Introduction et allegro, op. 220

Arrangiamento da La Sultane di Couperin

Musica: Darius Milhaud (1892 - 1974)
Organico: ottavino, 2 flauti, 2 oboi, corno inglese, 2 clarinetti, clarinetto basso, 2 fagotti, 4 corni, 3 trombe, 3 tromboni, basso tuba, timpani, percussioni, arpa, archi
Composizione: Oakland, 9 - 11 ottobre 1940
Edizione: Elkan Vogel, Bryn Mawr (Pensilvania)
Guida all'ascolto (nota 1)

Sentimentale, lirico, ma non dichiaratamente romantico, sanguigno, aggressivo, ironico, eccentrico e anticlassico (il suo rifiuto della razionale «clarté» raveliana è molto più marcato di quello espresso nei confronti delle evanescenti «nuages» debussyane), Milhaud viene definito dai suoi esegeti un temperamento eclettico con tendenza alla estroversa fastosità barocca per la disinvolta bravura nel costruire opere grandiose e monumentali e «opéras-minutes», anche a scopo didascalico e descrittivo, ma a nostro avviso quello che colpisce di più in lui è la sua natura di artista solare e mediterraneo, amante più del colore che del discorso strumentale (il suo primo entusiasmo giovanile, a parte il legame profondo con la poesia di Claudel, è stata la pittura di Cézanne) e rivolto a tratteggiare situazioni psicologiche chiare e dai contorni netti, espresse con una musica sostanzialmente sobria nella ricerca dell'equilibrio sonoro ed estremamente varia e articolata nella orchestrazione.

Un esempio di questa sobrietà e chiarezza musicale di Milhaud si può ritrovare nel brano inserito nel programma odierno, che risale al 1940 ed è in sostanza una libera trascrizione e orchestrazione di due pagine, Introduction et Allegro, della suite «La Sultane» di Francois Couperin, detto «Il grande» e famoso per la sua opera teorica «L'arte di suonare il clavicembalo» e per le sue composizioni scritte per questo strumento, che rappresentano un momento importante nella determinazione dei caratteri stilistici ed estetici della musica francese. «La Sultane», che probabilmente deve il titolo alla voga delle «Mille e una notte» e degli altri romanzi orientali nel primo Settecento, fu composta dal classicista Couperin, stimato organista della chiesa parigina di Saint-Gervais, fra il 1705 e il 1710 ed è originariamente scritta per due violini, due viole e basso continuo. Milhaud ha orchestrato il pezzo con gusto moderno, affidando al timbro degli ottoni, in contrappunto con l'orchestra d'archi, lo sviluppo dei due temi di Couperin. Il primo di essi, grave e solenne, è annunciato dal trombone con gli archi che cantano in sordina, mentre il secondo tema gioioso e allegro è espresso dal corno la cui voce dialoga con l'orchestra fittamente elaborata in una progressione di sonorità luminose e squillanti, che piacevano tanto al compianto musicista del «Groupe des Six», come reazione alle fumose e smidollate atmosfere del decadentismo impressionistico.

Ennio Melchiorre


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia.
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 27 novembre 1976


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Ultimo aggiornamento 23 aprile 2017