Rapsodia ungherese n. 6 per pianoforte, S 244


Musica: Franz Liszt (1811 - 1886)
Organico: pianoforte
Composizione: 1847
Edizione: Haslinger, Vienna, 1853
Dedica: conte Anton Apponyi

Utilizza temi dei n. 4, 5, 11 e 20 delle Ungarische Nationalmelodien (Magyar dalok) R 105
Guida all'ascolto (nota 1)

La Rapsodia ungherese n. 6 è strutturata in quattro episodi tematicamente indipendenti che si susseguono senza soluzione di continuità e che appaiono formalmente ispirati all'archetipo della Sonata (primo movimento, Scherzo, Adagio, Finale). Qualunque pianista di buone qualità può affrontare tranquillamente i primi tre episodi. Solo chi è dotato di polsi d'acciaio può invece attraversare indenne il quarto episodio, tutto basato sulle "ottave". Nell'esecuzione delle ottave vengono impiegati simultaneamente il pollice e il mignolo oppure il pollice e l'anulare, con le dita che rimangono bloccate mentre l'avambraccio si muove in su e in giù, freneticamente, come l'asta di una pompa. Nella Sesta Rapsodia l'effetto delle ottave è più o meno quello di uno sferragliante treno a vapore che rischia più volte il deragliamento. Anche in questo caso Vladimir Horowitz la spunta sopra tutti, sebbene Cyörgy Cziffra e Martha Argerich possano competere con lui sul piano della velocità e della potenza (ma non del colore). Il valore della composizione non risiede tuttavia nello steeple-chase delle ottave ma nell'equilibrio formale complessivo, nella varietà delle situazioni e nella gradevolezza dei quattro temi. E per quanto riguarda le ottave, il plauso non va a chi arriva alla fine con le braccia che fumano ma a chi può permettersi di mantenere l'aplomb e la grazia del virtuosismo trascendentale, della tecnica che si dimentica di esser tele.

Pietro Rattalino


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 25 gennaio 2008


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Ultimo aggiornamento 31 gennaio 2013