Liebesträume (Sogno d'amore) n. 3, S 541

Trascrizione per pianoforte di Oh Lieb, so lang du lieben kannst R 589b
Musica: Franz Liszt (1811 - 1886)
Organico: pianoforte
Composizione: 1850
Edizione: Kistner, Lipsia, 1851
Guida all'ascolto (nota 1)

Il Sogno d'amore n. 3 fu uno dei pezzi più celebri e più eseguiti nella seconda metà dello scorso secolo e nei primi trent'anni circa del nostro. Lo eseguivano le orchestrine del caffè-concerto, lo eseguivano i dilettanti di pianoforte, e lo eseguivano tutti i concertisti di giro: tutti, compresi i maggiori. Noi abbiamo così le incisioni in disco di pianisti come d'Albert, Sauer, Backhaus, Rubinstein. Non abbiamo invece le incisioni di pianisti come Kempff o Serkin o Richter perché il Sogno d'amore divenne verso il 1930 un pezzo... imbarazzante, e ad eseguirlo restarono solo pochi attardati nostalgici della belle epoque. Arrau, che per tutta la vita aveva macinato le Sonate di Beethoven, la Sonata di Liszt, le Variazioni di Brahms e altrettanti colossi, a ottantaquattro anni si compiacque del Sogno d'amore. Non per un soprassalto di sentimentalismo - il sentimento è in Arrau sempre filtrato e distillato cento volte -, ma perché nel Sogno d'amore doveva aver scoperto, sotto la glassa di zucchero e cannella, la grande musica.

L'operazione di riscoperta di valori puri nell'arte applicata (nel disegno industriale, nell'arredamento, nella cartolina illustrata) è già stata condotta in altri campi. In musica è stata completamente recuperata la musica leggera dell'Ottocento: Johann Strauss e Offenbach sono oggi dei classici. Le "compromissioni" di Liszt con la musica leggera appartengono invece ancora ad un limbo in cui il patriarca Arrau decise di gettare un fascio di luce. Quel che trovò lui, e quel che fece trovare al suo pubblico, è un pezzo che ha tutte le carte - artistiche - in regola per rientrare nel paradiso luminoso del repertorio concertistico.

Il Sogno d'amore n. 3 fu trascritto nel 1850 da una lirica per canto e pianoforte su versi di Ferdinand Freiligrath composta nel 1845. Versi di ispirazione tragica, non sentimentale, perché il sogno d'amore è... la vedovanza, la scomparsa dell'amato: è l'invito ad amare finché si può, perché la morte visiterà gli amanti e li separerà. Il testo, e la musica di Liszt, hanno dunque risvolti non romantici ma decadentistici; ed è da questi, pensiamo, che la nostra epoca può partire per la riscoperta di quella larga fetta dell'opera lisztiana caduta nell'oblio dopo aver fatto furore per tanti decenni.


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 8 marzo 1991


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Ultimo aggiornamento 4 ottobre 2015