Anche Liszt partecipa a suo modo alla «Bach Renaissance» ottocentesca ma, secondo il suo carattere appunto, facendosi suggestionare e mettendo in rilievo il carattere magniloquente e virtuosistico di molte composizioni bachiane; del resto Liszt è troppo coinvolto con la cultura europea del suo tempo e troppo originalmente geniale per avere da Bach una suggestione anche teorica per una musica nuova, come succederà a Busoni, e troppo spregiudicato per esasperare passionalmente la forma, come avverrà invece a Franck. Perciò le suggestioni di Bach si uniscono in Liszt a quelle derivate da Palestrina o da Haendel o dai musicisti contemporanei.
Le Variazioni in questione sono basate sul basso continuo delle prime battute della Cantata «Weinen, Klagen, Sorgen, Zagen» e dal «Crucifixus» dalla Messa in si minore di Bach. Si capisce come il tema, con la sua suggestione cromatica abbia potuto affascinare Liszt; esso diviene dunque il pretesto per una costruzione pianistica assai varia, drammatizzata e ricca di colpi di scena, all'«Andante» iniziale che presenta in tono magniloquente il semplice tema bachiano segue un «quasi Allegro» e poi un «Allegro» nei quali il pianismo lisztiano si scatena per placarsi poi in un «Lento Recitativo», riprende quota nel «Quasi Allegro moderato», si placa di nuovo nel Corale in fa maggiore «Was Gott tutt...» (il testo è segnato sopra la musica come a indicare una meditazione concreta) e infine sì rianima nel «Quasi Allegro» finale, una pagina tutta in fortissimo che chiude retoricamente la composizione.
Fabio Bisogni