Sinfonia n. 15 in sol maggiore, K 124


Musica: Wolfgang Amadeus Mozart (1756 - 1791)
  1. Allegro (sol maggiore)
  2. Andante (do maggiore)
  3. Minuetto (sol maggiore)
  4. Rondò. Presto (sol maggiore)
Organico: 2 oboi, 2 corni, archi
Composizione: Salisburgo, 2 - 21 febbraio 1772
Guida all'ascolto (nota 1)

Secondo le più recenti indagini musicologiche di Hans Hegel ed Erich Schenk, Mozart ha scritto 53 sinfonie complete in un arco di tempo di 24 anni che va dalla fine del 1764 all'agosto del 1788. Una produzione certamente inferiore a quella di Haydn che compose almeno 104 sinfonie in un periodo di circa quarant'anni, ma nettamente rilevante se si confronta, sotto il profilo numerico, con le nove sinfonie di Beethoven e con le quattro di Brahms. Il fatto è che originariamente la sinfonia non aveva qualla struttura strumentale dialetticamente articolata e complessa alla quale ci riferiamo oggi quando parliamo di questa forma orchestrale, ma era intesa come un brano da concerto destinato ad aprire o a chiudere un programma musicale, il cui pezzo forte era costituito dalla esibizione dei solisti, sia cantanti e sia virtuosi di un determinato strumento, specie il pianoforte. Era imperante, intorno alla prima metà del Settecento, l'influenza della cosiddetta sinfonia all'italiana o meglio dell'ouverture in stile italiano e secondo lo spirito dell'opera buffa che era articolata in tre tempi (Presto - Adagio - Presto) distinti fra di loro soltanto esteriormente ma che in sostanza era in un tempo solo. Si sa che Mozart, pur partendo dall'esempio italiano filtrato attraverso l'insegnamento prima di Johann Christian Bach e poi di Haydn, riuscì a modificare e a sviluppare la sinfonia a tal punto da cambiarle i connotati, nell'ambito di quel processo di trasformazione e di approfondimento del discorso strumentale che, secondo Alfred Einstein, passò dal decorativo all'espressivo, dal superficiale all'intimo, dalla pura esteriorità alla confessione spirituale. Basti pensare alla armonica compiutezza dei risultati raggiunti con le sinfonie di Linz (K. 425) e di Praga (K. 504) e con la famosa trilogia delle ultime sinfonie in mi bemolle, sol maggiore e do maggiore (K. 543, 550, 551).

I primi segni di distacco dallo stile sinfonico giovanile si avvertono in Mozart con le sinfonie salisburghesi composte tra il 1772 e il 1774, fra le quali è compresa la K. 124, scritta negli ultimi giorni di febbraio del 1772 e il cui manoscritto è conservato nella biblioteca di Berlino. È vero che in questi componimenti permangono influssi stilistici italiani, specie per l'insistenza ripetitiva di alcuni temi, secondo un gusto derivante dalla pratica teatrale, ma si avverte con evidenza uno studio più attento dello sviluppo strumentale inserito in un gioco contrappuntistico di maggiore elaborazione della forma sinfonica, nel rispetto di certe caratteristiche di linguaggio presenti nella scuola viennese. Sin dall'Allegro iniziale della Sinfonia K. 124 è possibile cogliere questa impostazione con i due temi brevi e ben distinti, seguiti da un ritornello sfociante in una brillante cadenza da concerto. Nel successivo sviluppo affiora una nuova idea con il dialogo in contrappunto tra i violini e la viola, che si riallaccia al primo soggetto. Ugualmente nella cadenza finale c'è un richiamo all'accordo all'unisono con cui si era aperta la sinfonia. Anche l'Andante è costruito su due temi e un lungo ritornello, al quale si aggiunge uno sviluppo molto rapido e sommario. I violini hanno un ruolo predominante, ma il secondo tema viene esposto dagli oboi e dai corni con una chiara caratterizzazione armonica molto italiana. Ritmicamente vivace, specie nella seconda parte, si presenta il Minuetto basato sulla contrapposizione tra archi e fiati. Il Trio pone in evidenza le sonorità dei violini, ma non è tra le pagine più significative dell'intera composizione. Il Presto finale è un rondò di spigliata e spumeggiante leggerezza nel gioco delle imitazioni, nel quale sembra riflettersi il concetto shakespeariano dell'arte espresso nell'Amleto, secondo cui il suono penetra meglio nell'angolo più nascosto dell'animo umano quanto più si avvale di una delicata morbidezza (smoothness) di tono e di accento musicale.


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 23 gennaio 1987


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Ultimo aggiornamento 12 settembre 2012