Don Giovanni, ouverture, K 527


Musica: Wolfgang Amadeus Mozart (1756 - 1791)
Organico: 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni, 2 trombe, 3 tromboni, timpani, mandolino, archi
Composizione: Praga, marzo - 28 ottobre 1787
Prima esecuzione: Praga, Nationaltheater, 29 ottobre 1787
Edizione: Schott, Magonza 1793
Guida all'ascolto (nota 1)

Il Don Giovanni, insieme al Flauto magico, rappresenta il punto più alto e profondo del genio creativo di Mozart che con queste due opere in due atti gettò le basi del melodramma romantico, la più popolare e spettacolare forma di teatro musicale che tanto sviluppo ebbe non solo in Germania, ma in tutta l'Europa. Il Don Giovanni fu scritto su commissione dell'impresario italiano Pasquale Bondini, che compensò il musicista con cento scudi e fu rappresentato all'Opera italiana di Praga il 29 ottobre 1787 con i seguenti interpreti: Teresa Saporiti, Caterina Micelli, Teresina Bondini, Luigi Bassi, Antonio Baghoni e Felice Ponziani. Il successo fu notevole (anche Casanova sedeva fra il pubblico) e almeno pari a quello con cui erano state accolte l'anno precedente Le nozze di Figaro al "Burgtheater" di Vienna. In questa città, invece, il Don Giovanni allestito nel maggio del 1788 trovò scarsi e piuttosto tiepidi consensi, anche se Mozart per questa seconda edizione aveva aggiunto alcuni brani di notevole valore musicale, come la purissima aria del tenore "Dalla sua pace la mia dipende" e la drammatica esplosione vocalistica di Donna Elvira «Mi tradì quell'alma ingrata». Ma Mozart non si preoccupò eccessivamente delle fredde reazioni dei viennesi e sembra che abbia pronunciato il seguente commento: «Lasciate loro il tempo di digerirla».

L'opera, infatti, nel giro di pochi anni fu "digerita" in ogni angolo d'Europa e le sue melodie erano conosciute e cantate in ogni ambiente, dal più ricco al più povero. Senza contare poi che tutti i più importanti musicisti, da Haydn a Beethoven, da Rossini a Gounod, da Wagner a Richard Strauss, ebbero una particolare predilezione per questa partitura, concordando sostanzialmente con le parole che Goethe scrisse a Schiller nel 1797: «Il Don Giovanni è opera unica e meravigliosa nel suo genere; la morte di Mozart ci ha distrutto ogni speranza di udire mai più qualcosa di simile».

L'ouverture del Don Giovanni fu scritta all'ultimo momento e poche ore prima che l'opera andasse in scena. La stessa moglie Costanza narrò nel libro di memorie mozartiane elaborato dal suo secondo marito, Georg Nissen, come il musicista aveva composto la sinfonia. «L'antivigilia della prima (cioè il 27 ottobre), ultimata la prova generale - scrive Costanza - Mozart disse a sua moglie che quella stessa notte avrebbe scritto l'ouverture; preparasse quindi un punch, restando poi accanto a lui per tenerlo sveglio. Costanza per assecondarlo cominciò a rievocare delle fiabe, come la lampada di Aladino, Cenerentola e Ali Babà, il che fece ridere molto il maestro. Ma il punch gli aveva aumentato il sonno ed egli si assopiva appena lei cessava di raccontare, tornando invece alle sue carte quando Costanza riprendeva a parlare. Ad un certo punto, però, visto che il lavoro non procedeva, lei gli disse di fare un sonnellino, promettendogli di svegliarlo dopo un'ora. Senonché Mozart si addormentò così profondamente che Costanza non ebbe il coraggio di chiamarlo prima di due ore. Erano le cinque del mattino e il copista era convocato per le sette. Alle sette l'ouverture era pronta».

L'ouverture è in forma bipartita e racchiude due temi che rappresentano una sintesi sinfonica dell'opera. Il primo è un Andante in crescendo annunciato da accordi gravi degli archi che richiamano la scena finale del Commendatore e simboleggiano il destino vendicatore, mentre il secondo tema in tempo Molto allegro vuole essere un ritratto strumentale del «giovane cavaliere estremamente licenzioso». Questa vigorosa pagina, che anticipa le ouvertures di Beethoven e Cherubini, segue di qualche mese l'Eine kleine Nachtmusik e precede di poco le ultime tre sinfonie: la K. 543 in mi bemolle maggiore (giugno 1788), la K. 550 in sol minore (luglio 1788) e la K. 55] "Jupiter" in do maggiore (agosto 1788).


(1) Testo tratto dal progrmma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 23 novembre 1990


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Ultimo aggiornamento 2 ottobre 2015