Exultate, jubilate

Mottetto per soprano ed orchestra, K1 165 (K6 158a)

Musica: Wolfgang Amadeus Mozart (1756 - 1791)
  1. Exsultate - Allegro (fa maggiore)
  2. Fulget amica dies - recitativo (basso continuo)
  3. Tu virginum corona - Andante (la maggiore)
  4. Alleluia - Allegro (fa maggiore)
Organico: soprano, 2 oboi, 2 corni, organo, archi
Composizione: Milano, 10 - 16 Gennaio 1773
Prima esecuzione: Milano, Chiesa di Sant'Antonio dei Teatini, 17 Gennaio 1773

Scritto per il castrato Venanzio Rauzzini
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Quest'aria per soprano e orchestra fu scritta da Mozart nel gennaio del 1773 per il cantante castrato Rauzzini su accompagnamento di due violini, viola, contrabbasso, due oboi, due corni e organo o clavicembalo. Il pezzo, composto da un Allegro, un Andante e un Allegro, non ha un carattere specificatamente religioso e si lascia ammirare per la varietà dell'accompagnamento strumentale e per la eleganza dell'invenzione vocale, quest'ultima adatta ad un tipo di canto proiettato spesso nella tessitura alta. Del resto Rauzzini aveva già dimostrato una vocalità adatta all'acuto, quando aveva interpretato il ruolo principale dell'opera Lucio Siila, rappresentata nel 1772. L'"Exsultate" è un Allegro; "Fulget amica dies" è un Recitativo; "Tu virginum corona" è un Andante; l'"Alleluja" è un Allegro. Il primo pezzo è un'aria in due strofe, di cui ciascuna è costituita da due soggetti distinti. La seconda strofa è più variata con le sue cadenze vocali sorrette da un misurato e appropriato gioco strumentale. Dopo il recitativo si inserisce l'Andante a mò di cavatina dal delicato fraseggio e su accompagnamento dei violini con la viola. Nell'"Alleluja" finale il canto si amalgama con le armonie dei violini, salvo ad uscire allo scoperto in due brevi cadenze. Secondo alcuni studiosi mozartiani questo mottetto per soprano e orchestra avrebbe in sintesi la forma di una breve sinfonia, simile a quelle che in quel periodo Mozart elaborò dopo il suo ritorno a Salisburgo dal viaggio in Italia. In più c'è da annotare in questo componimento un richiamo al belcantismo italiano così apprezzato nella Vienna settecentesca.

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Dell'«Exultate, jubilate» KV 165 (158a) si conoscono tanto il destinatario quanto il luogo e la data della prima esecuzione. Mozart compone il mottetto a Milano, nel gennaio 1773, per il castrato Venanzio Rauzzini (1746-1810), «primo uomo» nel Lucio Siila e cantante fra i più apprezzati dell'epoca; pur sottolineandone l'atteggiamento altezzoso, Leopold nella lettera del 28 novembre 1772 riconosce che il sopranista ha cantato la prima aria di Cecilio nel Lucio Siila «come un angelo». La prima esecuzione del mottetto ha luogo nella Chiesa di S. Antonio Abate, allora sede dei Teatini, il 17 gennaio 1773. Nell'Italia del Settecento il mottetto era una composizione vocale di carattere devozionale, su testo latino in versi, cantata di norma nel corso di una messa solenne o dei vespri; di infima qualità letteraria, i testi contenevano spesso allusioni alla festa per cui i mottetti erano concepiti. Se la destinazione era chiesiastica, lo stile musicale era sfacciatamente profano, melodrammatico. In questa tradizione si inserisce l'«Exultate, jubilate» che adotta la struttura con due arie inframmezzate da un recitativo e seguite dall'Alleluja conclusivo. Il 17 gennaio ricorre la festività di S. Antonio Abate, ma poiché il testo è un generico invito al canto e alla gioia (l'invocazione mariana della seconda aria è forse dovuta a un particolare culto per la Vergine nella chiesa dei Teatini), l'«Exultate, jubilate» si configura come un «mottetto per ogni tempo» e pezzo «di baule» per il Rauzzini. Dell'arte vocale del sopranista, a proprio agio nella coloratura come nell'intonazione di ampi intervalli e nel cantabile, Mozart trae spunto per un pezzo di fatata luminosità, in cui lo scintillio virtuosistico è pari al fascino di un'invenzione ammaliante. Se si eccettua il recitativo, «Fulget amica dies», nella sequenza e all'occasione nella struttura stessa dei movimenti oltre che nel coefficiente virtuosistico della scrittura, la partitura tende a profilarsi come una sorta di concerto per voce e orchestra. La prima aria, «Exultate, jubilate», ha struttura bipartita («ABA'B'») e un andamento spumeggiante. La seconda, «Tu virginum corona», è un incantevole idillio vocale senza i fiati. Interessante la struttura, che pare voler raggiungere una mediazione fra l'aria e il movimento di concerto: Mozart piega le simmetrie dettate da un'ovvia intonazione del testo a ragioni puramente musicali. L'esito è una specie di rondò-sonata («ABCA'B'A"»): dopo l'introduzione-ritornello o esposizione orchestrale, si delinea un'esposizione solistica con due idee tematiche, una sezione intermedia di riconduzione, una ripresa e un ulteriore ritorno della sezione principale. Il ritornello di chiusura connette direttamente l'aria con l'«Alleluja» finale. Qui il testo è costituito da una sola parola e il movimento assume le limpide forme di un rondò con tema e due episodi (schema: «AbA'cA"+Coda»).

Cesare Fertonani

Guida all'ascolto 3 (nota 3)

Giunto a Milano (4 novembre 1772) durante il terzo e ultimo viaggio si prepara a scrivere i pezzi chiusi per gli interpreti del «Lucio Silla». Delicatissima operazione, come si sa, e da farsi all'ultimo momento, perché il compositore deve ritagliare le forme a misura del cantante, tenendo conto delle qualità vocali, delle condizioni di salute di questi tiranni delle scene, dei loro «desiderata» virtuoslstici.

E Mozart puntualmente li accontenta. Purtroppo le cose non vanno nel migliore dei modi, perché la sera della prima (26 dicembre 1772) un latente nervosismo serpeggia fra il pubblico e gli esecutori. Lo spettacolo inizia con tre ore di ritardo: l'arciduca Ferdinando ha dovuto prima assolvere seriosi impegni di governo: scrivere gli auguri di buon anno — «molto lentamente», annota Leopold — a sua maestà imperiale e ad altri illustri dignitari. Anche gli interpreti riservano delle sorprese: il protagonista, sostituito all'ultimo momento con un cantante di chiesa, è così goffo che sembra «voler prendere a schiaffi la prima donna e portarle via il naso con un pugno». Anna De Amicis, nei panni di Giunia, gelosa degli applausi che l'arciduca riserva al «primo uomo», è furiosa e non si impegna. Chi fa la parte del leone nell'opera è invece il castrato e compositore di una certa notorietà, Venanzio Rauzzini (1746-1810), tanto soddisfatto e a suo agio nel ruolo di Cecilio, da commissionare qualche giorno dopo a Mozart un lavoro nel quale possa di nuovo sfoggiare la sua abilità canora.

Nasce cosi il mottetto «Exsultate, jubilate» che Rauzzini esegui la sera del 17 gennaio nella chiesa dei Teatini a Milano, «città — per mera coincidenza — di evirati cantori allevatrice».

Né il sopranista in un luogo sacro meravigli: perdurava infatti il costume, che invano polemisti e pontefici avevano cercato di debellare, di impiegare nelle cerimonie religiose gli evirati, i cui mezzi erano di gran lunga superiori a quelli dei fanciulli (voci bianche). «Exsultate, jubilate» può essere considerata una cantata per solo e orchestra (sacra o profana, si sa poco importa, essendo la musica nei due generi interscambiabile), nella quale Mozart fonde in perfetta sintesi l'esperienza strumentale viennese e il gusto belcantistico della scuola napoletana.

Apre il primo movimento («Allegro») in fa maggiore una breve introduzione dei «Tutti»: due oboi, due corni, archi e basso continuo. Il soprano intona un'aria in forma di rondò («Exultate, jubilate») che vede l'interprete gareggiare in agilità con l'oboe, impegnarsi in preziosi passaggi melismatici («psallant aethera cum me»), in rapidi trilli e in ampi salti (intervalli di decima).

Il recitativo secco «Fulget amica dies» unisce l'«Allegro» al successivo «Andante» per soli archi, lirico e malinconico nel suadente ondeggiare di semicrome e nella delicata scala ascendente fatta di note ribattute, legate e staccate. Una breve modulazione immette nel vitale e fiorito «Alleluja» (2/4) con cui termina la pagina e che anticipa, forse inconsapevolmente, la celebre melodia «Gott erhalte Franz den Kaiser» scritta da Haydn nel 1797 e subito adottata come inno nazionale austriaco.

Fiamma Nicolodi

Testo

Exsultate, jubilate,
o vos animae beatae,
dulcia cantica canendo,
cantui vestro respondendo,
psallant aethera cum me.

Fulget amica dies,
jam fugere et nubila et procellae,
exorta est justis inexpectata quies.
Undique obscura regnabat nox,
surgite tandem laeti,
qui timuistis adhuc,
et jucundi aurorae fortunatae
frondes dextera piena et lilia date.

Tu virginum corona,
tu nobis pacem dona,
tu consolare affectus,
unde suspirat cor.

Alleluja.
Esultate, giubilate,
o voi, anime beate,
cantando soavi cantici;
in risposta al vostro canto,
i cieli cantano e suonano con me.

Risplende benevolo il giorno,
ormai sono scomparse nubi e tempeste;
è sorta per i giusti una calma inattesa.
Ovunque regnava oscura la notte,
sorgete infine,
voi che sinora avete vissuto nel timore,
e offrite gioiosi alla felice aurora
foglie e fiori di giglio a piene mani.

O tu, corona delle vergini,
dona a noi la pace.
Consola le afflizioni,
per cui il cuore sospira.

Alleluia.

(1) Testo tratto dal progrmma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di Via della Conciliazione, 16 Novembre 1990
(2) Testo tratto dal numero speciale della rivista Amadeus, Ottobre 1995
(3) Testo tratto dal progrmma di sala del Concerto del Maggio Musicale Fiorentino,
Firenze, Basilica di san Lorenzo, 11 maggio 1977


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Ultimo aggiornamento 20 marzo 2019