Il Re Pastore, K 208

Serenata in due atti

Musica: Wolfgang Amadeus Mozart (1756 - 1791)
Libretto: Pietro Metastasio

Ruoli:
Organico: 2 flauti, 2 oboi, 2 corni inglesi, 2 fagotti, 4 corni, 2 trombe, archi
Per i recitativi: clavicembalo e violoncello
Composizione: Salisburgo, Marzo - Aprile 1775
Prima rappresentazione: Salisburgo, Rittersaal del Residenz-Theater, 23 Aprile 1775
Sinossi

Atto primo. Alessandro ha appena espugnato Sidone, ucciso il tiranno Stratone e ora intende rimettere sul trono il legittimo erede, cresciuto da un pastore e ignaro dei suoi nobili natali. Infatti Aminta vive felice e soddisfatto della sua condizione, con l'unico sogno di sposare Elisa, anch'essa di sangue nobile, ma ben disposta a rinunciare ai suoi privilegi pur di essere amata dal pastore. Alessandro e il suo confidente Agenore si recano alla capanna di Aminta per appurarne la sua identità e verificare la purezza del suo cuore. Agenore ama Tamiri, figlia del tiranno ucciso ed è a sua volta riamato dalla giovane principessa. Tamiri, si nasconde presso Elisa e non osa costituirsi ad Alessandro. Agenore rivela ad Aminta la sua vera identità, il pastore è sconcertato da questa notizia inattesa, Elisa lo sprona a presentarsi ad Alessandro affinché lo incoroni quale legittimo re di Sidone.

Atto secondo. Il secondo atto si apre con Elisa che vorrebbe rivedere Aminta, ma ne è impedita da Agenore, anche il giovane ha lo stesso desiderio, ma Alessandro ricordandogli i suoi futuri doveri, lo trattiene e cerca di convincerlo in ogni modo sulle sue doti di grande nobiltà. Agenore si reca da Alessandro a perorare la causa di Tamiri e il re manifesta la sua intenzione di destinarla in moglie ad Aminta affinché la città di Sidone sia finalmente del tutto riappacificata. Questa notizia provoca nell'amico del re una profonda disperazione. Aminta, invece, è convinto di sposare Elisa, quest'ultima è preoccupata sulle voci riguardanti il matrimonio del suo amato pastorello e ne chiede conferma ad Agenore, Tamiri è scontenta. Il giorno all'incoronazione , nel tempio dedicato ad Ercole, giungono prima Tamiri e poi Elisa entrambe confessano ad Alessandro i loro veri sentimenti. Da ultimo si presenta Aminta, vestito dei suoi panni di pastore, confessa di preferire la sua precedente vita che gli permetterebbe di sposare Elisa. Alessandro ricompone le due coppie e promette un nuovo regno per Tamiri ed Agenore.

Struttura musicale

  1. Ouverture - Molto Allegro (do maggiore) - 2 oboi, 2 corni, 2 trombe, archi
Atto I:
Scena I:
  1. Intendo, amico rio - Aria (Aminta) - Andantino (do maggiore) - 2 flauti, 2 corni, archi
Bella Elisa, idol mio - Recitativo (Aminta, Elisa)
  1. Alla selva, al prato - Aria (Elisa) - Allegro (sol maggiore) - 2 oboi, 2 corni, archi
Scena II:
Perdono, amici Dei - Recitativo (Aminta, Agenore, Alessandro)
Campagne amene - Recitativo (Aminta) - Andante (fa maggiore) - archi
  1. Aer tranquillo e di sereni - Aria (Aminta) - Allegro aperto (si bemolle maggiore). Grazioso - 2 oboi, 2 corni, archi
Scena III:
O che dici, Alessandro? - Recitativo (Agenore, Alessandro)
  1. Si spande al sole - Aria (Alessandro) - Allegro (re maggiore) - 2 oboi, 2 corni, 2 trombe, archi
Scena IV:
Agenore? T'arresta, odi... - Recitativo (Tamiri, Agenore)
  1. Per me rispondete - Aria (Agenore) - Grazioso (sol maggiore) - archi
Scena V:
No, voi non siete, o Dei - Recitativo (Tamiri)
  1. Di tante sue procelle - Aria (Tamiri) - Allegro aperto (mi bemolle maggiore) - 2 oboi, 2 corni, archi
Scena VI:
Oh lieto giorno! - Recitativo (Elisa, Aminta, Agenore)
Scena VII:
Dal piu fedel vassallo - Recitativo (Agenore, Elisa, Aminta)
Scena VIII:
Elisa? Aminta? È sogno? - Recitativo (Aminta, Elisa)
Che! m'affretti a lasciarti? - Recitativo (Aminta, Elisa) - Andante. Allegro - archi
  1. Vanne, vanne a regnar - Duetto (Elisa, Aminta) - Andante (la maggiore). Allegro - 2 oboi, 2 corni, archi
Atto II:
Scena I:
Questo del campo greco - Recitativo (Elisa, Agenore)
  1. Barbaro, oh Dio! - Aria (Elisa) - Andante (si bemolle maggiore). Allegro - 2 oboi, 2 corni, archi
Scena II:
Nel gran cor d'Alessandro - Recitativo (Agenore, Aminta)
Scena III:
Per qual ragione - Recitativo (Alessandro, Aminta)
Scena IV:
O per la mia Tamari - Recitativo (Agenore, Alessandro)
  1. Se vincendo vi rendo felici - Aria (Alessandro) - Allegro moderato (fa maggiore) - 2 flauti, 2 oboi, 2 corni
Scena V:
Oimè! declina il sol - Recitativo (Aminta)
Scena VI:
E irresoluto ancora ti ritrovo - Recitativo (Agenore, Aminta)
  1. L'amerò, sarò costante - Aria. Rondò (Aminta) - Andantino (mi bemolle maggiore) - violino solo, 2 flauti, 2 corni inglesi, 2 fagotti, 2 corni, archi
Scena VII:
Uscite, al fine, uscite - Recitativo (Agenore)
Scena VIII:
Ma senti, Agenore - Recitativo (Elisa, Agenore)
Scena IX:
Povera Ninfa! - Recitativo (Agenore, Tamiri)
  1. Se tu di me fai dono - Aria (Tamiri) - Andantino grazioso (la maggiore) - archi
Scena X:
Misero cor! - Recitativo (Agenore)
  1. Sol può dir, come si trova - Aria (Agenore) - Allegro (do minore) - 2 oboi, 2 fagotti, 4 corni, archi
Scena XI:
  1. Voi che fausti ognor donate - Aria (Alessandro) - Allegro (do maggiore) - 2 oboi, 2 corni, 2 trombe, archi
Olà, che piu si tarda? - Recitativo (Alessandro, Tamiti, Agenore)
Scena XII:
Ah giustizia, Signor - Recitativo (Elisa, Alessandro)
Scena XIII:
Signore, io sono Aminta - Recitativo (Aminta, Alessandro, Agenore, Elisa)
  1. Viva! Viva l'invitto duce! - Finale. Quintetto (Elisa, Tamiri, Aminta, Agenore, Alessandro) - Molto Allegro (re maggiore) - 2 oboi, 2 corni, archi

Arie di rilievo

n.   1:   «Intendo, amico rio» (Aminta)
n.   4:   «Si spande al sole in faccia» (Alessandro)
n.   7:   «Vanne a regnar, ben mio» (Elisa, Aminta)
n.   8:   «Barbaro, oh Dio! mi vedi» (Elisa)
n. 10:   «L'amerò, sarò costante» (Aminta)
n. 12:   «Si può dir, come si trova» (Agenore)
n. 13;   «Voi che fausti ognor donate» (Alessandro)
n. 14:   «Viva! L'invitto duce!» (quintetto)

Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Nel XVIII secolo la visita di un componente di una famiglia reale presso un'altra corte era l'occasione di numerosi festeggiamenti, all'interno dei quali la musica aveva spesso un ruolo di primo piano. Quando fu annunciato il passaggio a Salisburgo dell'arciduca Massimiliano, ultimogenito dell'imperatrice Maria Teresa, l'arcivescovo Colloredo incaricò il Kapellmeister Domenico Fischietti e il giovane Mozart, allora secondo Konzertmeister, di preparare gli intrattenimenti musicali. I compositori misero in musica due testi di Metastasio, sia pure di epoche diverse: il 22 aprile l'illustre ospite poté ascoltare Gli orti esperidi, una serenata per cinque voci di Fischietti su un libretto del 1721, e il giorno seguente Il re pastore di Mozart; probabilmente le due composizioni furono presentate senza allestimento scenico (a ciò allude la definizione «serenata» che compare nel diario del consigliere municipale di Salisburgo, Scheidenhofen, ripresa dallo stesso Mozart in una lettera al padre) e vennero interpretate dai medesimi cantanti, ma non si conosce il cast per intero. Per l'occasione giunsero da Monaco il castrato Tommaso Consoli, cui fu affidato il ruolo di Aminta, e il flautista Johann Baptist Becke, che suonò alcuni brani molto brillanti nelle arie; gli altri interpreti erano quasi sicuramente membri della cappella di corte di Salisburgo. Non si sa con certezza se fu Mozart o lo stesso Colloredo a scegliere Il re pastore, né si conosce il nome del poeta che rielaborò il testo metastasiano; punto di riferimento era la versione presentata nel 1774 a Monaco con musiche tratte dal Re pastore di Pietro Alessandro Guglielmi (Venezia 1767), in cui Tommaso Consoli aveva interpretato il ruolo di Elisa: qui l'originale in tre atti è ridotto a due, con l'eliminazione di cinque arie e di parte dei dialoghi, e vi è un nuovo e più ampio coro finale ("Viva l'invitto duce"). Rispetto a questo libretto la composizione di Mozart contiene poi ulteriori aggiunte e modifiche, che potrebbero essere attribuite al futuro autore del testo dell'Idomeneo, l'abate Varesco. Mentre Bonno e ancora Gluck avevano previsto quattro soprani e un tenore, Mozart riequilibrò l' ensemble destinando a un secondo tenore la parte di Agenore; comune a Hasse e a Gluck è invece la scelta di far seguire direttamente la prima scena all'ouverture.

In passato, i maggiori studiosi di Mozart hanno giudicato Il re pastore con severità, ritenendolo privo di intensità drammatica e incapace di raggiungere un'efficace definizione dei personaggi; tali limiti venivano ricondotti al carattere d'occasione e al libretto di Metastasio, che non sarebbe stato capace di toccare le corde personali del compositore. In tal modo questo lavoro veniva accomunato alle altre opere giovanili, considerate come fase preliminare in cui si delineano gli elementi che troveranno piena realizzazione nei capolavori della maturità. Reinhard Strohm è stato tra i primi a rendere giustizia alla composizione, dimostrando come in Mozart l'opera metastasiana, sia pure giunta quasi ad esaurimento, avesse ancora una sua validità. Questa linea interpretativa mette in luce la chiara articolazione formale e l'impianto equilibrato del Re pastore e sottolinea come la mancanza di apparato scenico sia compensata da una grande varietà della musica. Tra le dodici arie presenti in partitura non se ne possono individuare due dalla struttura identica: a fianco delle tradizionali arie col da capo, ne compaiono di articolate in quattro parti e rondò; inoltre, in taluni luoghi, fanno capolino principì organizzativi di origine strumentale, in primo luogo desunti dalla forma-sonata. Una delle cifre dell'opera è proprio costituita dall'intreccio fra la tradizione vocale e quella strumentale: non è casuale, ad esempio, che la prima sezione dell'aria di Aminta "Aer tranquillo e dì sereni" sia stata ripresa di lì a poco da Mozart per il tema iniziale del Concerto per violino KV 216. L'adozione di forme diverse contribuisce in modo determinante alla caratterizzazione dei personaggi: ad Alessandro sono assegnate ben tre arie, che ricordano nella linea melodica e nell'accompagnamento orchestrale lo stile eroico dell'opera seria; l'importanza del personaggio regale è sottolineata nel primo atto dall'adozione delle trombe, mentre altrove ("Se vincendo vi rendo felici") il flauto solista dialoga con la voce, entrando in competizione con le sue colorature. La dimensione bucolica emerge invece nei brani affidati ad Aminta (come la sua semplice canzone di esordio "Intendo amico rio", in un 6/8 pastorale) o nel testo descrittivo della prima aria di Elisa ("Alla selva, al prato, al fonte"), che canta le gioie della vita a contatto con la natura.

Mozart diresse la prima esecuzione; probabilmente fu lui a eseguire la parte di violino solista nella celebre aria di Aminta "L'amerò, sarò costante", un rondò in mi bemolle maggiore articolato in cinque sezioni, che divenne un brano prediletto dai cantanti. Quest'aria ha un ruolo importante anche nell'intreccio, poiché Agenore fraintende le parole di Aminta credendo che la sua dichiarazione di fedeltà riguardi Tamiri. Il dolore e i tormenti di Agenore trovano espressione poco dopo in "Sol può dir come si trova", l'unica aria in tonalità minore dell'opera: il veemente accompagnamento degli archi, il colorito cupo e le numerose modulazioni generano un'intensità drammatica che preannuncia alcune pagine dell'Idomeneo.

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Di ritorno a Salisburgo da Monaco di Baviera, dove il 13 gennaio 1775 era stata rappresentata per la prima volta La finta giardiniera, Mozart iniziò subito la composizione di una nuova partitura vocale, Il re pastore. La commissione gli era venuta dal Principe arcivescovo Hyeronimus Colloredo, che aveva affidato analogo incarico anche al suo compositore di corte, il napoletano Domenico Fischietti; entrambi i musicisti si servirono di testi di Metastasio: Fischietti de Gli orti esperidi e Mozart de Il re pastore, appunto. L'occasione che aveva provocato queste commissioni fu la visita alla corte arcivescovile del più giovane figlio dell'imperatrice Maria Teresa, l'arciduca Massimiliano - coetaneo di Mozart - in viaggio da Vienna per l'Italia.

La fonte documentaria più ricca di informazioni sulla visita del giovane principe e sugli avvenimenti alla corte salisburghese dell'aprile 1775 è il diario del consigliere municipale Schiedenhofen; da questo suo diario veniamo a sapere che per l'occasione vennero fatti venire da Monaco due musicisti di corte di eccezionale levatura: il soprano castrato Tommaso Consoli ed il flautista Johann Baptist Becke. La recente riscoperta della partitura di Fischietti ha rivelato significative rispondenze nell'organico e nella struttura di questa con la partitura mozartiana: stesso numero di personaggi e medesima distribuzione dei ruoli vocali, cioè un castrato, due soprani e due tenori.

Particolarmente significativa è la presenza in entrambe le partiture di un ruolo maschile per castrato, che si giustifica soltanto con la presenza di Consoli. Ma il cantante - che aveva sostenuto la parte del Conte Ramiro ne La finta giardiniera - aveva anche sostenuto la parte di Elisa ne Il re pastore in una esecuzione della partitura composta da Pietro Guglielmi sul libretto metastasiano, e rappresentata «nel nuovo teatro di corte» di Monaco nel 1774. Da questa circostanza, e dal fatto che il confronto tra la partitura mozartiana ed il libretto per le rappresentazioni di Monaco del 1774 ha rivelato esser questa la principale fonte letteraria di cui Mozart si è servito, è lecito formulare l'ipotesi che sia stata la possibilità di avere a disposizione Consoli, che conosceva bene il libretto, a suggerire di scegliere quel testo metastasiano. Si può allora proporre un corollario a quest'ipotesi: e cioè che la scelta del libretto avvenne a Monaco, prima del rientro della famiglia Mozart a Salisburgo (a Monaco si trovavano anche Leopold e Nannerl, e la partenza non ebbe luogo prima del 7 marzo 1775), e che soltanto la stesura della partitura ebbe luogo dopo il ritorno a casa. Naturalmente la disponibilità di un protagonista di tanto valore veniva a coincidere con la scelta di un argomento in cui erano glorificate tutte le virtù ispiranti la politica asburgica; si trattava quindi di un soggetto ideale per l'occasione celebrativa, la visita del giovane arciduca.

Nei numerosi riferimenti tanto all'opera di Fischietti che a quella di Wolfgang Amadeus Mozart, Schiedenhofen parla sempre di «Serenade», cioè di un'esecuzione nella quale la parte scenica dello spettacolo è ridotta al minimo, oppure inesistente, secondo una tradizione assai viva e feconda della corte viennese.

Sempre nel diario di Schiedenhofen veniamo a sapere che entrambe le opere vennero eseguite «am Hofe», edificio nel quale non si trovava alcuna struttura né ambiente adatti ad un'esecuzione con apparato scenico. E infine, a conferma che queste rappresentazioni ebbero un carattere eccezionale, e in ogni caso non operistico, sta la circostanza che né per la «serenata» di Fischietti, né per quella di Mozart è stato finora ritrovato un libretto che si possa ritenere stampato per le rappresentazioni di Salisburgo dell'aprile 1775. Del tutto plausibile sembra poi l'ipotesi di Rudolph Angermüller che, accanto a Consoli, gli interpreti per le altre parti siano stati scelti fra quelli della cappella di corte: «E verisimile che accanto a Consoli gli altri quattro cantanti siano stati presi dalla cappella di corte di Salisburgo. I seguenti cantanti sono possibili candidati per l'organico de Il re pastore di Mozart [...]: per le parti di soprano (Elisa, Tamiri): Maria Anna Fesemayr in Adlgasser (1743-1782), Maria Anna Braunhofer (1748-1819), Maria Magdalena Lipp, moglie di Michele Haydn (1745-1827); per le parti di tenore (Alessandro, Agenore): Franz Anton Spitzeder (1735-1796), Felix Hofstätter (ca. 1744-1814)».

Il 22 aprile venne eseguita la partitura di Fischietti ed il giorno seguente, il 23, quella di Wolfgang Amadeus Mozart. Come si è detto, per tutte queste esecuzioni il diario di Schiedenhofen parla sempre di «Serenade», ed anche nel diario dello stesso arciduca Massimiliano si accenna al fatto che il giovane Mpzart, «non meno celebre [del maestro di cappella Fischietti]», compose la musica «zu der abgesungenen Cantate», cioè per la partitura eseguita senza apparato scenico.

Questi riferimenti ad una composizione che non prevede un'esplicita azione teatrale vengono puntualmente confermati e sviluppati da altri accenni che si trovano nella corrispondenza della sorella e della vedova di Mozart, ogni volta che in essa si parla de Il re pastore. Il fatto è importante per spiegare e comprendere le caratteristiche di questo gioiello dell'arte mozartiana. Nella musica di Mozart si fondono armoniosamente i principi costruttivi che sono tipici della tradizione vocale, basati cioè su di una precisa aderenza di organizzazione del linguaggio musicale a quella del testo poetico - così com'è l'aria col da capo - con principi costruttivi di pura origine strumentale, primo fra tutti quello della forma sonata. È una pratica che non si riscontra abitualmente nelle opere dei compositori contemporanei a Mozart, ed è una caratteristica inconfondibile del suo stile. La si ritrova, adombrata, ma anche in parte realizzata, nelle partiture delle opere milanesi: in Mitridate, nell'Ascanio in Alba, e soprattutto nel Lucio Silla. Ma ne Il re pastore la possibilità di concentrare l'attenzione dello spettatore quasi esclusivamente sulla parte musicale, essendo quella visiva ridotta al minimo, permette a Mozart di compiere un vero e proprio tour de force, nel senso che nessuna delle undici arie che si ritrovano ne Il re pastore ripete la struttura organizzativa della precedente, o di qualsiasi altra della partitura. Può darsi che la forma sonata rispecchi l'organizzazione del testo poetico, nel senso che il primo tema corrisponde ai primi due versi della quartina, ed il secondo tema agli ultimi due (come avviene nella prima aria di Elisa, «Alla selva, al prato, al fonte»); altre volte l'organizzazione musicale è del tutto indifferente alla struttura del testo poetico, come avviene nella prima aria di Aminta, «Aer tranquillo e dì sereni», aria che ha un'organizzazione decisamente strumentale, tant'è vero che il suo tema iniziale viene ripreso da Mozart pari pari alcuni mesi dopo nel movimento iniziale del Concerto in sol maggiore per violino e orchestra K. 216, come primo tema, ma trasportato da fa a sol; altre volte ancora l'organizzazione non è più tripartita, ma quadripartita, come nell'aria di Elisa del secondo atto, «Barbaro! oh Dio, mi vedi». E l'esemplificazione potrebbe continuare, se non temessi di tediare il lettore.

Ma queste considerazioni non debbono trarre in inganno: pur giocando con tanto sottile intelligenza con i principi organizzativi, Mozart non dà vita ad un'astratta costruzione per voci e strumenti, e riesce invece a caratterizzare e individuare i personaggi, le loro posizioni affettive e la loro funzione storica attraverso una sapiente differenziazione degli stilemi linguistico-musicali di volta in volta impiegati.

Così il carattere regale di Alessandro, la sua benevola magnanimità e insieme il suo sovrano distacco vengono affermati attraverso un'aria di paragone dal sapore lievemente arcaico, «Si spande al sole in faccia», nella quale colpisce in modo particolare la resa musicale delle immagini naturalistiche contenute nel testo: il distendersi della nuvola che oscura lo splendore del sole e, nella seconda parte, il suo trasformarsi in pioggia benefica; questo carattere solenne e benevolo insieme permane nell'altra aria di Alessandro, «Se vincendo vi rendo felici», dove la «clemenza» del sovrano assoluto si manifesta anche attraverso lo spiegamento di episodi strumentali solistici. Da questo punto di vista il brano giustamente più famoso della partitura è l'aria di Aminta «L'amerò, sarò costante», che viene significativamente indicata nell'autografo con la didascalia: «Rondeaux» [sic], ed il cui organico strumentale, unico in tutta la partitura, prevede, oltre ai fiati ed agli archi consueti, due corni inglesi e soprattutto un violino «obbligato» che dialoga e si alterna con la voce; questo tipo di costruzione musicale e questo colorito sonoro ben si addicono a dipingere la sicura fedeltà del giovane amante verso la bella Elisa, da lui preferita ad ogni forma di potere, per quanto benefica essa possa essere.

Così i due personaggi di secondo piano, il confidente Agenore e la gelosa Tamiri, vengono chiaramente identificati nel loro ruolo complementare anche attraverso l'attribuzione di due arie assai simili per organico (soli archi) e per indicazione di movimento («grazioso»), una nel primo atto per Agenore («Per me rispondete») e l'altra per Tamiri nel secondo atto («Se tu di me fai dono»). Una volta affermate in questo modo con tanta precisione le caratteristiche individuanti le posizioni dei personaggi, e segnate così le tappe attraverso le quali l'azione si svolge grazie ad un sapiente e logico dosaggio nella loro alternanza, il virtuosismo vocale, che si manifesta in volute, scale, trilli e cadenze, può essere tranquillamente applicato a tutte le arie della Serenata, senza che la funzionalità drammatica del testo musicale ne abbia a soffrire, anzi: attraverso l'indifferente presenza di questi svolazzi canori l'azione assume un carattere dichiaratamente astratto, e quindi emblematico, quale appunto la circostanza celebrativa richiedeva.

Teatro per le orecchie e per la mente, quindi; gioco dell'intelletto e gioia del far musica. Eppure il grande uomo di teatro Mozart, lettore e indagatore delle passioni dell'uomo, non può fare a meno, verso la fine dell'azione e - diciamolo pure - in maniera abbastanza illogica, di sfruttare una situazione drammatica di particolare intensità: quando Agenore, il fedele ed obbediente scudiero di Alessandro, che ha appena rinunciato all'amore per Tamiri nella dedizione assoluta verso il suo signore, si ritrova solo, la sua amarezza ed il suo sconforto non hanno più ritegno, e prendono voce nell'aria «Sol può dir come si trova», l'unica dell'intera partitura in una tonalità minore, con un organico strumentale ad hoc che crea un colorito particolarmente cupo, e nella quale tutti i tormenti di un animo lacerato dalla disperazione e dalla solitudine si dispiegano in un testo musicale di sconvolgente bellezza espressiva, che fa presagire pagine come il quartetto dell'Idomeneo «Andrò ramingo e solo».

Raffinato episodio nella vita della corte arcivescovile di Salisburgo, omaggio del diciannovenne Mozart ad un giovane principe che ben sapeva apprezzare e gustare le qualità specificamente musicali dell'opera, dato che era egli stesso musicista, Il re pastore parla ancora oggi ad ognuno di noi con stupefacente immediatezza attraverso il perfetto, sovrano equilibrio delle parti che lo compongono, attraverso la mirabile architettura dei rapporti sui quali si regge, nella splendida successione delle immagini sonore in esso profuse. In questo sereno gioco di rispondenze si conciliano e si sublimano le contraddizioni del nostro vivere quotidiano.

Pierluigi Petrobelli


(1) "Dizionario dell'Opera 2008", a cura di Piero Gelli, edito da Baldini Castoldi Dalai editore, Firenze
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto del'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 31 maggio 1995


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Ultimo aggiornamento 3 ottobre 2014