La dea Venere mostra a suo figlio Ascanio il paesaggio ameno dove sorgerà la città di Alba, in uno scenario bucolico popolato da Ninfe e Pastori, dove ella è venerata e su cui Ascanio dovrà regnare dopo aver sposato Silvia, la Ninfa della stirpe di Ercole, che gli è stata promessa.
Ascanio è preoccupato perché Silvia non lo conosce; la madre gli rivela che da quattro anni Amore appare in sogno alla Ninfa con le fattezze dello stesso Ascanio e ne ha conquistato il cuore. Ascanio potrà parlare alla Ninfa senza però rivelarsi.
Il sacerdote Aceste intanto sta facendo i preparativi per le nozze; Fauno e i Pastori cantano le lodi a Venere. Silvia vede Ascanio e rimane profondamente turbata: lo desidera ma pensa di essere promessa ad un altro. Aceste la tranquillizza.
Silvia e i Pastori si preparano ad accogliere la dea con cori e ghirlande di fiori. Venere compie un miracolo: tramuta gli alberi in colonne. Silvia viene condotta da Fauno al Sacro Monte.
Dal momento che Ascanio ancora non può rivelarsi, Silvia si convince di essere stata ingannata. Ascanio cerca di parlarle ma lei fugge via.
Pastori, Ninfe e Pastorelle, e in seguito anche Aceste e Silvia, intonano magnifici cori in onore della dea. Le nubi si squarciano e la dea appare in tutto il suo splendore accompagnata da Grazie e Geni. Ascanio rivela la sua identità e con Silvia e Aceste espongono i loro sentimenti e ringraziano Venere. Al loro si aggiunge il coro solenne di Grazie, Geni, Pastori e Ninfe.
Sull'onda del recente successo (dicembre 1770) di Mitridate re di Ponto, al figlio quindicenne di Leopold Mozart veniva offerta un'occasione da non rifiutare: la composizione di un'opera celebrativa, nel quadro dei festeggiamenti di un matrimonio imperiale. Gli sposi erano Maria Ricciarda Berenice d'Este, erede del Ducato di Modena, e l'arciduca Ferdinando, terzogenito di Maria Teresa e nuovo governatore della Lombardia austriaca. La festa teatrale affidata al giovane Wolfgang andò in scena due giorni dopo le nozze, ottenendo un successo straordinario: la coppia arciducale ne fu entusiasta, Mozart ricevette dalle mani di Maria Teresa un orologio d'oro ornato di diamanti, mentre Ferdinando propose alla madre, purtroppo invano, l'assunzione del giovane talento. Questi era riuscito anche nell'intento insperato di sbaragliare la temibile concorrenza: l'opera seria commissionata all'illustre coppia Hasse-Metastasio (Ruggiero, ovvero L'eroica gratitudine, ultima fatica teatrale per entrambi), battuta in modo «indescrivibile», come scrive con orgoglio papà Leopold alla moglie. Parini, all'epoca poeta del Regio Ducal Teatro, aveva confezionato una vicenda pastorale-allegorica allusiva a tutti i protagonisti delle «felicissime nozze»: sotto i panni di Venere si nascondeva Maria Teresa, sotto quelli di Ascanio Ferdinando, mentre Silvia - in quanto discendente di Ercole - rappresentava la casata d'Este. In uno scenario idillico-pastorale Venere promuove le nozze tra Ascanio e Silvia; quest'ultima però non deve conoscere l'identità del ragazzo, che gli appare in un sogno premonitore. Nella seconda parte, lungo un impervio percorso psicologico di paure e inquietudini, viene saggiata la virtù della giovane coppia: virtù che, contrapposta all'irrazionale inclinazione dell'eros, viene programmaticamente additata all'alma grande dei nobili sposi, attraverso un gioco di riferimenti impliciti tra la vicenda sul palcoscenico e gli augusti spettatori in sala. La fantasia del giovane compositore prende il volo proprio lungo questo percorso, nel superamento del segreto che impedisce ai ragazzi di seguire l'attrazione reciproca, descritto nella trepida palpitazione dei recitativi accompagnati e delle arie destinate ai due innamorati; tra queste, l'aria di Silvia "Infelici affetti miei" è una delle pagine più notevoli di questa fortunata prova giovanile di Mozart, arricchita anche da un apparato di cori festivi.
Il successo di Mitridate, re di Ponto, nel dicembre 1770, aprì al giovane Mozart la strada per un'altra importante commissione. Nel marzo 1771 il compositore, allora quindicenne, ebbe dall'imperatrice Maria Teresa l'incarico ufficiale di comporre una serenata per le nozze tra Maria Ricciarda Beatrice d'Este, principessa di Modena, e l'arciduca Ferdinando d'Austria, terzo figlio di Maria Teresa, governatore della Lombardia sotto il dominio austriaco. Si trattava di scrivere una "serenata drammatica", altrimenti detta "festa teatrale", seguendo un'usanza largamente impiegata per celebrare matrimoni, nascite, onomastici di membri della famiglia imperiale austriaca. La festa teatrale - un genere ibrido tra la cantata encomiastica e il dramma per musica - permetteva di tributare un omaggio alle persone festeggiate, filtrato da un'ambientazione pastorale allegorica; più breve di un'opera seria, puntava sugli elementi esteriori più che sul dramma in senso stretto: vi abbondavano cori e balli con contorno di geni, grazie, ninfe e pastori, e vi giocavano un ruolo di rilievo scenografie e macchine teatrali. I festeggiamenti legati alle nozze imperiali, che si sarebbero celebrate a Milano nell'ottobre del 1771, prevedevano una nuova opera seria (per la quale fu ingaggiato Johann Adolf Hasse) e uno spettacolo secondario, la festa teatrale commissionata a Mozart e intitolata Ascanio in Alba, su un libretto del poeta "ufficiale" Giuseppe Parini. Entrambi i lavori sarebbero stati rappresentati al Regio Teatro Ducale di Milano.
Le lettere di Wolfgang e del padre Leopold permettono di seguire con precisione, in tutte le sue fasi, la genesi della festa teatrale. Mozart si mise all'opera ai primi di settembre, appena ricevuto il libretto approvato dalla corte viennese, e portò rapidamente a termine il proprio compito. Contrariamente all'uso compose anche i balli, che solitamente erano lasciati a qualche collaboratore. I festeggiamenti ebbero inizio il 15 ottobre 1771, con la celebrazione del matrimonio; la sera del 16 si diede l'opera principale, Il Ruggiero, e il giorno dopo la festa teatrale di Mozart. Ne furono interpreti artisti di prim'ordine, fra i quali spiccavano il primo uomo Giovanni Manzuoli, il soprano Geltrude Falchini nella parte di Venere e il soprano Antonia Maria Girelli in quella di Silvia. La coreografia dei balli fu curata da Jean Favier e Charles Le Picq. Il lavoro del giovane compositore - che destò l'entusiasmo di tutti, coppia reale compresa - fu ripreso nei giorni successivi, tanto che alla fine del mese se ne contarono altre quattro rappresentazioni. Stando alla testimonianza di Leopold, Ascanio in Alba ebbe un successo tale da eclissare l'opera di Hasse (che non poteva vantare altrettanta modernità stilistica). Com'è noto, è in quell'occasione che l'arciduca propose alla madre, senza successo, di prendere al proprio servizio il giovane musicista.
Come vuole il genere, la trama di Ascanio in Alba è ben poco consistente: l'azione consiste in una retorica celebrazione della virtù che vince sulla forza dell'eros, o della ragione che ha la meglio sull'irrazionalità. In questa scontata vittoria del dovere sulle inclinazioni personali, si attua il gioco dei rimandi tra la vicenda pastorale posta sulla scena e i nobili dedicatari. Venere allude chiaramente a Maria Teresa, la tessitrice del matrimonio dalla lontana Vienna;Ascanio e Silvia raffigurano i due sposi. Ma è l'azione stessa che tratteggia, per via allegorica, i casi legati agli Asburgo: Ascanio, fondatore della nuova città di Alba, rappresenta l'arciduca Ferdinando, che in Italia avrebbe dovuto gettare le fondamenta di uno stato asburgico (il matrimonio con la principessa d'Este ne era il presupposto). E come la vera sposa, Silvia non conosce il suo futuro marito fino al momento delle nozze.
Come il soggetto allegorico, anche la forma esterna della musica è tipica del genere: Ascanio in Alba consta di recitativi secchi (che diventano recitativi accompagnati nei momenti di maggiore intensità emotiva) e di un'equilibrata alternanza di arie e cori. Questi ultimi, presenti in gran quantità (nella partitura si contano ben sedici interventi corali), sono associati nella maggior parte dei casi alla danza, così da enfatizzare ulteriormente gli apparati visivi e spettacolari della rappresentazione. Le arie sono in forma tripartita, all'uso dell'opera seria dell'epoca; ma nessuna di esse è posta in fine di scena: il disegno architettonico complessivo si premura di evitare le caratteristiche cesure drammatiche determinate dall'uscita del cantante al termine della sua esibizione canora. La musica delle arie, attenta ai trapassi emotivi, alle inquietudini, alle palpitazioni giovanili (si ascolti l'aria di Silvia «Infelici affetti miei», dolcemente incalzante), mostra quanto rapidamente il giovane Mozart avesse assimilato il mestiere dei compositori d'opera italiani del tempo. Ma l'attenzione per la scrittura orchestrale, la viva concitazione ritmica, la ricchezza di spunti motivici (spesso è l'orchestra che si assume il compito di individuare il clima drammatico-affettivo del momento), mostrano come l'esperienza italiana di Mozart fosse nutrita, e fecondata, dall'esercizio sinfonico nel quale il salisburghese era ormai più che navigato.
Claudio Toscani