Sinfonia n. 26 in mi bemolle maggiore, K1 184 (K6 161a)


Musica: Wolfgang Amadeus Mozart (1756 - 1791)
  1. Molto Presto (mi bemolle maggiore)
  2. Andante (do minore)
  3. Rondò. Allegro (mi bemolle maggiore)
Organico: 2 flauti, 2 oboi, 2 fagotti, 2 corni, 2 trombe, archi
Composizione: Salisburgo, 3 - 30 marzo 1773
Guida all'ascolto (nota 1)

La sinfonia in mi bemolle maggiore di Mozart (K. 184) fa parte di un gruppo di autografi sui quali qualche possessore ha raschiato, non si sa bene per quali ragioni, le date, in modo da rendere impossibile decifrare qualcosa oggi, dalle cancellature in questione. Però quasi tutti i critici sono d'accordo nell'attribuire loro la data del 1773. E lo stile di questa sinfonia, prova chiaramente che Mozart dovette comporla subito dopo il ritorno dall'Italia: senza poter escludere però, che essa sia stata composta a Milano nello ultime settimane del soggiorno italiano del musicista.

Ciò che fa pensare all'autenticità della data proposta è sopratutto il fatto che questa sinfonia (come le tre che seguono), più che una vera «sinfonia» nel significato che allora si cominciava a dare a questa parola, è un'ouverture da teatro all'italiana poiché si compone di tre brevi movimenti, senza ritornello; di più, i tre movimenti sono incatenati l'uno all'altro senza soluzione di continuità - proprio come nell'antica sinfonia d'opera - invece di essere tempi chiusi da una solida «cadenza» nel tono principale. Più ancora: Mozart qui segue l'abitudine italiana di dividere ogni tempo in due parti eguali, senza l'ombra di uno sviluppo fra le due parti. Si potrebbe quasi pensare che a Milano il giovane musicista avesse ricevuto la commissione di comporre i lavori in questione. E l'ipotesi è tanto più valida in quanto la Sinfonia in mi bemolle è la sola opera strumentale di quel tempo, la cui ispirazione drammatica e appassionata richiami quella delle Sonate e dei Quartetti composti quando Mozart attendeva alla sua opera italiana Lucio Siila.

L'Allegro iniziale ha un movimento di uno slancio giovanile e intenso, l'Andante, in do minore, mostra una scrittura dialogata così delicata e preziosa da farlo mettere fra i capolavori giovanili del Salisburghese; il Finale gaio e brioso è forse un po' troppo leggero, per reggere il confronto con i due movimenti precedenti, ma conclude brillantemente (proprio all'uso teatrale) questo lavoro.

Domenico De' Paoli


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 28 febbraio 1962


I testi riportati in questa pagina sono tratti, prevalentemente, da programmi di sala di concerti e sono di proprietà delle Istituzioni o degli Editori riportati in calce alle note.
Ogni successiva diffusione può essere fatta solo previa autorizzazione da richiedere direttamente agli aventi diritto.


Ultimo aggiornamento 17 dicembre 2011