imparando a suonarlo ancor prima di iniziare a studiarlo regolarmente.

Dopo una serie di exploit infantili, Wolfgang iniziò a studiare il violino sotto la severa e attenta guida del padre, prese ad esibirsi in pubblico anche come violinista e ben presto entrò a far parte dell'orchestra di corte a Salisburgo. Ma tra i dieci e i ventidue anni, proprio mentre sistematizzava lo studio dello strumento, dunque, non scrisse nemmeno una sonata, dedicando al violino solamente i suoi unici cinque Concerti, composti nel 1775. In compenso la sua abilità strumentale fece progressi straordinari, visto che il violinista napoletano Antonio Brunetti, Konzertmeister a Salisburgo dal 1776, si scandalizzò nel sentire Leopold affermare che Wolfgang suonava «passabilmente» («Cosa? Cazzo, ma se suonava tutto!») e che perfino il severo Leopold nell'ottobre del 1777 gli scrisse: «Non sai neppure tu come suoni bene il violino. Se soltanto volessi metterti di puntiglio per suonarlo con eleganza, con sentimento, con spirito, saresti certo il primo violinista d'Europa». Ma proprio le parole di Leopold dimostrano che a quel tempo Wolfgang aveva già cominciato ad allontanarsi dal violino; in effetti nel giro di qualche anno avrebbe iniziato a preferire la viola anche nelle occasioni in cui gli capitava di fare musica fra amici.

Tuttavia all'inizio del 1778, a Mannheim e poi a Parigi, Mozart compose ben 7 Sonate, di cui le prime sei furono pubblicate a Parigi nello stesso 1778. Naturalmente lo stile del Mozart ventiduenne è assai più maturo di quello del «possentissimo Wolfgangus» di dodici anni prima, e mostra in particolare i segni del recente incontro con i musicisti di Mannheim. Arrivando poi a Vienna nel marzo del 1781, Mozart, esattamente come a Parigi, si rivolse ancora una volta a questo genere tanto caro ai dilettanti per farsi conoscere dal grande pubblico. La sua prima opera pubblicata nella capitale fu infatti una raccolta di sei Sonate per strumento a tastiera e violino: la K. 296 scritta a Parigi, più la K. 378/317d, 379/373a, 376/374d, 377/374e, 380/374f. Pur non staccandosi definitivamente dalle caratteristiche costitutive del genere «sonata con accompagnamento», questi brani - attribuendo maggiore importanza al ruolo del violino, che da accessorio marginale del pianoforte si va gradualmente trasformando in secondo protagonista dell'azione musicale - spingono ancora più avanti il cammino già intrapreso nelle sei Sonate parigine e insieme a quelle si pongono al di sopra di tutta la produzione contemporanea del genere. Se ne ha subito un esempio nell'Allegro moderato che apre la Sonata in si bemolle maggiore K. 378/317d: un movimento ampio e complesso, caratterizzato da una notevole ricchezza di idee tematiche che offre lo spunto a un intenso dialogo tra i due strumenti.

La novità di queste Sonate non sfuggì nemmeno ai contemporanei, visto che sul «Cramers Magazin der Musik» del 4 aprile 1783 furono recensite con queste parole: «Queste Sonate sono uniche nel loro genere, ricche di nuove idee e di impronte del grande genio musicale del loro autore. [...] L'accompagnamento del violino è così artisticamente combinato con la parte pianistica, che i due strumenti appaiono trattati con pari attenzione. Queste Sonate richiedono pertanto un violinista e un pianista di eguale valore». Ma dopo un'opera così innovativa, Mozart abbandonò quasi completamente questo genere di composizioni: nell'ultimo decennio della sua vita, infatti, scrisse solo quattro Sonate, dedicandosi intensamente ad altri generi particolarmente graditi al pubblico viennese: soprattutto il concerto per pianoforte e l'opera.

Come mai il giovane e dotatissimo Mozart non volle mai mettersi «di puntiglio» per diventare «il primo violinista d'Europa», ma anzi finì per abbandonare il violino? E vero che era un eccellente pianista e che il genere del concerto per pianoforte stava incontrando un favore straordinario presso il pubblico del tempo, ma forse non è del tutto avventato mettere in relazione il suo distacco dal violino - accentuatosi fortemente dopo la separazione dal padre e il trasferimento a Vienna nel 1781 - con il distacco da ciò che quello strumento rappresentava per lui. Si può ipotizzare, allora, una strana sorta di sineddoche avvenuta nel suo inconscio, in cui il violino (la parte), aveva finito per sovrapporsi e identificarsi con suo padre Leopold (il tutto): suonare il violino significava per lui suonare lo stesso strumento di Leopold, essere come lui, vivere la sua stessa vita. Probabilmente l'ultima cosa al mondo che Wolfgang desiderava per sé.

Carlo Cavalletti


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Accademica di via dei Greci, 17 marzo 1978
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 23 febbraio 1985


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Ultimo aggiornamento 23 aprile 2014