Scaramouche, op. 165b

Suite per due pianoforti da Le médecin volant, op 165

Musica: Darius Milhaud (1892 - 1974)
  1. Vif
  2. Modéré
  3. Braziliéra
Organico: 2 pianoforti
Composizione: Parigi, 1937
Prima esecuzione: Parigi, Exposition, 1 luglio 1937
Edizione: Editions Salabert, Parigi
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Il concerto, che s'era iniziato col vigoroso combattimento dei pianoforti stravinskiani, si conclude con la spigliata, sbarazzina scaramuccia alla quale i due pianoforti sono chiamati nella suite di Darius Milhaud intitolata Scaramouche. Questo lavoro presenta, almeno in parte, un assunto infantile. Il primo e il terzo dei brani che la compongono è stato tratto infatti da Milhaud dalla musica di scena per la commedia per ragazzi Le Médecin Volant che Charles Vildrac aveva adattato da Molière e che fu rappresentata il 13 maggio 1937 nel teatro parigino «Scaramouche» diretto da Henriette Pascar. Da questo lavoro, contrassegnato col numero d'opera 165, Milhaud trasse subito la suite per due pianoforti, dandole il numero d'opera 165b e due anni più tardi ne diede ancora una versione per pianoforte e sassofono o clarinetto (op. 165 c). Tra i due pezzi desunti dalla musica di scena Milhaud inserì un brano basato sull'Ouverture di un altro lavoro destinato originariamente al teatro di prosa e precisamente al dramma Bolivar di Supervielle, rappresentato precedentemente alla Comédie-Francaise (da non confondersi con l'omonima opera lirica che Milhaud doveva comporre più tardi senza utilizzare alcun elemento di questa musica di scena). Senza la cristallina purezza e senza la rocciosa durezza di Stravinsky, Milhaud ci offre una musica il cui flusso sonoro trascina detriti politonali o poliarmonici che siano, incanalandosi, qui, verso un approdo dove tutto si decanta e acquista trasparenza in un clima felice propiziato, una volta di più, da un assunto infantile che permette al compositore di ottenere tanto più quanto meno pretende.

Roman Vlad

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Scaramouche, ovvero suite per due pianoforti, fu composta da Darius Milhaud nel 1937. In quel periodo il musicista aveva scritto delle musiche di scena per la pièce, nello stile della commedia dell'arte, dal titolo Le médécin Volant di Molière. Da quel lavoro teatrale, in seguito alla richiesta di Ida Jankelevitch che desiderava interpretare un brano in duo con Marcelle Meyer, egli ricavò la suite in tre movimenti per due pianoforti e successivamente ne fece una fortunata trascrizione per sassofono e orchestra. La chiamò Scaramouche (una delle maschere teatrali principali) e lui stesso spiegò la genesi del lavoro nelle sue Notes sans musique: «Avevo per le mani alcuni elementi tratti da due partiture delle musiche di scena e chiamai quell'amalgama Scaramouche. Deiss mi propose subito di pubblicarli, ma io lo sconsigliai vivamente poiché pensavo che nessuno le avrebbe mai suonate. Ma il mìo editore aveva un carattere molto particolare e già di suo non avrebbe fatto mai uscire nulla se non quello che gli piaceva. Amava particolarmente Scaramouche, e trovava che suonasse bene. Il futuro finì per dargli ragione». Elementi di chanson francese, jazz, blues, samba brasiliana si miscelano nella suite di Milhaud, dentro a un linguaggio immediato, comunicativo, a tratti ironico, spregiudicato, tagliente. Il primo movimento, Vif, si apre con una sventagliata di note che subito tutto travolge in un veemente tourbillon. L'uso della politonalità, di accordi massivi e di fulminanti sequenze ritmiche, conferiscono un carattere un po' meccanico e selvaggio alla partitura che prosegue, più che per elaborazione di una storia, per improvvise, icastiche giustapposizioni motiviche. Poi sbuca dal precedente magma sonoro il secondo gruppo tematico, una melodia su distinti accordi in ottava che presto dà il via a una elegante marcia su nota puntata. Ne seguono nuove, reiterate elaborazioni collegate da turbinanti scalette, prima del ritorno finale del primo gruppo. Ben altra cosa il secondo movimento, un Modéré che traccia un momento di respiro, con un primo tema molto espressivo e un secondo che consiste in un'idea melodica di intima serenità. Nella parte centrale, un angolo di gusto francese, dove le armonie disegnano scenari di limpida chiarezza, scopertamente giocato sulle sfumature timbriche, sulle risonanze, sui riflessi. Milhaud ci trasporta in terre esotiche con Brazileira. Qui, disegnate sul caratteristico, ribollente movimento di samba, si succedono ciclicamente numerose, brillanti idee melodiche e ritmiche che testimoniano di come il compositore avesse amato e assorbito quel sound dai toni sgargianti durante il soggiorno in America latina.

Marino Mora


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia.
Roma, Sala Accademica di via dei Greci, 23 gennaio 1976
(2) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 172 della rivista Amadeus


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Ultimo aggiornamento 14 marzo 2019