Fu nel 1831 che Liszt ebbe occasione di udire, in un concerto a Parigi, l'«infernale violinista» Nicolo Paganini, e restò profondamente colpito dalla virtuosità interpretativa del genovese, virtuosità senza precedenti e sino allora senza eguali. E il pianista ungherese si sentì spinto a emulare il violinista genovese, e per realizzare questo suo disegno ricostruì completamente la propria tecnica pianistica, cercando di trasportare sul pianoforte la «diabolica tecnica» paganiniana, anche per mezzo di «trascrizioni», per mezzo di questi Sei studi di bravura (cinque costruiti su cinque Capricci, e l'ultimo sul Rondò «La campanella»), di un'audacia e di una novità veramente prodigiose. La prima edizione di questi Studi è del 1837: ma nel 1851 Liszt li ripubblicò dopo averli profondamente rimaneggiati. Ma già fin dalla prima edizione ritroviamo in essi tutte le caratteristiche della scrittura pianistica lisztiana. Nel 1842, a proposito di questi Studi Schumann scriveva: «Non si può parlare di un puro riempimento armonico della parte di violino: il pianoforte agisce con altri mezzi che non il violino. Produrre effetti analoghi, non importa in qual modo, era il compito essenziale del trascrittore. Come Liszt conosca i mezzi e gli effetti del suo strumento ben sa chiunque l'abbia udito. E' dunque del massimo interesse avere le composizioni del più grande violinista-virtuoso, Paganini, comrnentate dal più grande pianista-virtuoso del tempo, Liszt... Pare che Liszt abbia voluto riversare nell'opera tutte le sue esperienze e lasciare ai posteri i segreti del suo modo di suonare... Paganini con la sua bella e breve dedica Agli artisti, ha voluto significare che l'opera sua era accessibile solamente agli artisti. Lo stesso è per la ricreazione pianistica di Liszt».
Domenico De Paoli