Miserere du Trovatore, S 433


Musica: Franz Liszt (1811 - 1886)
Organico: pianoforte
Composizione: 1859
Edizione: Schuberth, Lipsia, 1860

Basato sul Miserere, atto IV, n. 12 dell'opera Il trovatore di Giuseppe Verdi
Guida all'ascolto (nota 1)

Le trascrizioni, le parafrasi e le fantasie da melodrammi assicurarono in primis il successo di una iniziativa rivoluzionaria, il recital, perché fino al 1839 non era stato concepibile che un pianista si presentasse da solo di fronte ad un pubblico pagante. Anche se decideva di suonare in una sala non grande (400-500 posti) il pianista si faceva affiancare da un cantante o da uno strumentista, e se suonava in un teatro non poteva far a meno dell'orchestra. Liszt si presentò invece nel giugno del 1839, da solo, di fronte ad un pubblico pagante che era convenuto nel palazzo dell'ambasciata di Russia a Roma e, scrivendo alla principessa di Belgiojoso, parafrasò orgogliosamente il motto di Luigi XIV: "Il concerto son io". L'anno dopo, a Londra, inventò anche il termine nuovo, recital, anzi recitals on the piano, recitazioni al pianoforte, mettendo in programma musiche originali per pianoforte, trascrizioni da pezzi sinfonici, trascrizioni da Lieder e parafrasi da melodrammi. Il suo intento era chiarissimo: il suo programma era simile a quello dei concerti che si tenevano in teatro, ma invece di un centinaio di esecutori c'era sul palco un solo eroe che sfidava il drago, il Pubblico.

I successori mantennero nei loro repertori le fantasie drammatiche di Liszt. Ma quando il recital era ormai diventato un'istituzione permanente della vita musicale i critici cominciarono a borbottare che Liszt, sì, che Liszt era in fondo in fondo scusabile perché aveva seminato in un terreno incolto, ma che quando il terreno era stato ormai dissodato e cominciava a dar frutti copiosi non c'era alcun bisogno di far ancora ricorso a triti espedienti come le trascrizioni, le parafrasi, le fantasie drammatiche. E per una buona parte del Novecento tutto questo ampio settore del catalogo di Liszt andò in disuso o, meglio, fu tenuto stentatamente in vita nella discografia a scopo documentario, mentre i pochi pianisti - Cherkassky, Wild, Bolet - che si ostinarono a non separarsene del tutto fecero la figura dei nostalgici e degli incolti.

Nel Miserere del "Trovatore" è prima di tutto da ammirare l'ambientazione sonora, la resa con mezzi puramente pianistici della cupezza, della caligine della notte in cui, di fronte alla "torre ove di Stato gemono i prigionieri" si consuma il dramma di Leonora. Liszt si preoccupa di dare con il pianoforte quello che nel teatro danno le luci, e ci riesce perfettamente. Fino al "Di te, di te scordarmi" di Leonora segue fedelmente la forma verdiana, poi se ne scosta con un'ardita modulazione da la bemolle maggiore a si maggiore, e in seguito a re maggiore, ripetendo con una strumentazione diversa una sezione, aggiunge una coda trionfale e conclude anche in questo caso con la glorificazione della donna. Liszt bilancia così la forma del pezzo, che sarebbe altrimenti monca perché nell'originale di Verdi il Miserere è inquadrato fra "D'amor sull'ali rosee" e "Tu vedrai che amore in terra".

Piero Rattalino


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 10 maggio 2007


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Ultimo aggiornamento 20 settembre 2014