L'Oca del Cairo

Dramma giocoso in due atti, K 422

Musica: Wolfgang Amadeus Mozart (1756 - 1791)
Libretto: Giovanni Battista Varesco

Ruoli:
Organico: 2 oboi, 2 fagotti, 2 corni, archi
Composizione: Vienna, luglio - ottobre 1783

Opera incompiuta
Guida all'ascolto (nota 1)

La genesi de L'oca del Cairo, opera rimasta incompiuta, è ben documentata nelle lettere di Wolfgang Amadeus Mozart al padre Leopold. Dopo il successo della Entführung aus dem Serail il conte Orsini-Rosenberg, intendente dei teatri di Vienna, aveva invitato il musicista a scrivere un'opera italiana; procurarsi un libretto valido non doveva essere facile, se di lì a qualche mese Mozart lamentava di averne esaminati almeno cento senza trovare nulla di soddisfacente. Lorenzo da Ponte, conosciuto all'inizio del 1783, era già impegnato con Salieri; quindi, nel maggio dello stesso anno, Mozart chiese al padre di interpellare Varesco, il librettista dell'Idomeneo, anche se la precedente collaborazione era stata piuttosto tempestosa. In giugno Varesco inviò a Vienna la traccia de L'oca del Cairo, e a dicembre Mozart aveva quasi terminato di scrivere il primo atto; all'inizio dell'anno seguente, tuttavia, abbandonò l'opera, esprimendo le sue riserve in una lettera al padre datata 10 febbraio: «Al momento non ho la minima intenzione di andare avanti... Il libretto del Sig. Varesco tradisce la fretta con cui è stato scritto. Spero che col tempo se ne renda conto egli stesso. Questo è il motivo per cui voglio ancora vedere il suo libretto per intero... Poi possiamo fare drastici cambiamenti». L'opera non venne mai completata; si conserva la partitura abbozzata del primo atto, comprendente due duetti, due arie, un quartetto e un finale.

II libretto è incentrato su un intrigo amoroso: Don Pippo, marchese di Ripasecca, ha rinchiuso in una torre Lavina - che intende sposare, anche se lei spasima per Calandrino - e la figlia Celidora, innamorata di Biondello ma promessa al conte Lionetto; Biondello ha un anno di tempo per liberare la sua amata. Allo scadere del tempo fissato, il giorno delle nozze, dopo diverse peripezie Biondello riesce a entrare nella torre, nascondendosi in una grande oca meccanica condotta da Pantea, la moglie di Don Pippo che era creduta morta. Pantea rivela la sua identità, e al vecchio marchese non resta che tornare con lei e accettare l'unione delle altre due coppie.

Tra i brani conservati è interessante il primo duetto tra Chichibio e Auretta, in cui il tema consueto della servetta maliziosa, che stuzzica la gelosia del suo innamorato, viene animato da una incisiva caratterizzazione musicale dei due personaggi. L'ampio finale del primo atto, in cui Biondello e Calandrino fanno un primo tentativo di salvare le amate costruendo un ponte, riesce a esprimere nelle sue sezioni contrastanti una grande varietà di situazioni e stati d'animo - dalla gioia per la riuscita dell'inganno al timore per l'arrivo del marchese e all'entrata delle guardie - e costituisce un importante esempio di finale d'azione. Dal 1867 a oggi sono stati compiuti alcuni tentativi dì ricostruire i frammenti della partitura, e l'opera è stata messa in scena in diversi teatri.

Clelia Parvopassu


(1) "Dizionario dell'Opera 2008", a cura di Piero Gelli, edito da Baldini Castoldi Dalai editore, Firenze


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Ultimo aggiornamento 31 ottobre 2017