Sinfonia n. 35 in re maggiore "Haffner", K 385


Musica: Wolfgang Amadeus Mozart (1756 - 1791)
  1. Allegro con spirito (re maggiore)
  2. Andante (sol maggiore)
  3. Minuetto e trio (re maggiore)
  4. Presto (re maggiore)
Organico: 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni, 2 trombe, timpani, archi
Composizione: Vienna, 27 Luglio - 3 Agosto 1782
Prima esecuzione: Vienna, Burgtheater, 23 Marzo 1783
Edizione: Artaria, Vienna 1785
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Il titolo aggiunto a questa sinfonia deriva dalle circostanze che ne videro la nascita. Nell'estate del 1782 Mozart, impegnato con l'allestimento dell'Entführung aus dem Serail (II ratto dal serraglio), fu interpellato da Salisburgo per la composizione di una serenata. La commissione, o meglio l'invito, arrivava da Sigmund Haffner, un ricco commerciante, che in passato, quando ricopriva l'incarico di borgomastro della città, aveva già commissionato a Mozart una serenata (la K. 250) in occasione delle nozze della figlia. I rapporti cordiali fra le due famiglie indussero il compositore, nonostante i suoi impegni, a scrivere questa nuova serenata: fu costretto peraltro a lavorare anche di notte e a spedire uno alla volta i pezzi a suo padre immediatamente dopo averli completati. In seguito Mozart si fece rimandare la serenata a Vienna per eseguirla come sinfonia; per questo scopo eliminò dalla partitura una marcia (poi catalogata come K. 385a) e uno dei due minuetti (in seguito andato perduto). In questa nuova forma questa composizione è stata ed è tuttora una delle sinfonie mozartiane più popolari.

Sarebbe difficile immaginare un inizio più imperioso di quello del primo movimento (Allegro): i salti di una o due ottave e l'energico ritmo puntato del tema principale non tradiscono certo l'originaria destinazione a serenata della partitura. Si è detto degli influssi di Haydn sul sinfonismo mozartiano; in questa sinfonia, il più evidente è la costruzione monotematica del primo movimento: il tema principale lo percorre infatti da capo a fondo, dominandolo con la sua forte presenza; i contrasti sono solo quelli determinati dalle diverse aree tonali e dai procedimenti di variazione. Va notato che già dalla prima riapparizione il tema dà origine a un canone, cui segue una transizione basata su ripide figurazioni scalari, che conduce verso la tonalità della dominante.

Una volta raggiunta la dominante, il materiale tematico non è altro che una serie di variazioni del tema principale; la prima vede il tema affidato ai violini primi e accompagnato da un perpetuum di crome di fagotti, violoncelli e contrabbassi; nella seconda, il cui inizio è marcato da un forte improvviso, sono gli archi gravi e i fagotti a presentare il tema, con un brillante controtema dei violini; il tema passa alle viole nella terza variazione, contrappuntato da primi e secondi violini in imitazione tra loro; infine, nella quarta variazione, del tema principale rimane soltanto il ritmo, marcato dal forte dell'intera orchestra. Solo verso la fine dell'esposizione si ode l'unico vero motivo contrastante, affidato a fagotti, corni, viole, celli e bassi; ma l'episodio conclusivo è ancora basato sui grandi salti del tema principale. Questo autentico tour de force compositivo prosegue nel pur breve sviluppo, costruito su tre elaborazioni in canone del tema principale. La ripresa è simmetrica all'esposizione, con l'aggiunta di un brevissimo prolungamento cadenzale di fastosa sonorità.

Il secondo movimento (Andante) è, secondo tradizione, una sorta di oasi lirica, in questo caso arricchita di un che dì sbarazzino: il tema di apertura dei violini primi è infatti accompagnato da una pulsazione di semicrome in arpeggio dei violini secondi, che sembra anticipare lo scherzoso atteggiamento di Haydn nella sinfonia detta appunto L'orologio o di Beethoven nell'Allegretto scherzando della Sinfonia n. 8. Nella transizione verso il secondo tema la pulsazione arpeggiata passa ai fagotti; poco prima che il vero e proprio secondo tema entri, sono i violini primi a impadronirsi di questo continuum, ritmico, la cui fissità è qui acuita dall'essere ribattuto su di un'unica nota, che fa da sfondo al divertente spunto tematico di violini secondi e viole, cui risponde un frammento più lirico, segnato da un forte improvviso, affidato ai violini primi. La semplicità formale di questo brano, conforme all'originaria destinazione di serenata, è confermata dall'assenza di un vero e proprio sviluppo, sostituito da una zona di raccordo verso la ripresa, caratterizzata inizialmente dall'arpeggio di violoncelli e contrabbassi e dall'andamento sincopato degli altri archi e poi, poco prima della ripresa, da civettuoli trilli dei violini primi in contrattempo.

La ripresa non presenta varianti rispetto all'esposizione, se non quelle dovute alla riconduzione alla tonalità d'impianto del secondo gruppo tematico.

Molto semplificata, rispetto alle sinfonie successive, anche la struttura del Menuetto, dal tematismo di sapore popolareggiante: la prima frase contrappone una figurazione arpeggiata ascendente in forte a una scalare discendente in piano, con un effetto dinamico quasi tardo barocco. La frase contrastante è dominata dagli ampi sbalzi melodici dei violini primi, seguiti da un ripiegamento che conduce alla ripresa della prima frase.

Nel Trio lo strumentale è alleggerito, secondo tradizione — sono ovviamente gli strumenti più fastosi, trombe e timpani, a tacere — e i toni si mantengono sommessi, cosicché la ripresa del Menuetto sembra ancora più sonora di quanto non fosse l'inizio.

L'ultimo movimento (Presto) si rifà chiaramente allo spirito della serenata, come evidenziano le dimensioni relativamente ridotte del brano, la semplicità della sua struttura e il carattere giocoso e brillante. L'atmosfera richiama quella dei momenti più spumeggianti dell'Entführung: il tema iniziale, esposto dagli archi all'unisono, è addirittura derivato da quello della celebre aria di Osmin «Ha, wie will ich triumphieren». Il successivo, rapido disegno in crome dei violini anticipa il motivo che, annunciato da un forte improvviso, informa di sé tutta la sezione successiva, accompagnato da squilli di fanfara dei fiati, e conduce verso il secondo tema di spensierata cantabilità. L'episodio che conclude l'esposizione è aperto ancora dal motivo in crome di mentre la chiusa è affidata a un arpeggio discendente all'unisono su un ritmo sincopato.

La già accennata semplicità formale del brano è particolarmente evidente nello sviluppo. Niente elaborazioni contrappuntistiche o complesse derivazioni motivico-tematiche: dopo una breve frase di collegamento, riappare infatti il primo tema, nella tonalità originale, che da il via a una sostanziale ripresentazione del materiale dell'esposizione, con l'unica variante del secondo tema al relativo minore, che dà al brano l'unica sfumatura malinconica. È ancora il vorticoso disegno in crome già apparso più volte a fungere da raccordo con la ripresa, simmetrica all'esposizione.

Il brano è chiuso da un'ampia coda, che rielabora gli elementi del primo gruppo tematico in un brillante crescendo.

Paolo Rossini

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Dopo aver composto circa quaranta Sinfonie fra il 1764 e il 1780, negli ultimi dieci anni della sua vita Mozart ebbe un rapporto estremamente saltuario con questo genere musicale. Stabilitosi definitivamente a Vienna nel 1781, per imporsi al pubblico della capitale dovette concentrarsi soprattutto sulle forme allora più in voga, il concerto per pianoforte e l'opera, e dedicare le sue residue energie a brani cameristici e vocali di facile vendibilità presso gli editori. Del resto per le sue molte accademie del periodo 1782-1786 non aveva necessità di scrivere nuove Sinfonie, visto che poteva ricorrere tranquillamente a quelle scritte negli anni precedenti, apportando all'occorrenza piccoli cambiamenti nell'orchestrazione e aggiungendo eventualmente un minuetto a quelle in tre soli movimenti per andare incontro alle abitudini del pubblico viennese.

Così, in quell'ultimo decennio, videro la luce solo sei lavori nel genere sinfonico - uno nel 1782 (K. 385 "Haffner"), uno nel 1783 (K. 425 "Linz"), uno nel 1786 (K. 504 "Praga") e tre nel 1788 (K. 543, K. 550, K. 551) - ma ciascuno di essi costituisce senz'altro un capolavoro.

Il primo lavoro di questa straordinaria serie, la scintillante ed euforica Sinfonia in re maggiore "Haffner" K. 385, nacque in realtà come arrangiamento di un lavoro precedente, ma non di una Sinfonia, bensì di una Serenata. Nel luglio del 1782, infatti, mentre era alle prese con le prove della Entführung aus dem Serail (che sarebbe andata in scena il 16 di quello stesso mese al Nationaltheater di Vienna), con i duri contrasti epistolari con suo padre Leopold a proposito dei suoi progetti nuziali e, nonostante quelli, con i preparativi per il suo matrimonio con Konstanze Weber (celebrato poi il 4 agosto nel duomo di Santo Stefano a Vienna), aveva ricevuto dal padre l'invito di comporre al più presto una Serenata per conto di Sigmund Haffner, figlio del defunto borgomastro di Salisburgo che sei anni prima gli aveva già commissionato la celebre Serenata K. 250/248b.

La nuova Serenata per la famiglia Haffner nacque dunque in grandissima fretta, in un periodo di attività febbrile, senza che Mozart potesse dedicarle una particolare attenzione; lo dimostra anche il fatto che quando pochi mesi dopo, nel febbraio del 1783, ebbe bisogno di una nuova Sinfonia per un accademia da tenersi a Vienna in marzo e si fece spedire dal padre la partitura della Serenata per poterla «rimodernare» trasformandola in una Sinfonia, scrisse con meraviglia: «La mia nuova sinfonia Haffner mi ha positivamente sorpreso, dato che non me ne ricordavo nemmeno una nota».

Gli interventi apportati da Mozart al brano composto per Salisburgo furono molto semplici: sopprimere due degli originari sei movimenti che costituivano la Serenata (la Marcia iniziale e il secondo Minuetto), aggiungere flauti e clarinetti nei movimenti estremi e altri piccoli ritocchi all'orchestrazione.

La Sinfonia K. 385 deve probabilmente il suo brio spensierato e il suo smagliante colore orchestrale con trombe e timpani proprio al fatto di essere stata concepita inizialmente come Serenata, genere leggero e di intrattenimento, brillante e disimpegnato per antonomasia. Ma in realtà proprio la maturità espressiva e la sapienza di scrittura raggiunte in questo lavoro (tutti i movimenti, tranne il Menuetto, come è ovvio, guardano al modello della forma sonata), nato con pochissime modifiche dalla costola di una Serenata, la dice lunga sulla straordinaria evoluzione compiutasi nello stile compositivo di Mozart.

L'Allegro con spirito si impone fin dal perentorio e trascinante salto d'ottava iniziale, da cui trae vita l'intero movimento, come una pagina solare e dai colori sfavillanti, ricca di energia e buonumore. Dopo un Andante delicato e poetico e un breve e vigoroso Menuetto, si giunge al finale (Presto), un movimento di irresistibile vivacità ritmica e coloristica, costruito fondendo la forma sonata con quella di rondò e basato su contìnui contrasti tra forte e piano, il cui tema d'apertura cita quasi letteralmente l'aria di Osmin nel terzo atto della coeva Entführung, «Ha! Wie will ich triumphieren».

Carlo Cavalietti

Guida all'ascolto 3 (nota 3)

Giunto a Vienna nel maggio 1782, dopo la brusca rottura con l'arcivescovo di Salisburgo, Mozart è subito all'opera: organizza concerti all'Augarten Saal, indice accademie, compone, e dà lezioni private.

Col tono di un indaffarato «business man» risponde al padre-impresario che «il tempo di scrivere una nuova sinfonia per la famiglia Haffner non sa proprio dove trovarlo» (20 luglio 1782): deve consegnare in tutta fretta la trascrizione per strumenti a fiato del recentissimo «Ratto» e comporre la «Serenata in do minore» K. 388. Ma siccome la parte del «poseur» non si addice a Wolfgang e l'affetto che nutre per Leopold è troppo grande, nella stessa lettera, con disarmata arrendevolezza, conclude: «l'unica soluzione è che ci lavori di notte, ma per Voi, amato padre, è un sacrificio che faccio volentieri ».

Per il matrimonio di Elise Haffner, figlia del mercante e borgomastro di Salisburgo, Sigmund, Mozart aveva composto qualche anno prima (1776) la marcia K. 249 e la «Serenata in re maggiore» K. 250. La sinfonia che ora gli viene commissionata avrebbe dovuto allietare i festeggiamenti di Haffner padre, in occasione del conferimento di un titolo nobiliare. La composizione non procede questa volta con l'usuale frenetico ritmo, che la frenesia è rivolta altrove, a un sentimento che Mozart ben conosce, l'amore: «il mio cuore è inquieto e la testa confusa» annota nella lettera del 27 luglio, e, in una sorta di «captatio benevolentiae», quasi per riparare alla scelta, biasimatissima, delle futura moglie (sposerà Costanza di Iì a pochi giorni), annuncia al severo genitore: «la sinfonia è in re maggiore, nella tua tonalità preferita».

Il 7 agosto l'opera dedicata al gentiluomo salisburghese è ultimata, ma la forma è quella della serenata: Marcia, allegro con spirito, andante, due minuetti e finale. In occasione di una ripresa all'Accademia viennese (febbraio e marzo 1783), Mozart omise la marcia (ora identificabile con la seconda delle 3 Marce K. 408), un minuetto (perduto) e, ampliando l'organico nel primo movimento e nell'ultimo di flauti e clarinetti, le dette quella struttura formale che giustifica appunto il nome di sinfonia.

Fra le pagine più celebri del repertorio classico, la «Haffner» esibisce i connotati di un puro e raffinato equilibrio compositivo, dispiegantesi attraverso un'omogenea e calibrata riduzione dei mezzi espressivi, similmente dunque alla «Quinta» di Schubert e alla «Sinfonia n. 8» di Beethoven, che con questa infatti dividono la sorte di un felicissimo triumvirato per brevità sintesi e concisione.

Il primo movimento («Allegro con spirito») posa tutto su un unico tema annunciato all'unisono dall'orchestra: svetta con energica baldanza coprendo l'intervallo di due ottave, per poi ripiegarsi su se stesso in aeree scalette e preziosi trilli.

Dopo l'«Andante» che lascia intravedere il carattere idillico dell'originaria serenata nell'intimo e sognante dialogo fra archi e fiati (oboi, fagotti, corni), il «Minuetto» e il conseguente «Trio» si appropriano di un gioioso e delicato «Lied» viennese.

Per il finale («Presto»), in forma di rondò, Mozart si raccomandava dovesse essere «eseguito il più veloce possibile»: un turbinare impaziente di vita che presenta non poche somiglianze con l'aria di Osmino «Ha wie will ich triumphiren» del contemporaneo «Ratto dal serraglio».

Fiamma Nicolodi


(1) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al numero 50 della rivista Amadeus, Gennaio 1994
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 8 Giugno 1997
(3) Testo tratto dal programma di sala del Concerto del Maggio Musicale Fiorentino,
Firenze, Teatro Comunale, 7 aprile 1977


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Ultimo aggiornamento 1 aprile 2019