Concerto per flauto n. 2 in re maggiore, K1 314 (K6 285d)


Musica: Wolfgang Amadeus Mozart (1756 - 1791)
  1. Allegro aperto (re maggiore)
  2. Andante ma non troppo (sol maggiore)
  3. Allegro (re maggiore)
Organico: flauto solista, 2 oboi, 2 corni, archi
Composizione: Mannheim, 25 Dicembre 1777 - 14 Febbraio 1778
Edizione: Falter, München 1800

Trascrizione per flauto del Concerto per oboe, K6 271k (oggi perduto)
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Questo concerto è in sostanza la trascrizione del Concerto in do maggiore per oboe e orchestra che Mozart scrisse per Giuseppe Ferlendi, oboista alla corte di Salisburgo, e che venne eseguito in diverse occasioni da Friedrich Ramm, oboista dell'orchestra di Mannheim e amico di Mozart. Per questa ragione, probabilmente, il De Jean, committente del concerto, volle riconoscere a Mozart soltanto la metà della cifra pattuita.

L'Allegro aperto è strutturato in una limpida e regolare forma-sonata: all'Esposizione dell'orchestra, che presenta il primo tema (sopra un lungo pedale dei bassi) seguito immediatamente dal secondo tema (un morbido disegno dei violini primi), fa seguito l'Esposizione del solista, il cui ingresso, con un do tenuto per ben quattro battute, tradisce forse la destinazione originaria all'oboe, strumento capace, molto più del flauto, di conferire espressione alle note lunghe. L'episodio che segue è un bell'esempio dell'arte mozartiana di dare importanza a un elemento musicale apparentemente privo di interesse: la chiusa orchestrale costituita da un trillo seguito da un arpeggio discendente, dà infatti vita a un serrato dialogo fra flauto e archi che sfocia in un passo di bravura del solista per poi venire riutilizzata nella breve sezione di Sviluppo e ancora nel finale, come formula conclusiva dell'intero movimento.

Se nel primo movimento spiccavano l'agilità e il virtuosismo del flauto, l'Adagio non troppo è dominato da un intimo raccoglimento, da una serenità tipicamente mozartiana; l'ingresso del solista è una specie di pacata risposta all'introduzione orchestrale, mentre il secondo tema irrompe come uno squarcio di luce, nel quale il solista si getta «trillando» con gioia. Una semplice riconduzione tonale separa la Ripresa dei temi precedenti, ora tutti nella tonalità d'impianto, cui segue la cadenza del solista e l'epilogo orchestrale.

Tutt'altra atmosfera nel Rondò finale, il cui refrain verrà in seguito utilizzato da Mozart nell'aria di Blondchen Welche Wonne, welche Lust dell'opera Il ratto dal serraglio. Gli episodi brillanti (come il «richiamo» dei corni, le cadenze orchestrali in stile di opera buffa e i passi di virtuosismo solistico si alternano brillantemente alle riprese del refrain, sempre frizzante e festoso e spesso preceduto da vivaci cadenzine ad libitum del flauto.

Alessandro De Bei

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Gli anni intorno al 1778 - Mozart in quel periodo avrebbe composto di Concerto che si esegue stasera - sono caratterizzati da due eventi tra loro strettamente collegati. Nel corso di un suo viaggio verso Parigi in compagnia della madre egli si fermò infatti a Mannheim. E il soggiorno a Mannheim fu certamente assai utile al giovane musicista, essendo la città sede di una orchestra - quella di Carlo Teodoro principe del Palatinato - considerata la migliore di Germania e perciò stesso di un ambiente artistico che ora si direbbe «di avanguardia». Fu a Mannheim peraltro che Wolfgang conobbe la famiglia Weber cominciando a sognare un impossibile legame matrimoniale con la giovane Aloysia.

Motivi professionali e motivi sentimentali si collegarono dunque nella decisione di restare a Mannheim il più a lungo possibile malgrado il parere contrario del padre Leopoldo; decisione peraltro alimentata dalla speranza di un impiego presso la corte di Carlo Teodoro che si dimostrò presto infondata costringendo Mozart a dare lezioni private di musica nell'amata città tedesca; tra i suoi allievi vi furono in quel periodo anche un ricco olandese, un certo Jean che, dilettante di flauto, pregò ripetutamente Mozart di fornirgli musiche adatte al suo strumento: tra esse due Concerti per flauto classificati nel catalogo Koechel con i numeri 313 e 314, che è quello che si esegue stasera. Si tratta in realtà non di un'opera originale ma della trasposizione in re maggiore di un precedente concerto per oboe scritto nella tonalità di do maggiore su richiesta dell'oboista Ramm; e dunque di un brano davvero di occasione che non per questo perde le straordinarie caratteristiche di ogni musica mozartiana per «minore» che sia, tanto che il'De Saint Foix potè scrivere su questa composizione: «...è veramente il trionfo della leggerezza: per sostenere il soffio aereo del flauto sembra che perfino i bassi divengano elastici e contribuiscano a rilanciare nell'aria le vive e fuggitive melodie».

Il Concerto è totalmente ligio alle norme formali della tradizione con i suoi tre tempi e con i due soggetti tematici che caratterizzano il primo movimento. Il tema del terzo tempo sarà poi utilizzato da Mozart nel Ratto dal Serraglio ed esattamente nell'aria di Blondine «Welche Wonne, welche Lust». Questo rapporto con l'opera ha fatto scrivere ancora al De Saint Foix: «Il tutto forma un insieme che fa pensare alle più pungenti invenzioni sceniche di Mozart: questo flautista è davvero un personaggio da opera buffa, il più spirituale, il più raffinato e noi lo perdoniamo facilmente dal fatto di non proferir parola».

Guida all'ascolto 3 (nota 3)

Il Concerto, K. 314, deve essere considerato una trascrizione da un Concerto per oboe in do maggiore scritto precedentemente a Salisburgo per l'oboista Giuseppe Ferlendi, e menzionato in una lettera (infatti la parte del solista non copre l'intero "ambitus" del flauto): una trascrizione ascrivibile alla fretta nell'esaudire la commissione di Dejean. Più evidente è nella composizione l'influenza del gusto francese, per la leggerezza dell'accompagnamento (spesso ridotto ai soli violini) e la particolare, breve tornitura delle frasi melodiche. L'Allegro aperto iniziale, contraddistinto da due temi nettamente contrastanti, si svolge in questa ambientazione preziosa, con un ruolo nettamente preminente del solista. L'Andante ma non troppo è animato dal fraseggio fluido dello strumento a fiato, di cui mostra l'aspetto più espressivo ed elegiaco. L'Allegro finale - un rondò di fatto anche se non di nome - riprende lo stile brillante dell'opera buffa, e non a caso il suo refrain verrà poi riproposto in una aria della "Entführung aus dem Serail" ("Welcho Wonne, welche Lust", di Blondchen); il carattere gaio di questo tema permea l'intero movimento, pagina che sintetizza le caratteristiche di eleganza e virtuosismo propri dell'approccio del giovane Mozart al genere del concerto.

Arrigo Quattrocchi


(1) Testo tratto dal libretto inserito nel CD AM 098-2 allegato alla rivista Amadeus
(2) Testo tratto dal progrmma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di Via della Conciliazione, 6 febbraio 1972
(3) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 22 novembre 1991


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Ultimo aggiornamento 11 maggio 2014