Concerto per pianoforte n. 18 in si bemolle maggiore, K 456


Musica: Wolfgang Amadeus Mozart (1756 - 1791)
  1. Allegro vivace (si bemolle maggiore)
  2. Andante un poco sostenuto (sol minore)
  3. Allegro vivace (si bemolle maggiore)
Organico: pianoforte solista, flauto, 2 oboi, 2 fagotti, 2 corni, archi
Composizione: Vienna, 30 settembre 1784
Prima esecuzione: Vienna, Kasino "Zur Mehlgrube" nel Neuen Markt, 13 febbraio 1785
Edizione: Andrè, Offenbach 1792

Scritto per Maria Theresia von Paradies
Guida all'ascolto (nota 1)

Il Concerto per pianoforte e orchestra ebbe più importanza nell'opera di Mozart che in quella di qualsiasi altro compositore della seconda metà del Settecento. Se nel campo del Quartetto e della Sinfonia Haydn è alla pari di Mozart e forse perfino superiore, nel campo del Concerto Mozart è impareggiabile. I suoi Concerti, pur tenendo presente il modello formale di Johann Christian Bach, da cui aveva preso alcune lezioni nell'ormai lontano 1765, vanno ben oltre lo stile galante del "Bach londinese" e trasformano totalmente questo genere di musica, allora ritenuto gradevole ma gracile e superficiale. Questa trasformazione è attestata da una lettera di Mozart, che nel 1782 spiegava al padre che i suoi Concerti per pianoforte erano "una giusta via di mezzo tra il troppo facile e il troppo difficile [...], molto brillanti, piacevoli all'ascolto e naturali, senza essere insignificanti. Ci sono qua e là passaggi da cui solo gli intenditori possono trarre soddisfazione, ma questi passaggi sono scritti in modo tale che anche i meno esperti non possono mancare di dilettarsene, pur senza capire il perché. Vendo i biglietti per 6 ducati, in contanti". Al di sotto della totale nonchalance con cui parla di tali capolavori, Mozart tiene in modo particolare a mettere in rilievo che i suoi Concerti non sono "troppo facili" e "insignificanti", a differenza - è sottinteso - di quelli dei suoi contemporanei.

I Concerti per pianoforte possono servire anche come preciso barometro del successo di Mozart a Vienna, perché costituivano il momento più atteso delle sue "accademie", i concerti pubblici da lui stesso organizzati a proprio beneficio: fino al 1786 questi appuntamenti furono accolti con enorme favore e quindi Mozart compose tre e anche quattro Concerti per pianoforte all'anno, poi il successo calò rapidamente, il pubblico non fu più sufficiente a riempire la sala, le accademie si diradarono e di conseguenza la composizione di nuovi Concerti rallentò.

Datato 30 settembre 1784, il Concerto n. 18 in si bemolle maggiore K. 456 si colloca al culmine di questa parabola. Sembra che sia stato scritto per la giovane virtuosa cieca Maria Theresia Paradies, che l'avrebbe presentato a Parigi nell'autunno del 1784; ma è soltanto un'ipotesi, mentre è certo che Mozart lo eseguì personalmente a Vienna, domenica 13 febbraio 1785. Leopold Mozart, che era appena giunto in visita dal figlio, assistette inorgoglito e commosso a quell'accademia e in una lettera alla figlia Nannerl, rimasta a Salisburgo, scrisse: "un concerto magistrale", "il così grande piacere di ascoltare il dialogo tra gli strumenti con tale chiarezza che per la totale felicità mi vennero le lacrime agli occhi", "una grande quantità di applausi". Ed ecco il culmine della lettera: "Quando tuo fratello lasciò la scena, l'imperatore [Giuseppe II] si tolse il cappello e gridò 'Bravo Mozart!'". Nei giorni seguenti Leopold ebbe altre conferme del successo del figlio a Vienna: "Dal giorno del mio arrivo, il pianoforte di tuo fratello è stato prelevato almeno una dozzina di volte per essere trasportato in teatro o in qualche altra casa". E riferisce che Joseph Haydn gli dichiarò: "Davanti a Dio, e io sono una persona retta, affermo che vostro figlio è il più grande musicista che io abbia conosciuto per fama o di persona".

Il ritmo di marcia che apre il Concerto K. 456 è un inequivocabile omaggio al gusto francese, con un preciso riferimento ai Concerti per violino con cui l'italiano Giovanni Battista Viotti aveva conquistato il pubblico parigino negli anni immediatamente precedenti. Ma Mozart smorza il tono pomposamente militaresco di Viotti, affidando questo tema prima ai soli archi e piano e subito dopo agli strumenti a fiato. Un lungo tutti, dal carattere brillante e festoso ma anche energico, conduce tra cromatismi e modulazioni impreviste al secondo tema, esposto dagli oboi, cui rispondono gli altri fiati, sul semplice accompagnamento degli archi. Tutta quest'introduzione orchestrale viene ripresa - ma anche arricchita e variata - dal pianoforte al momento in cui fa il suo ingresso in scena e assume il ruolo di protagonista, senza però disdegnare affatto di tessere con l'orchestra un fitto dialogo dal sapore cameristico: si riferiva sicuramente a questo Leopold Mozart, quando raccontava il "piacere di ascoltare il dialogo tra gli strumenti con tale chiarezza". La parte centrale dell'Allegro vivace non inizia sviluppando i temi già presentati ma, con uno strappo alla regola, affida al solista un nuovo motivo: tale abbondanza di idee è tipica dei Concerti di Mozart, che in tal modo tende a catturare l'interesse degli ascoltatori "meno esperti", diversamente dalla Sinfonia classica, che si basa sul rigoroso sviluppo di pochi temi. In questo caso Mozart pospone solo di poco il vero e proprio sviluppo tematico, ma non fa mancare all'ascoltatore altri momenti sorprendenti, come un'espressiva frase del pianoforte solo che nelle edizioni ottocentesche era indicata con dolore: una sottolineatura superflua, perché è già nella musica. Il ritorno identico del ritmo di marcia iniziale da il segnale della ricapitolazione, che dapprima segue molto da vicino la parte iniziale, poi introduce dei cambiamenti che contribuiscono a tenere sempre viva l'attenzione.

L'Andante un poco sostenuto è un tema con variazioni in sol minore, tonalità in Mozart spesso collegata ad atmosfere di forte patetismo; ma in questo caso domina piuttosto un tono di malinconia e disillusione, introdotto dall'intima ed espressiva melodia, simile ad una Ariette francese, che viene esposta all'inizio dagli strumenti ad arco. Questa melodia timida e innocente si trasforma e diventa potente e trionfale nella variazione in si bemolle maggiore affidata all'orchestra, poi assume un tono pastorale quand'è dolcemente cantata da oboi e flauto. Quando ritorna il sol minore, il carattere di quest'Andante diventa effettivamente patetico e raggiunge momenti di cupa e ineluttabile fatalità, per poi rarefarsi e spegnersi in un desolato e penetrante pianissimo.

L'Allegro vivace è nella forma di rondò-sonata ricorrente in molti finali di Haydn e di Mozart stesso. È il pianoforte ad aprire questo movimento veloce ed esuberante, presentando il primo dei due temi principali. Un episodio centrale - caratterizzato dalla modulazione alla cupa tonalità di si minore e dal sorprendente passaggio del pianoforte e dei fiati al ritmo di 2/4 contro il 6/8 degli archi - introduce un momento di contrasto e di tensione, che interrompe ma non cancella la vivacità del movimento e anzi mette in maggior risalto il ritorno della sua irrefrenabile e spumeggiante vivacità.

Mauro Mariani


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 8 gennaio 2012


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Ultimo aggiornamento 8 febbraio 2012