Sinfonia n. 36 in do maggiore "Sinfonia di Linz", K 425


Musica: Wolfgang Amadeus Mozart (1756 - 1791)
  1. Adagio. Allegro spiritoso (do maggiore)
  2. Poco Adagio (fa maggiore)
  3. Minuetto e trio (do maggiore)
  4. Presto (do maggiore)
Organico: 2 oboi, 2 fagotti, 2 corni, 2 trombe, timpani, archi
Composizione: Linz, 30 Ottobre - 3 Novembre 1783
Prima esecuzione: Linz, Hofheater, 4 Novembre 1783
Edizione: Andrè, Offenbach 1783
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

In una lettera del 31 ottobre 1783 Mozart scriveva al padre: "Martedì 4 novembre darò un concerto in teatro, ma, non avendo portato con me nessuna Sinfonia, ne sto componendo una a gran velocità, perché devo terminarla per questa data". Il concerto era fissato nella città di Linz, dove egli si trovava di passaggio durante il viaggio che da Salisburgo lo avrebbe portato a Vienna. Per completare un programma di musiche già stilato mancava solo un pezzo d'apertura, sicché ci si rivolse a lui. Mozart lo scrisse frettolosamente, in poco meno d'una settimana, aggiungendo al suo catalogo una pagina bifronte, un'opera che, mentre si congeda dal sinfonismo della Haffner, si affaccia sul misterioso silenzio di tre anni in cui matura la stagione delle ultime quattro Sinfonie.

La Sinfonia di Linz K. 425 formula a pagine alterne il debito del suo autore nei confronti dell'arte di Joseph Haydn. Fuori dettaglio, lo spirito del collega suggestiona il concepimento di un'introduzione lenta all'Allegro iniziale, una strategia che, fra il 1780 e il 1782, Haydn aveva praticato in una dozzina di occasioni. Quello della Linz non è ancora il complesso ed esteso corpo che prelude la Sinfonia di Praga, ma ne è l'esplicito presupposto. Si tratta di un'idea che darà frutti anche sui biniari paralleli della musica da camera: si consideri l'introduzione alla Sonata in fa maggiore K. 497 per pianoforte a quattro mani (di rumorosa scrittura sinfonica) e quella del Quartetto in do maggiore K. 465. Nondimeno, la concezione haydniana e quella mozartiana differiscono nella sostanza. Se, infatti, per il primo l'accumulo della tensione sortisce dal sottile incunearsi di stralci melodici che acquisteranno piena voce solo nell'Allegro, nel salisburghese la porta per trattenere l'esondazione del materiale tematico è chiusa dal giro di chiave dell'armonia, dal progressivo intricarsi della dimensione verticale della musica. Nella Linz il digradare del basso è la guida meno ovvia per un rapido disorientameto della percezione auditiva.

Con ciò, l'introduzione di Mozart (Adagio) avanza promesse d'una temperie emotiva che nel seguito dell'opera saranno con puntualità mantenute. Gli unisoni che inaugurano la pagina paiono l'obbligata concessione a un'opera che, come si è detto, era d'apertura ad un'accademia musicale. Le trombe e i timpani ne rappresentano il giusto corredo. Ma l'altro volto è quello del ripiegamento su sonorità intime quali sono preannunciate dal delicato motivo lanciato dai fagotti e dall'oboe. In conclusione, è fra questi due poli, l'appariscente e il preziosismo fuggevole, che la Linz divarica le sue maniere.

Il gesto monumentale è ribadito poco dopo nell'Allegro, dove il tema principe, affidato inizialmente al quartetto degli archi su una sonorità tenue, è replicato dal clangore della piena orchestra: si tratta di un'esplosione che poi giustifica il seguente passo marziale sui bassi passeggiati di viole e violoncelli, nonché l'episodio di musica turca in minore che fonda il secondo tema. Ma l'elemento tematico decisivo della Sinfonia in do maggiore si leva nelle misure conclusive dell'esposizione, sulle corde dei violini primi. Sembra un effimero tessuto connettivo, materiale anodino, ed invece nello sviluppo acquista un ruolo prioritario, degno d'un ancor più vasto credito al termine della ripresa, in corrispondenza della nobile coda.

Il secondo movimento, Poco adagio, in fa maggiore, mantiene curiosamente i timpani, ma fa anche un uso dei fiati assolutamente estraneo alla prassi del puro rivestimento coloristico, consentendogli invece di interagire con gli archi. È specialmente l'episodio centrale che avanza i momenti di maggiore bellezza. In realtà, si tratta di una sezione di sviluppo, ma sono le scale ascendenti seguite da un doppio salto d'ottava che fendono drammaticamente la pagina.

Il Minuetto si muove ancora al passo di Haydn, tradito da un andamento rustico e pesante, scandito ritmicamente dal battito cadenzato delle percussioni. Col Trio l'atmosfera cambia, in grazia di un decisivo alleggerimento.

Il Presto finale possiede un primo tema di piglio operistico, drammatizzato di nuovo dalla contrapposizione del quartetto degli archi con l'orchestra nella sua interezza. Talvolta l'invenzione indugia in passi di routine, ma, l'affiorare del secondo terna segna l'episodio più originale dell'intera Sinfonia: nella tonalità della dominante si leva un disegno di tre crome che ripiega puntualmente su se stesso. Si tratta di lievi singulti che, come ha acutamente osservato. Giovanni Carli Ballola, spingono infine la Linz molte miglia lontano dal pur ammiratissimo modello di Haydn.

Alessandro Macchia

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Questa Sinfonia deve il titolo alla città austriaca dove Mozart, che vi si trovava di passaggio, la compose in gran fretta, su richiesta del vecchio amico e protettore conte Thun, per eseguirla il 4 ottobre 1783. Certe caratteristiche esterne potrebbero tradire l'origine occasionale del lavoro: l'impianto in do maggiore e la presenza di trombe e timpani (perfino nel tempo lento, di solito riservato agli archi) erano infatti tipici delle musiche festose e celebrative. In realtà Mozart, sull'esempio di Haydn, per la prima volta premise all'Allegro iniziale un'imponente introduzione lenta; sempre schemi haydniani condusse il Poco adagio, sperimentandovi però un contenuto pathos armonico, e anche i due movimenti ultimi, a loro volta di carattere haydniano e in certo senso più convenzionali, portano tuttavia il segno di una scrittura sinfonica complessa e ormai superbamente sicura di sé.

Guida all'ascolto 3 (nota 3)

Negli ultimi dieci anni di vita, trascorsi a Vienna, Mozart ebbe occasione di scrivere sei sinfonie (K. 385, 425, 504, 543, 550, 551); un numero decisamente scarso rispetto alla intensa produzione sinfonica degli anni salisburghesi. Le sei sinfonie composte a Vienna si configurano come opere isolate e dalle dimensioni più ampie, espressioni meditate della matura individualità dell'autore. E' opinione corrente della critica che l'influenza di Haydn sia stata determinante nei nuovi orientamenti del compositore; Mozart comunque tardò ad affrancarsi dalla maniera salisburghese; ancora la prima sinfonia viennese, K. 385 detta "Haffner", è in realtà un adattamento di una Serenata commissionata da una eminente famiglia della città natale.

Il vero distacco dalle esperienze salisburghesi verso il modello haydniano avviene, alla fine del 1783, con la Sinfonia K. 425, composta in quattro giorni a Linz, dove Mozart si era fermato tornando a Vienna da un viaggio a Salisburgo. "Martedì 4 novembre darò qui un concerto, al teatro, e non avendo con me neppure una delle mie sinfonie ne scrivo a precipizio una nuova, che deve essere eseguita" scrisse al padre il 31 ottobre 1783. Tutte le principali scelte stilistiche della partitura rimandano a Haydn, nella brillante strumentazione (un organico corposo: coppie di oboi, fagotti, corni, clarinetti, oltre ai timpani e agli archi) come nell'impostazione strutturale; ma i frequenti cromatismi e i chiaroscuri espressivi mostrano palesemente la mano dell'autore.

Per la prima volta nel sinfonismo mozartiano un Adagio introduce il primo movimento, sull'esempio di Haydn; ma il gioco delle voci interne e delle armonie cangianti è del tutto mozartiano. Segue, senza soluzione di continuità, un Allegro spiritoso festoso ed estroverso; al tema iniziale, sussurrato e ripreso con trasformazioni, fanno riscontro incisivi motivi di marcia; si impone comunque il carattere "sinfonico" della scrittura, ossia il continuo intreccio fra i diversi gruppi strumentali, il carattere plastico del fraseggio. E' il tema iniziale a porsi alla base dello sviluppo, che si segnala per i lunghi e arditi giri armonici, per l'uso espressivo dell'armonia. Dopo la ripresa, è una coda breve ed energica a chiudere il movimento. Il secondo tempo è una siciliana (danza assai frequente negli Adagi di Haydn) dal tema ingenuo, impreziosita dalle malinconiche sezioni in minore, in cui Mozart fa uso del completo organico strumentale. Dopo un Minuetto dal carattere popolare, con un Trio in forma di Ländler, troviamo il Presto conclusivo. Mozart si avvale di tutte le tecniche in suo possesso per donare varietà al movimento: improvvisi contrasti dinamici, una lunga sezione dal carattere contrappuntistico, una sorta di moto perpetuo da opera buffa, i consueti giri armonici dello sviluppo, che prende l'avvio da un frammento secondario. In definitiva una pagina di trascinante vitalità, che chiude con coerenza la composizione e mostra la raggiunta maturità e indipendenza dell'autore nel genere sinfonico.

Arrigo Quattrocchi

Guida all'ascolto 4 (nota 4)

In viaggio da Salisburgo a Vienna, Wolfgang Amadeus Mozart e sua moglie Constanze sono ospiti a Linz del conte Joseph Anton Thun, il quale organizza un concerto per omaggiare l'amico musicista. «Martedì 4 novembre darò un concerto in teatro, ma, non avendo portato con me nessuna Sinfonia, ne sto componendo una a gran velocità, perché devo terminarla per questa data»: così Mozart scrive al padre il 31 ottobre 1783. Sono queste le origini della Sinfonia K 425 in do maggiore "Linz", per la quale Mozart utilizzò un corposo organico orchestrale: oboi, clarinetti, fagotti, corni, trombe, timpani e archi.

Il primo movimento 13 si apre, per la prima volta nella produzione sinfonica di Mozart, con un'introduzione lenta; l'Adagio in la minore, di ispirazione haydniana, prende le mosse da solenni unisoni a tutta orchestra seguiti da un sinuoso e quasi misterioso motivo che prima passa dai fagotti agli oboi, poi appare ai bassi per approdare infine ai violini che lo conducono a una cadenza sospesa. L'Allegro spiritoso, nella solare tonalità di do maggiore, ha un primo tema che viene presentato dagli archi per poi "esplodere" gioiosamente in tutta l'orchestra. Il secondo tema, in mi minore, è un evidente omaggio alla "musica turca", mentre il finale dell'esposizione ha il carattere fresco e trascinante dell'opera buffa italiana. Lo sviluppo è basato su un motivo ascendente che si era udito alla fine dell'esposizione; dopo la ripresa regolare, col secondo tema in la minore, la sinfonia si conclude con una breve ed energica coda.

Il secondo movimento. Poco adagio, in 6/8 si apre con delicato e cullante tema esposto dagli archi in fa maggiore. Una modulazione a do maggiore conduce al secondo tema, caratterizzato dalle note ribattute di corni e timpani, curiosamente presenti anche nel movimento lento. Un breve episodio in do minore sembra oscurare la serenità della pagina, ma è solo un attimo che subito svanisce nella cadenza che conclude l'esposizione. La sezione di sviluppo viene giocata da Mozart sulle note ribattute dei corni e su enigmatiche scalette ascendenti dei violini. La ripresa dei due temi principali conclude il movimento.

Il Minuetto ha un andamento piuttosto rustico, cadenzato dalle note ribattute dei corni e dal marziale ritmo dei timpani. Nel Trio invece si respira un'aria più salottiera e galante, a partire dal sinuoso tema principale esposto da oboe e violini e delicatamente punteggiato dai bassi.

Il Presto finale ci trascina nel pieno vortice della musica operistica: il primo tema, ancora una volta esposto dagli archi e poi ripreso da tutta l'orchestra (come nell'Allegro spiritoso), ha una vitalità trascinante tipica proprio delle opere italiane del salisburghese. Il secondo tema, formato da tre crome precedute da una pausa, è originale e ricco di spunti contrappuntistici. Lo sviluppo si basa su un frammento motivico (una sorta di arpeggio tonale ben scandito ritmicamente) che avevamo udito fra il primo ed il secondo tema. Regolare la ripresa, seguita da una trascinante coda finale.

Alessandro De Bei


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 14 Maggio 2005
(2) Testo tratto dal Repertorio di musica sinfonica a cura di Piero Santi, Giunti Gruppo Editoriale, Firenze, 2001
(3) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 24 ottobre 1991
(4) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 305 della rivista Amadeus


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Ultimo aggiornamento 20 gennaio 2017