Spontava il dì quando la rosa, SV 255
Canzonetta morale a tre voci
Musica: Claudio Monteverdi (1567 - 1643)
Testo: Angelo Grillo
Organico: contralto, tenore, basso, basso continuo
Edizione: Bartolomeo Magni, Venezia, 1640 in
Selva Morale e Spirituale
Dedica: imperatrice Eleonora Gonzaga
Un gruppo di cinque madrigali spirituali, su testo
genericamente morale ma non liturgico, è posto da Monteverdi in
apertura della Selva
morale, con la funzione di un proemio. Sono composizioni
nello stile moderno più avanzato, che prediligono la declamazione
rapida, la sillabazione su note ripetute caratteristica dello stile
madrigalistico profano, piuttosto che il classico andamento polifonico
in valori distesi.
Spontava il dì,
«canzonetta morale» a tre voci, presenta il testo poetico e musicale
diviso in cinque parti, chiuse ciascuna da un refrain comune. Le
prime quattro stanze sono realizzate in polifonia con andamento
sillabico, con imitazioni elementari, con una condotta melodica quanto
mai semplice: seguono, insomma, i dettami dello stile «popolaresco». La
quinta stanza, invece, è realizzata monodicamente: è infatti un
patetico «lamento» del basso solo, che - indugiando in cromatismi
caratteristici - declama in uno stile prettamente teatrale.
Claudio Toscani
Testo
Spontava il dì
quando la Rosa
sovra una piaggia herbosa
in ossequio de l'alba un riso aprì;
e rise il prato
tutto odorato,
e i Colli e le Campagne innamorò.
Ma che prò?
Chi da l'ira del ciel mai l'assicura?
Cosa bella quaggiù passa e non dura.
La più dolce rugiada
che dal ciel cada
lei di liquide perle incoronò;
poi la bella reina
de la sua spina
se stessa cinse, e la sua reggia ornò.
Ma che prò?
Chi da l'ira del ciel mai l'assicura?
Cosa bella quaggiù passa e non dura.
La vagheggiano gli alberi [allori],
la vezzeggiano l'aurette,
le s'inchinano i bei fiori
e l'adornano l'herbette:
fior più bello non riga o l'Arno o 'l Po.
Ma che prò?
Chi da l'ira del ciel mai l'assicura?
Cosa bella quaggiù passa e non dura.
Per valletta o per campagna
il pié molle affretta il rio
e con dolce mormorio
la saluta e 'l pie le bagna,
riverente quanto può.
Ma che prò?
Chi da l'ira del ciel mai l'assicura?
Cosa bella quaggiù passa e non dura.
Ahi, quel sole che dianzi in su l'Aurora
la diede ai Colli e ne dipinse i Campi,
rotando accesi in sul meriggio i lampi
la distrugge, la scolora,
restando ignude e senz'honor le spine:
e vanno insieme i doni e le rapine.
Oh d'humana bellezza
cui tutt'il mondo apprezza,
cui tant'Amor per poco spatio ornò
rosa caduca, il superbir che prò?
Chi dall'ira del ciel mai l'assicura?
Cosa bella quaggiù passa e non dura.
(1)
Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al numero speciale AMS
009-10 della rivista Amadeus
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Ultimo aggiornamento 12 febbraio 2017