Nel 1846 Felix Mendelssohn-Bartholdy preparò 6 piccoli pezzi intitolati Kinderstücke, ma la pubblicazione fu ritardata fino al dicembre del 1847, un mese dopo la morte, quando apparvero in Inghilterra da Ewer & Co. come op. 72 con il titolo non autorizzato «Sei pezzi per pianoforte composti come regalo di Natale per i suoi giovani amici, da Felix Mendelssohn-Bartholdy». Erano vere miniature musicali in cui aveva cercato di catturare i segreti dell'animo e della semplicità infantile: un'autoriflessione sull'infanzia, o ancora una sorta di ricordo della propria gioventù. Sul soggetto è chiaro il rapporto con le Kinderszenen di Schumann, anche se Mendelssohn non diede ai brani un titolo. Tuttavia un'aura di fresca innocenza trova il proprio riscontro musicale proiettata in uno stile spiccatamente melodico, dentro ritmi ripetitivi e armonie di efficace chiarezza.
Nel n. 1 dell'op. 72, l'Allegro non troppo, spicca subito un tema dal piglio un po' baldanzoso e dall'andamento marziale su nota puntata; disteso e proseguito su alcuni periodi che ne sviluppano, tramite varianti, l'idea generatrice, è poi ripreso testualmente e infine chiuso da una coda.
Il numero 2, Andante sostenuto, reca la firma squisita del Mendelssohn più tìpico, quello delle soavi Romanze senza parole. Dopo l'introduzione un rotondo tema alla destra si sviluppa pian piano in un respiro calmo e tranquillo, ma dettato da un sotterraneo lavorio, autoalimentandosi come in un processo autoriflettente di gemmazione, sostenuto dall'ondulato flusso in contrappunto armonico del basso; un senso indicibile di pace interiore tocca le corde dell'ascoltatore, trasportandolo nel regno del puro sentimento. Alla fine di questo idillio, la breve frase di interludio, la stessa che aveva fatto da introduzione, torna a chiudere questo epigramma.
Nell'Allegretto fa capolino un tema accordale dal carattere un po' bizzarro e sfuggente; nel prosieguo Mendelssohn lo sottopone a continua elaborazione, senza tuttavia fargli perdere i connotati del proprio quadro ritmico e mantenendo intatta la configurazione melodico-tonale.
Nel quarto numero, un Andante con moto, torniamo nel mondo fantastico e vellutato delle romanze pianistiche, con una melodia aleggiante e ispirata, sostenuta, sospinta dal morbido ribattuto delle armonie che avvolge soavemente la linea e ne permette uno sviluppo interno.
Il n. 5, Allegro assai, è nello stile agitato dell'improvviso, tanto che subito, sin dall'accigliato e slanciato incipit, come d'incanto si va col pensiero ad analoghe pagine di Schubert o di Schumann; disposto su due idee alternate, la prima coinvolgente e un po' patetica, la seconda più flessibile e agitata, si conclude con uno sfuggente, fantastico passo dì epilogo.
L'ultimo brano della serie è un breve Vivace in cui, da un'avvolgente spirale in arpeggio spezzato e alternato tra le due mani, scaturisce un tema precipitoso: ripreso, è variato e poi intercalato a brevi, fugaci episodi di collegamento anch'essi giocati sul controllo del tocco e sulla tecnica più leggera e raffinata del pianoforte.
Marino Mora