Concerto pathétique per due pianoforti, S 258


Musica: Franz Liszt (1811 - 1886)
Organico: 2 pianoforti
Composizione: 1856 (revisione 1877)
Edizione: Breitkopf & Härtel, Lipsia, 1866
Dedica: Ingeborg von Bronsart

Basato sul Grosses Konzertsolo S 176
Guida all'ascolto (nota 1)

Il Concerto pathétique, sebbene pubblicato in versione per due pianoforti, è una trascrizione, sia pure ampliata, di un pezzo per pianoforte solo, il Grosses Konzertsolo composto nel 1849 o nel 1850 e pubblicato nel 1851 con dedica a Adolf Henselt. Si trattava, in origine, di una commissione del Conservatorio di Parìgi, e il titolo originale era perciò in francese: Grand Solo écrit pour le concours de Piano. Ma siccome l'editore era tedesco, il pezzo fu poi pubblicato con titolo tedesco. Nel 1850 Liszt incaricò Joachim Raff di preparare una trascrizione per pianoforte e orchestra, di cui siamo a conoscenza ma che non ci è pervenuta. Al più tardi nel 1856 Liszt trascrisse il Grosses Konzertsolo per due pianoforti, ma pubblicò la trascrizione solo nel 1866, con il titolo Concerto pathétique e con dedica alla sua allieva Ingeborg Starle von Bronsart. Una nuova edizione venne pubblicata nel 1877 con aggiunte, sicuramente approvate dall'autore, di Hans von Bülow, ex-allievo ed ex-genero di Liszt. Un allievo di Liszt, Eduard Reuss, pubblicò nel 1885 una sua trascrizione per pianoforte e orchestra, e un altro allievo, August Göllerich, pubblicò una trascrizione per due pianoforti dalla trascrizione per pianoforte e orchestra del Reuss! Richard Burmeister pubblicò una trascrizione da concerto per pianoforte a quattro mani. E infine Gabór Darvas pubblicò nel 1952 una sua trascrizione per pianoforte e orchestra.

Tutte queste trascrizioni e ritrascrizioni potrebbero dirci due cose opposte: o che il Grosses Konzertsolo aveva avuto un formidabile successo, o che aveva avuto un formidabile insuccesso. La seconda ipotesi è quella esatta: il Grosses Konzertsolo è un lavoro per più aspetti interessante, e nello stesso tempo non risolve tutti i problemi compositivi che solleva.

Verso il 1850 Liszt aveva ormai capito di dover fare i conti con la tradizione della classicità, e dopo aver teorizzato - e praticato - negli anni Trenta e Quaranta un'estetica rivoluzionaria stava cercando di conciliare i principi nuovi con i principi antichi. Il Grosses Konzertsolo e la Fantasia quasi Sonata dopo una lettura di Dante rappresentano il primo tentativo di riprendere in concezioni nuove il principio del bitematismo classico e aprono la strada verso la Sonata in si minore, composta tra il 1852 e il 1853. Nel Grosses Konzertsolo Liszt tiene anche conto di una teorizzazione di Schumann, che aveva pensato al superamento del concerto in tre tempi in favore di una composizione senza soluzioni di continuità, che rispondesse però allo schema veloce-lento-veloce. Molti erano dunque i problemi, come il lettore vede, e Liszt non era ancora in grado di risolverli tutti. La trascrizione per due pianoforti elimina certe spigolosità dell'originale senza modificare la struttura di base, le aggiunte di Hans von Bülow rendono oratoriamente più efficace un momento-chiave. Alla fine, le immaturità della versione originale non vengono superate - e come avrebbero potuto esserlo, se non smontando il tutto e rimontandolo in altro modo? -, ma il turgido Concerto pathétique diventa un magnifico pezzo da concerto, un pezzo in cui due virtuosi possono giostrare come antichi cavalieri.

Piero Rattalino


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 17 maggio 1996


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Ultimo aggiornamento 16 gennaio 2013