Sonata in si bemolle maggiore per pianoforte, op. 106 (MWV U64)


Musica: Felix Mendelssohn-Bartholdy (1809 - 1847)
  1. Allegro vivace (si bemolle maggiore)
  2. Scherzo. Allegro non troppo (re bemolle maggiore)
  3. Andante quasi Allegretto (mi maggiore)
  4. Allegro molto (si bemolle maggiore). Allegro moderato
Organico: pianoforte
Composizione: Berlino, 21 maggio 1827
Edizione: Rieter-Biedermann, Lipsia, 1868
Guida all'ascolto (nota 1)

«Tutta la storia della musica strumentale dopo Beethoven è la storia di un lungo dubbio, di una lunga incertezza fra il restar fedeli alla forma-sonata e fra il desiderio di evaderne». L'affermazione del Confalonieri non esclude Mendelssohn, men che mai il giovane Mendelssohn che facilmente si crederebbe, assai più dell'artista degli anni maturi, condizionato dalla tradizione. Non v'è traccia di vocazione accademica nel musicista che intorno ai quindici anni viene creando una serie di opere in cui l'ideale classico è categoria estetica di apollinea serenità, equilibrio e contenuto pathos, rifuggente dal panico e dalla notte in cui s'inabissa la Romantik. Ma le forme e le strutture lessicali in cui tale ideale viene concretandosi vi sì plasmano attorno con un sorprendente spirito di libertà che nulla ha da invidiare a quello di Schumann.

La Sonata in si bemolle maggiore, scritta a diciott'anni, è la terza ed ultima delle tre composte per il pianoforte da Mendelssohn in giovanissima età. Esattamente come avverrà per Brahms, egli in seguito abbandonerà per sempre l'aulico genere, dedicando alla tastiera un gran numero di brevi Romanze senza parole, mentre Brahms non scriverà che variazioni, ballate, capricci, intermezzi. Il pianoforte, per questi due transfughi dal romanticismo, era diventato un confessore troppo severo e non tollerava più ipocrisie. Mendelssohn diciottenne si permette ancora di trattare con noncurante leggerezza la sonata di Clementi, cui Weber, Hummel ed altri, ciascuno a proprio modo, avevano fatto atto di obbedienza. Sotto parvenze sonatistiche, la composizione mendelssohniana ha tutto lo slancio dinamico, la fluidità, l'estroso ed imprevedibile divagare, l'eccitazione virtuosistica di una fantasia, o piuttosto di una grande toccata. I tempi si susseguono senza vera soluzione di continuità; i materiali tematici tendono ad uniformarsi nell'impeto dello scatto dinamico iniziale; la stessa verbosità di taluni tratti si giustifica nell'estetica di un divagare fantastico dai contomi fluidi e capricciosi.

Giovanni Carli Ballola


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 10 novembra 1980


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Ultimo aggiornamento 8 giugno 1980