Rapsodia ungherese n. 13 per pianoforte, S 244


Musica: Franz Liszt (1811 - 1886)
Organico: pianoforte
Composizione: 1847
Edizione: Schlesinger, Berlino, 1853
Dedica: conte Leo Festetics

Utilizza temi del n. 17 delle Ungarische Nationalmelodien (Magyar dalok) R 105
Guida all'ascolto (nota 1)

Tra il novembre del 1839 e il settembre del 1847 Liszt fu il virtuoso di pianoforte più ricercato, più ammirato, più retribuito, ma anche più discusso, d'Europa. Ovunque si esibisse, non si limitava ad essere soltanto un concertista ovunque baciato in fronte dalla fortuna, ma mostrò d'esser assai interessato a conoscere le caratteristiche idiomatiche del linguaggio musicale di ogni paese da lui frequentato. E tra i connotati lessicali da lui scoperti, un risalto peculiare Liszt riservò alla qualità e alla diversità del suono. Emblematico, al riguardo, fu il rapporto che egli volle instaurare con la musica ungherese: non perché nutrisse un amore particolare per la gente o la terra magiara ma perché la musica degli tzigani ungheresi era per lui un suono nuovo.

Con la musica tzigana Liszt avviò sin dalle prime tournée concertistiche in Ungheria una serie di rapporti di rilievo molto pronunciato. Ancor prima che vedessero la luce vari lavori specifici, e poi le 19 Rapsodie ungheresi, Liszt s'era convinto che l'origine della musica ungherese non fosse magiara, ma tzigana. Nulla, come tale equivoco, colpì a morte l'orgoglio nazionale ungherese. Ancora parecchi anni dopo la morte di Liszt (Bayreuth, 31-7-1886) alla proposta di traslare in Ungheria la salma del compositore, il presidente del consiglio Kàlmàn Tisza, tra gli applausi dell'intero parlamento in piedi, dichiarò in preda all'indignazione: «Proprio in un'epoca a cui all'Ungheria altro non era rimasto se non la sua musica, Liszt annunciò ai quattro venti che non si trattava di musica ungherese, bensì di musica tzigana».

Delle sue convinzioni in proposito Liszt diede ampi e reiterati ragguagli nello scritto Des Bohemiéns et de leur Musique en Hongrie (Parigi, 1859). Sfogliando le pagine di questo testo si nota primieramente che quel che spiccatamente affascinò Liszt era «la curiosa maniera di modulare degli tzigani, la mancanza di passaggi intermedi... il ritmo, l'ornamentazione improvvisata, le fioriture, la scala minore». Più oltre: «Per gli tzigani in musica non vi sono leggi, principi, regole, disciplina... Per essi tutto va bene purché piaccia loro: e piace loro a patto che il loro sentimento ne sia esaltato. ... Gli tzigani non arretrano in musica di fronte a nessuna audacia purch'essa s'accordi con gli audaci impulsi del loro cuore, purché vi scorgano l'immagine fedele della loro natura... In generale, i ritmi degli tzigani sono caratterizzati da grande freschezza di colori e dalla varietà delle scansioni... Con poche eccezioni, la musica tzigana mostra una predilezione nella scala minore per la quarta eccedente, per la sesta minore e per la settima maggiore: di questi intervalli in special modo la quarta eccedente conferisce all'armonia una straordinaria iridescenza e uno splendore abbagliante».

Liszt scoprì la specifica natura del suono tzigano nella sua autenticità studiando gli strumenti, dalla cetra alle percussioni, dagli archi ai legni. E fu colpito, sentendo suonare gli tzigani, dall'alternanza brusca del ritmo tra il Lassan (da lassu che vuol dire lento) e il Friska (da friss che significa rapido): entrambi binari, il primo è di stampo malinconico, il secondo frenetico nello slancio.

Alla composizione delle 19 Rapsodie ungheresi Liszt si dedicò a partire dal 1846, per lo più sino al 1854. La Rapsodia n. 13 in la minore presumìbilmente ultimata nel 1853, con dedica al barone Orczy fu pubblicata lo stesso anno. A differenza delle altre della raccolta definitiva (Catalogo Raabe opus 106) si caratterizza per una peculiare carica poetica e per la riferibilità a fonti autentiche. Dopo l'introduzione arpeggiata, dolce e malinconica, enuncia il primo tema ispirato a un motivo presente in un'antologia di musica popolare che vide la luce nel 1840 a Szerdehalyi. La seconda idea a sua volta si ricollega a un canto tradizionale pubblicato nel 1846. La sezione rapida di quest'opera offre parecchie analogie idiomatiche con un canto della Raccolta "Pannonia", a cui Sarasate avrebbe fatto poi riferimento nel comporre Zigeunerweisen. Anche l'idea successiva, nell'Un poco meno vivo, figura in un disegno ritmico d'una Csàrdàs del 1848: se ne ricordò Bartók durante la composizione della Sonata per violino e pianoforte del 1903. Il motivo seguente, inventato da Liszt alla prima stesura, è diventato popolarissimo in Ungheria. La scrittura pianistica è un vero e proprio fuoco di artificio e sfocia infine nella coda in cui si riascoltano incisi della terza e della prima idea motivica.

Luigi Bellingardi


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 25 maggio 2001


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Ultimo aggiornamento 24 giugno 2015