Sinfonia n. 4 in la maggiore "Italiana" , op. 90 (MWV N 16)


Musica: Felix Mendelssohn-Bartholdy (1809 - 1847)
  1. Allegro vivace (la maggiore)
  2. Andante con moto (re minore)
  3. Con modo moderato (la maggiore)
  4. Saltarello. Presto (la minore)
Organico: 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni, 2 trombe, timpani, archi
Composizione: Lipsia, 13 Marzo 1833
Prima esecuzione: Londra, Hanover Square Rooms, 13 Maggio 1833
Edizione: Breitkopf & Härtel, Lipsia, s. a.
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Le più conosciute, organiche e personali sinfonie di Mendelssohn sono la quarta e la terza e sebbene l'"Italiana" (1833) preceda di una decina d'anni la "Scozzese" (1843) è noto che le due composizioni furono abbozzate nello stesso periodo, cioè durante il soggiorno dell'autore in Italia (1830-'31). Senonché, una volta a contatto con la natura, le canzoni popolari e le caratteristiche dell'ambiente italiano, Mendelssohn si tuffò esclusivamente nel lavoro dei quattro tempi della Quarta Sinfonia, tanto che in una lettera del 21 febbraio del 1831, scritta da Roma, il musicista così si esprimeva: «Essa procede alacremente; è il lavoro più gaio che io abbia mai finora composto, specialmente nel finale. Niente ancora ho deciso per il tempo lento; forse dovrò aspettare di essere a Napoli per compierlo».

La sinfonia fu eseguita nel maggio del 1833 dalla Filarmonica di Londra diretta dallo stesso autore e fu accolta in modo molto lusinghiero, suscitando però sin d'allora e per molto tempo ancora diverse discussioni in sede critica circa la classificazione dell'opera nel genere romantico o classico. Discussione piuttosto artificiosa e completamente superata, perché questa sinfonia è l'espressione di un felicissimo equilibrio spirituale, in cui i termini di classico e di romantico si fondono e si integrano magnificamente in una sintesi di vivaci colori mediterranei e di autunnali sentimenti nordici.

Il carattere della sinfonia si rivela subito nello slancio e nella spontaneità dell'Allegro iniziale, che si apre con un attacco risoluto e giovanile enunciato rispettivamente dagli archi e dagli strumenti a fiato. Subentra il secondo tema in mi più dolcemente disteso, esposto dai clarinetti e dai fagotti e poi dai flauti e dagli oboi con un sostegno degli archi: i vari motivi si incrociano quindi fra di loro e nella riesposizione degli elementi tematici la seconda idea viene proposta dalle viole e dai violoncelli, mentre l'accompagnamento passa ai flauti e ai clarinetti. Si impongono di nuovo gli strumenti a fiato in un atteggiamento di fanfara, fino a cedere il passo agli archi che riassumono e concludonobrillantemente il tempo.

L'Andante con moto è una canzone di nostalgica malinconia che Camille Bellaigue definì come «un richiamo del genio della Germania, che viene qui a cogliere e a strappare il giovane musicista tedesco da impressioni troppo italiane». Il tema principale esposto dalle viole all'unisono con gli oboi e i fagotti, si alterna con una frase più dolce e serena dei clarinetti, per concludere, dopo una breve ripresa, in modo evanescente e sognante.

La serenità ritorna nel terzo tempo con l'originale motivo del Trio dove risuonano corni e fagotti sotto un leggero disegno di violini e flauti: sembra un'antica scena di caccia nella campagna romana.

Il tempo più caratteristico ed emblematico di tutta la sinfonia, tale da riassumere e giustificare il significato del titolo, è il Saltarello finale che riproduce e rievoca liberamente gli atteggiamenti e le cadenze della popolare danza romana. Il tema è vivacissimo e brillante e scorre su un ritmo a note ripetute in un clima di briosa, spigliata e incandescente animazione.

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Come ogni artista tedesco anche Mendelssohn subì il fascino della terra dovie fioriscono i limoni; e nel 1830-31 compì il suo viaggio in Italia, fermandosi a Roma, dove strinse amicizia con Berlioz, e a Napoli. Proprio a questo periodo risalgono i primi abbozzi della Sinfonia in la maggiore che Mendelssohn non si risolse mai a pubblicare, nonostante le numerosi revisioni cui la sottopose successivamente, e che pertanto venne pubblicata postuma, come Quarta, mentre si trattava in realtà della sua terza sinfonia, terminati nel 1833, la cui prima esecuzione era avvenuta alla Società Filarmonica di Londra il 13 maggio di quello stesso anno sotto la direzione dell'autore.

Prima ancora delle pur importantissime allusioni al folclore italiano, in questa sinfonia occorre rilevare la straordinaria sicurezza della forma che la rende gemella della successiva sinfonia "Scozzese". Queste due opere formano una coppia di composizioni in cui la ricognizione degli schemi classici è compiuta con originalità tanto maggiore quanto più solido è il controllo dei problemi costruttivi: esse sono in questo largamente accomunate e di gran lunga elevate al di sopra dell'ambiziosa irregolarità formale della sinfonia che precede immediatamente l'"Italiana" (la cosiddetta Quinta, intitolata "Riforma") o dell'ipertrofica struttura sinfonico-corale della Seconda (il "Lobgesang") che cronologicamente si colloca fra I'"Italiana" e la "Scozzese". Quasi sempre lievi, ed estremamente stilizzati, i riferimenti italiani della sinfonia "Italiana" sono fusi, pur nell'accurata elaborazione tematica, in un organismo perfettamente scorrevole e funzionale. Il piglio brillante e l'animata eccitazione del primo tempo non intaccano la raffinata costruzione di una forma-sonata specialmente ricca di proposte e di sfumature, e lavorata con profonda attenzione anche dal punto di vista contrappuntistico. Il secondo tempo è costruito su un canto di processione, passaggio quasi obbligato nelle escursioni musicali italiane dei romantici (vedi l'Aroldo di Berlioz, di cui l'"Italiana" è l'equivalente mendelssohniano, sia pure meno fantastico e surriscaldato), col suo carattere vagamenente popolaresco, con certi suoi andamenti di danza, col suo sapore, talvolta, modale. Scorrevole e melodico risulta anche il terzo tempo Con moto moderato, che acquista vaghezza dall'indecisione intrinseca del modulo metrico utilizzato, ben definito e tuttavia oscillante fra il minuetto, lo scherzo e persine il valzer. Il Saltarello rende un omaggio conclusivo, fresco e scintillante, al mito di una latinità solare, orgiastica, impetuosa.

Guida all'ascolto 3 (nota 3)

Il «romanticismo felice», come fu ben definito quello di Mendelssohn, trova una delle sue più perfette espressioni nella Sinfonia n. 4 in la maggiore op. 90, detta Italiana perché abbozzata durante il soggiorno dell'autore nel nostro paese, soggiorno che da Venezia a Napoli si protrasse dall'autunno 1831 all'estate 1832. A Roma sono soprattutto Piazza di Spagna (dove il compositore abitava), Trinità dei Monti, il Pincio, il Ponte Nomentano - allora immerso nel verde e nel silenzio della campagna romana - a suscitare nelle sue lettere le frasi di ammirazione più entusiastica. Ascoltando questa musica mendelssohniana non è luogo comune affermare ch'essa, soprattutto nei due movimenti estremi ci appare irradiata di luce mediterranea e animata da una esuberante gioia di vivere: «la musica più gaia che io abbia composto», ebbe a dire, del resto, lui stesso. Quella gioia che esplode nella «partenza» festosissima dell'Allegro vivace e che dominerà tutto il movimento; il cui secondo tema, infatti, lungi dal contrapporsi al primo come negli schemi classici, n'è il riverbero atto a intensificarne e a spanderne le luci.

L'Andante con moto è un momento di contemplazione. I colori sia del motivo delle viole all'unissono con oboi e fagotti sia del motivo del clarinetto, la delicatezza delle figurazioni contrappuntistiche che avvolgono quei motivi, il modo di terminare il pezzo in tenui frammenti, e, in particolare, la piega malinconica delle melodie, tutto sta a suggerire un paesaggio che va stemperandosi in luci occidue. Ma qui, in Italia, niente elfi e fate: un diversivo nel Minuetto (Con moto moderato), vaghi richiami agresti di corni e fagotti nel Trio, infine una danza, danza di uomini e donne in carne ed ossa (e come), quelli che Mendelssohn amava osservare nei quartieri popolari della capitale pontificia e che, allora, nel Saltarello sfogavano la loro esuberanza, cimentavano la loro destrezza tersicorea, esaltavano la loro prestanza fisica.

Questo del Mendelssohn è un omaggio musicale all'Italia che regge il confronto con le più famose opere letterarie e pittoriche che il nostro paese ha ricevuto in dedica nel corso dei secoli.

Giorgio Graziosi

Guida all'ascolto 4 (nota 4)

La lunga gestazione della Sinfonia Italiana sembra contraddire l'immagine di un Mendelssohn compositore dalla vena fluente. Il primissimo spunto dell'opera risale all'estate del 1829, allorché il giovane musicista di Amburgo si trovava in Inghilterra, insieme ai primi abbozzi della Sinfonia Scozzese. Durante i lunghi vagabondaggi in Italia, nei due anni successivi, il progetto si consolidò senza tuttavia mettere capo a una stesura completa del lavoro, e fu solo dietro un invito della Società Filarmonica di Londra, nel 1832, che il compositore si risolse a riprendere e ultimare il manoscritto messo da parte. La prima esecuzione ebbe luogo nella capitale britannica il 13 marzo 1833; malgrado il successo, Mendelssohn non giudicò opportuno dare l'opera alle stampe (nel suo ricchissimo epistolario con gli editori, pubblicato da R. Elvers nel 1968, non si fa neppure menzione dell'Italiana), e quattro anni piti tardi sottopose la partitura ad attenta rielaborazione. Altre modifiche e ritocchi vennero apportati negli anni seguenti, e solo la morte prematura dell'autore rese definitiva la versione che Julius Rietz fece conoscere nel novembre 1849 a Lipsia, alla guida dell'orchestra del Gewandhaus.

La più celebre sinfonia di Mendelssohn è un omaggio all'Italia, alla forma classica, e indirettamente alla grande arte di J.S. Bach. Vi si cercherebbero però invano temi popolari di chiara individuazione, come sarà in altri illustri affreschi sonori, da Caikovskij a Dvorak: il carattere 'italiano' della composizione andrà rintracciato piuttosto nella sua spumeggiante freschezza, nella cantabilità davvero mediterranea di molti temi, nella luminosità della magistrale strumentazione, che privilegia spesso i colori solistici sugli impasti, e fa un uso parsimonioso degli ottoni. La cornice formale è quella classica, in quattro movimenti con ordinati ritornelli e riprese, che nella snellezza delle proporzioni sembrano guardare soprattutto ai modelli haydniani e mozartiani, anche se è avvertibile qua e là (ampliamento degli sviluppi, ripresa variata), l'influsso della grande lezione beethoveniana. Ma in molti punti traspare anche il grande amore che Mendelssohn nutriva per Bach: emblematico è in tal senso l'Andante con moto, dove i contrappunti dei flauti al tema principale e soprattutto il movimento dei bassi sembrano realmente rievocare lo spirito barocco.

Il primo movimento, scritto nel trascinante ritmo di 6/8 tanto caro a Mendelssohn, presenta nella esposizione i due temi tradizionali della forma sonata: il primo guizza subito nei violini, su virbanti ottavi ribattuti dei legni, mentre a questi ultimi è affidato il più pacato secondo tema, accompagnato da arpeggi degli archi. Nello sviluppo, assai ampio, Mendelssohn introduce un terzo elemento tematico, che compare dapprima negli archi e viene subito sottoposto a una fitta elaborazione contrappuntistica, per poi intrecciare un serrato dialogo con il primo tema. La ripresa, magnificamente preparata da un lungo crescendo, è molto diversa dall'esposizione, e presenta una ulteriore elaborazione dei vari motivi; di particolare bellezza è la riproposta del secondo tema, affidato stavolta a viole e violoncelli che duettano per seste, su delicati arabeschi del flauto e del clarinetto. Di grande suggestione è l'inizio dell'Andante con moto che segue: archi e legni intonano all'unisono un solenne motto, basato sulla nota la, dominante di re minore; poi, sull'incedere dei bassi, l'oboe e i fagotti con le viole espongono la melodia principale, «leggermente malinconica, ma serena, che procede lenta come un dondolare di ninna nanna» (Della Corte e Pannain); nella sezione centrale i due clarinetti fanno udire un nuovo tema, sino al perentorio ritorno del motto di apertura che introduce la ripresa, sempre sostenuta dall'incessante moto dei bassi, cui è affidata la concisa coda. La venerazione di Mendelssohn per i grandi maestri del classicismo viennese traspare anche dal terzo movimento: che non è uno Scherzo, genere prediletto dall'autore, quanto piuttosto una nostalgica rievocazione dell'antico minuetto, pieno di grazia sfuggente e percorso specie nel trio, caratterizzato da marcati interventi di fagotti e corni, da una sottile inquietudine. La parentesi del Con moto moderato accentua ancora di più, per contrasto, l'esplosione di vitalità ritmica del celebre Saltarello finale, l'unico brano dichiaratamente 'italiano' della sinfonia. Si tratta di una sorta di stilizzata tarantella, autentico banco di prova per il virtuosismo di orchestre e direttori: dal turbinio di terzine degli archi agli spericolati passaggi in staccato dei legni, tutto il brano è un'apoteosi del ritmo, pur mantenendosi lontano dai toni dionisiaci della Settima Sinfonia beethoveniana, e presenta straordinarie assonanze con il mondo fiabesco delle musiche per il Sogno dì una notte dì mezza estate. Verso la fine flauti e clarinetti sembrano citare il tema del primo movimento, e la prorompente energia scemare d'intensità, prima della brillantissima chiusa.

Maurizio Giani


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 27 Gennaio 1990
(2) Testo tratto dal Repetorio della Musica Sinfonica a cura di Pietro Santi, Giunti Gruppo Editoriale, Firenze
(3) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Eliseo, 22 novembre 1962
(4) Testo tratto dal programma di sala del Concerto del Maggio Musicale Fiorentino,
Firenze, Teatro Comunale, 30 giugno 1988


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Ultimo aggiornamento 1 aprile 2016