Rigoletto. Paraphrase de concert, S 434


Musica: Franz Liszt (1811 - 1886)
Organico: pianoforte
Composizione: 1859 circa
Edizione: Schuberth, Lipsia, 1860

Basato sul quartetto "Bella figlia dell'amore" dall'opera "Rigoletto" di Giuspeppe Verdi
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Per il Quartetto del Rigoletto parlo di parafrasi, non di trascrizione, perché Liszt interviene, sebbene in modo limitato, sulla forma della musica di Verdi. Vi interviene premettendo al Quartetto una introduzione, tematica, facendogli seguire una coda di grande effetto spettacolare, e aggiungendo, nei punti di snodo di alcuni episodi, delle brevi cadenze fortemente virtuosistiche. Una marginale, ma importante modificazione viene poi introdotta da Liszt nella frase iniziale del tenore, «Bella figlia dell'amore»: alle parole «le mie pene» l'intervallo di quinta giusta di Verdi diventa un intervallo di quinta diminuita.

La trasposizione delle quattro voci sul pianoforte pone a Liszt un problema di percepibilità, che viene risolto trasportando all'acuto, in una zona dove nessuna voce potrebbe in verità arrivare, alcune frasi di Maddalena («Ah, ah, rido mio Signore», ecc.). In questo modo tre dei quattro personaggi - Gilda, Maddalena, il Duca - risultano perfettamente individuati, mentre resta un po' in ombra, come del resto nell'originale di Verdi, Rigoletto. Nella parte conclusiva del Quartetto, infine, Liszt adotta una strumentazione pianistica che richiama alla memoria un effetto tipico (ottave rapidamente ribattute) del pianoforte meccanico o pianola. La musica da teatro, popolare nell'Ottocento, diventa anche musica da strada, popolarissima presso tutti coloro che a teatro non ci vanno. Insomma, nella parafrasi del Rigoletto troviamo un grande pezzo da concerto, un teatro strumentale e un piccolo saggio di sociologia della musica. Per questa ragione, credo, questa parafrasi di Liszt rimase in repertorio anche negli anni, all'incirca dal 1930 al 1980, in cui le parafrasi erano considerate espressione tipica del peggior cattivo gusto ottocentesco.

Piero Rattalino

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Alla sala di concerto si rivolge la parafrasi dal Rigoletto di Verdi, composta probabilmente nel 1859 e pubblicata a Lipsia da Schuberth l'anno seguente. Dall'opera di Verdi, andata in scena a Venezia nel 1853, Liszt prende una delle pagine chiave, il grande quartetto dell'atto terzo «Bella figlia dell'amore». Nell'originale le quattro voci si integrano vicendevolmente, pur mantenendo una indipendenza che definisce il carattere di ciascuno dei personaggi. Nella parafrasi il pianoforte mantiene l'indipendenza e l'interrelazione delle linee, ma le arricchisce con le più ingegnose risorse della tecnica pianistica, in un cimento trascendentale. Riconosciamo insomma in questa parafrasi il Liszt grande virtuoso, volto a conquistare le platee, senza venir meno, peraltro, al principio di una eleganza ammirevole della scrittura, che conferisce al brano la statura di piccolo capolavoro nel suo genere.

Arrigo Quattrocchi


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 23 febbraio 1996


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Ultimo aggiornamento 24 marzo 1994