La seconda parte si apre con i Tre pezzi per violino e pianoforte op. 67 di Giuseppe Martucci. Insieme a Giovanni Sgambati e a Marco Enrico Bossi, il Martucci, di cui quest'anno ricorre il centenario della nascita [il concerto dal quale abbiamo tratto questa guida era del 6 dicembre 1956 n.d.r.], fece parte di quel gruppo di compositori i quali, nella seconda parte del secolo scorso prepararono le basi per il rifiorire della musica sinfonica e strumentale in Italia. Di questo gruppo Martucci fu la «personalità più viva, più ricca di comunicativa, e anche di autentica fantasia musicale». Egli «segna la fine deil'esclusivismo teatrale delia musica italiana, anche se riuscì meglio nelle piccole forme, di gusto romantico, come nello squisito Notturno e nella Novelletta, che non nelle grandi forme classiche della sinfonia e del coricerto...» (Mila). «Gli è che il palpitare del temperamento martucciano è compresso, nelle sinfonie, dalla soggezione alla forma rigorosa che era giunta a lui attraverso suggestioni di cultura musicale astratta.... In realtà, Giuseppe Martucci è un lirico; del sinfonista ebbe la cultura e l'abito interpretativo, ma il suo temperamento creativo fu quello di un lirico nel quale l'immediatezza del sentimento è tenuta a bada da preoccupazioni di cultura» (Pannain). Meno noti che il Notturno e la Novelletta, i Tre pezzi op. 67 partecipano tuttavia delle migliori qualità di quei pezzi.
Roman Vlad