Deux Romances pour violoncelle avec accompagnement de piano, op. 72


Musica: Giuseppe Martucci (1856 - 1909)
  1. Andantino con moto (la minore)
  2. Moderato (la maggiore)
Organico: violoncello, pianoforte
Composizione: Bologna, giugno 1891
Edizione: Schmidl, Trieste, 1891
Guida all'ascolto (nota 1)

Si ritiene generalmente che nell'Ottocento la musica strumentale fosse quasi totalmente scomparsa dall'Italia, troppo presa dalla passione dell'opera per prestare orecchio ad altri tipi di musica. In realtà nelle centinaia - forse migliaia - di salotti in cui ogni sera si faceva musica, sopravviveva un piccolo spazio, accanto alle arie d'opera e alle romanze vocali, per la musica strumentale. Oltre ai compositori italiani - in massima parte operisti, che dedicavano alla musica strumentale i ritagli di tempo, o virtuosi dei vari strumenti, che scrivevano pezzi destinati in primis alle loro esibizioni - si potevano talvolta ascoltare musiche di Mozart e Beethoven e anche di autori più recenti, come Mendelssohn, Chopin, Schumann e perfino d'un rappresentante della "musica dell'avvenire" come Liszt, che - non va dimenticato - soggiornò per lunghi periodi a Roma.

Soltanto negli ultimi decenni dell'Ottocento alcuni compositori italiani si accostarono alla musica strumentale con maggiore consapevolezza delle specificità di questo genere e dei grandi cambiamenti che stavano avvenendo nel mondo musicale europeo: tra questi Giovanni Sgambati, Marco Enrico Bossi e soprattutto Giuseppe Martucci. Come pianista (ebbe gli elogi di Liszt) e direttore d'orchestra (inaugurò i concerti dell'Accademia di Santa Cecilia all'Augusteo), Martucci si prodigò nel divulgare le musiche cameristiche, sinfoniche e teatrali dei maggiori autori d'oltralpe. Come compositore, fu tra i primi a sentire la necessità culturale di riportare l'Italia nel "concerto" della musica europea, superando il provinciale arroccamento nella presunta superiorità garantita dalle nostre gloriose tradizioni musicali. La sua attività d'interprete e quella di compositore sono in stretta relazione: l'amatissimo Wagner (diresse la prima italiana del Tristano e Isotta) gli consente di attualizzare il suo idioma strumentale; gli sviluppi della forma classica ad opera di Brahms (di cui diresse le prime italiane della Prima e Seconda Sinfonia) sono riconoscibili nel suo Concerto per pianoforte e nelle due Sinfonie; Schumann condiziona la struttura di molta sua musica cameristica e lo aiuta a superare il sentimentalismo troppo diretto a favore di un'espressione più sfumata e inquieta.

Un altro influsso - minore ma non trascurabile - della sua attività d'interprete su quella di compositore si può riconoscere nei vari pezzi che, dopo una lunga tournée europea con il famoso violoncellista Alfredo Piatti, dedicò al duo violoncello-pianoforte: nel 1880 compose la Sonata op. 52, nel 1888 i Tre Pezzi op. 69 e nel 1890 le Due Romanze op. 72.

Il tradizionale carattere della Romanza è sostanzialmente rispettato da Martucci nell'op. 72: sono infatti due pagine essenzialmente melodiche, su un accompagnamento del pianoforte consistente di ampi arpeggi nel primo brano, più denso invece nel secondo; la forma è tripartita ma molto coesa, perché la sezione centrale è collegata sotto l'aspetto tematico ed espressivo a quella iniziale. È ancora riconoscibile l'influsso di Mendelssohn (le Romanze senza parole) e di Schumann, filtrato però dalla sensibilità delicata e dall'eleganza garbata di un Fauré. La brevità delle due Romanze consente a Martucci la più totale e felice estrinsecazione espressiva - laddove nelle opere più ampie le intuizioni di getto e le aperture generose e improvvise sono talvolta seguite da prosecuzioni laboriose ed erratiche - e il loro tono introverso e meditativo rispecchia perfettamente le risorse timbriche e il carattere stesso del violoncello.

Mauro Mariani


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 16 marzo 2011


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Ultimo aggiornamento 12 gennaio 2016