Faust-Symphonie, da Wolfgang von Goethe, S 108

in tre parti per tenore, coro maschile e orchestra

Musica: Franz Liszt (1811 - 1886)
  1. Faust - Lento assai, Allegro impetuoso, Allegro agitato ed appassionato, Affettuoso poco andante, Grandioso poco meno mosso, Andante mesto, Allegro con fuoco, Andante maestoso assai
  2. Gretchen (Margherita) - Andante soave, Etwas bewegter (Poco più mosso), Tempo primo
  3. Mephistopheles - Allegro vivace ironico, Andante, Allegro vivace
  4. Chorus mysticus - Andante mistico (con tenore e coro maschile)
Organico: tenore, coro maschile, ottavino, 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 4 corni, 3 trombe, 3 tromboni, basso tuba, timpani, triangolo, piatti, arpa, archi
Composizione: 1854 (revisioni 1861 e 1880)
Prima esecuzione: Weimar, Großherzögliches Hoftheater, 5 settembre 1857
Edizione: Schuberth, Lipsia, 1861
Dedica: Hector Berlioz

Vedi a S 647 la trascrizione per due pianoforti
Vedi a S 513 la trascrizione del secondo movimento per pianoforte solo
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Ed ecco Liszt, la Faust-Symphonie, che debutta a Weimar nel 1857, in occasione dell'inaugurazione del monumento in bronzo dedicato a Goethe e a Schiller, ritratti uno accanto all'altro, in piedi, lo sguardo fisso in avanti. Era tenace, allora, la fiducia nel futuro. Lo stesso Liszt ne è il primo direttore. La vastissima Sinfonia si divide in quattro movimenti. I primi tre il compositore li definisce Charakterbilder. Ritratti psicologici, dedicati alla trinità inseparabile del romanzo di Goethe; nell'ordine: lui-lei-l'Altro. Faust, Margherita, Mefistofele (e che Altro, indubbiamente ingombrante e più interessato a lui che a lei). Questo il progetto originario, sul quale, durante i tre anni che separano la conclusione del lavoro di scrittura dalla prima esecuzione, si innesta la decisione di aggiungere, come pannello conclusivo, un Chorus mysticus. I quattro episodi hanno durata decrescente.

L'opera è dedicata a Hector Berlioz: lui e Liszt sono stati e rimangono per il momento i compositori attratti con maggior passione dal demonio, dai suoi orizzonti e abissi, dal suo fascino.

Lo stesso anno del debutto, Eduard Hanslick, massimo tra i critici tedeschi di allora, propone questo ritratto, non privo di ironia, della Faust-Symphonie e, allargando lo sguardo, del carattere prevalente nelle opere sinfoniche di Liszt:

"Il virtuoso più dotato del nostro tempo, stanco dei trionfi riportati grazie alla musica composta da altri, si è deciso a sorprendere il mondo con le sue proprie creazioni magistrali. Ha concepito, con un solo tratto di penna, nove sinfonie, o "poemi sinfonici", come lui li chiama, facendoli comparire con degli speciali programmi esplicativi (e qui Hanslick li cita tutti e nove n.d.r.). ... Se poi si aggiunge che attualmente sta lavorando a una traduzione musicale degli Ideali di Schiller, della Divina Commedia di Dante, del Faust di Goethe e di altre simili bagatelle, bisogna riconoscere che le sue aspirazioni sono elevate. Immagina la sua musica capace di imitare, negli strumenti ad arco come in quelli a fiato, i fenomeni più potenti della mitologià e della storia, i pensieri più profondi dello spirito umano".

Insomma, a Hanslick il genere non garbava troppo, e soprattutto non gli garbava Liszt. Era persuaso che il suo gigantismo orchestrale e progettuale celasse un certo deficit di vera ispirazione. Sarebbe stato d'accordo con Alfred Hitchcock quando dirà: "Vuoi fare un buon film? Parti da un cattivo romanzo. Altrimenti il confronto ti schiaccerà".

Ma un programma di sala che si rispetti deve nascondere le ombre ed esaltare le luci di un'opera, e dunque largo ai meriti di questa speciale Sinfonia, ricordando che Liszt - l'ammirazione reciproca con Berlioz nasce anche per questo motivo - è il compositore che consapevolmente inserisce nella sua poetica quanto i canoni dell'estetica classica giudicano eccessivo, troppo, oltre.

Faust, all'inizio. Un autoritratto? La sistole e la diastole, le opposte complementari pulsioni del battito cardiaco - contrazione, apertura - possono ben descrivere gli opposti "spiriti" dell'amplissimo quadro d'apertura. Il Lento assai del primo tema, l'Allegro agitato del secondo disegnano bene il complesso carattere del personaggio, giovane, inquieto, ambizioso, fragile: psicotico, diremmo noi oggi, smaliziati di psicanalisi e cinici.

Se questa partitura piace ai musicisti, direttori, compositori, orchestrali, molto lo deve agli enigmi con cui inizia il cammino: le prolungate incertezze tonali, il senso di circolarità non di vettorialità che prevale, il progressivo addensarsi dell'orchestra, l'impazienza contraddetta, contrastata dal dubbio. L'anelito, la corsa, il ripensamento di Faust.

Si pacificheranno mai i contrasti? Così promette il terzo tema, quel motivo discendente, perfino ipnotico, affidato agli oboi e ai clarinetti, poi esteso alla sezione degli archi, che sembra placare le angosce. Però non risolvono, non giungono a una meta, piuttosto si guardano attorno, increduli, come per sincerarsi che quella calma - la dolce forza dell'amore... - sia credibile. Non lo è, infatti.

Si delinea precisamente la drammaturgia sonora dell'ultima sezione del primo tempo del film sinfonico: la tempesta monta di nuovo, il respiro dell'orchestra si affretta, l'arpa emerge per un breve protagonismo, ma una wagneriana (o lisztiana?) montagna di suono è in agguato, si avvicina, riallontana, eccola di nuovo affrettare i suoi passi, ancora nascondersi. Si scaldano gli ottoni dell'orchestra, prima come macchie che incupiscono appena l'orizzonte, poi più presenti, incalzanti, ma non vincenti. E il movimento, con sovrana prova di maestria nell'orchestrare le idee, termina nel simultaneo apparire e confondersi di tutti i temi che lo hanno attraversato. Un finale aperto, che guarda già al personaggio successivo, Margherita.

Eccola, trasfigurante, "soave" nel suo Andante. Angelica, ovviamente, in equilibrio tra archi e fiati, mentre la voce della sua anima è affidata all'oboe, in una melodia che Bellini avrebbe apprezzato: fatta di nulla, distesa nell'aria. L'orchestra si placa, si accarezza, racconta di lei, anche dei suoi ultimi dubbi amorosi, quando emerge la voce sinuosa del clarinetto. Che pensi a lui, Soave con amore, lo dice chiaramente la ricomparsa dei più miti tra i temi faustiani. Una calma senza tempo, ipnotica, dilaga e vince, fino alla fine. Margherita, ignara di quanto sta per abbattersi su questo abbandonato rève d'amour.

Ed eccolo, infine, il demone. Nel ritratto di Mefistofele Liszt si rivela eccellente anticipatore di un genere che nei secoli successivi sarebbe diventato potentissimo: quello della colonna sonora. Che pretende, anche, effetti descrittivi, visivi, come se in quel momento la musica si facesse ancella di immagini che però a quel tempo ancora non era possibile vedere. Liszt stabilisce qui i paradigmi di come debba apparire il "Diavolo in musica", che rimarranno validi almeno fino a Fantasia di Walt Disney. Distorsioni, sberleffi, sghignazzi tipici di una deformazione caricaturale: Allegro vivace, ironico è il carattere qui prescritto.

L'idea geniale è l'assenza di temi che possano essere attribuiti al sommo tra i Demoni (delle sue genealogia e qualità è imprudente parlare qui, figurando tra gli Accademici di Santa Cecilia il più illustre tra i demonologi laici italiani, il professor Quirino Principe). Mefistofele è "lo spirito che tutto nega": dunque, nulla gli appartiene, ma di tutto può impossessarsi e infatti il suo "quadro" è una metamorfosi-riappropriazione dei temi apparsi nella prima sezione della Sinfonia. Ma quando incontra il tema di Margherita, quello no, quello non può rubarlo: e infatti ritorna tale e quale. Intatto, intangibile.

Funambolica nella sezione dello "Scherzo", libera nella scelta tonale fino ad avventurarsi nelle regioni dell'atonalità, la sezione mefistofelica è anche la più "danzante" dell'opera, come se Liszt - che di lavori per il teatro musicale ne ha abbozzati uno soltanto, da adolescente - avesse in mente una wagneriana opera d'arte totale, però tutta da immaginare, non sensibile, non realista, senza scene, senza costumi, senza teatro, se non quello possibile ad un'orchestra. La sua orchestra, visionaria e febbrile, capace di parlare non solo per sezioni, ma nel protagonismo dei singoli strumenti.

La Sinfonia si conclude con un Chorus mysticus, la sezione più breve. Soltanto ora intervengono il coro maschile e il tenore solista. L'esempio della Nona di Beethoven ha iniziato a dare i suoi frutti. Il testo è tratto, ovviamente, da Goethe: analoga scelta compirà, molti anni dopo, Gustav Mahler nei passaggi conclusivi della più irrisolta, e meno mahleriana, tra le sue Sinfonie, l'Ottava, la Sinfonia dei Mille.

"Tutto ciò che passa, è soltanto un simbolo (Gleichnis)": esordisce così il coro, mormorando. Risponde il tenore solo: Das Ewig-Weibliche /zieht uns hinan, l'eterno femminile ci attira verso l'alto. Il suo è un canto di grazia, lontano da ogni affermazione stentorea. La voce si espande con interiore dolcezza, con trasfigurata luminosità, ricordando il simile passo degli archi ascoltato all'inizio del percorso e poi "visto", sentito da Margherita. La fine come l'inizio, l'inizio come la fine, o quasi: perché spetta al coro il sigillo definitivo dell'opera, accompagnato dall'abbraccio imponente dell'organo. Mistico e spettacolare. Liszt.

Sandro Cappelletto

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

L'interesse di Liszt per il Faust di Goethe fu sollecitato da un'illustre mediazione, quella di Hector Berlioz, che a Liszt avrebbe dedicato la sua Damnation de Faust (1846): un'attenzione che sarà ricambiata con la dedica al musicista francese proprio della Faust-Symphonie. Se l'idea di Liszt di una composizione ispirata al capolavoro goethiano (idea condivisa nell'Ottocento, sia pure con implicazioni ed esiti diversi, anche da Beethoven, Spohr, Schumann e Wagner) risale agli anni Quaranta, fu soltanto nel decennio seguente che essa si realizzò in una grande «Sinfonia in tre caratteri psicologici» destinata a conoscere successive versioni e revisioni nel 1853-54, nel 1857 (anno dell'aggiunta del Chorus mysticus finale) e poi ancora nel 1861 sino al 1880.

Il termine «sinfonia» va interpretato alla luce della tensione sperimentale dell'autore: la partitura non è un lavoro a programma nel senso della Symphonie fantastique di Berlioz e neppure un poema sinfonico, genere che Liszt stesso aveva inventato col presupposto che a determinare la forma musicale fosse, di volta in volta, l'idea poetica, il soggetto della composizione. È piuttosto un ibrido, analogo alla Dante-Symphonie (1856), in cui alcuni tratti della sinfonia (l'articolazione in più movimenti e la loro tipologia, l'archetipo della forma-sonata) convivono e si intrecciano con il processo compositivo proprio del poema sinfonico e più in generale dello stile di Liszt (la tecnica della trasformazione tematica). L'autore sceglie di delineare in tre movimenti distinti, ma interconnessi grazie alla rete delle trasformazioni tematiche, i personaggi principali del dramma: Faust, il protagonista che diventa romantica proiezione autobiografica del compositore; Gretchen (Margherita), figura che rappresenta la concezione lisztiana della donna angelicata; Mefistofele, non carattere ma eterno principio della negazione e del male, diabolico doppio di Faust. Alla partitura non corrisponde quindi una dimensione narrativa che ricalchi quella del testo di Goethe bensì una dimensione drammatica che dispone i tre personaggi in un gioco dialettico e ne risolve il confronto, reso musicalmente dalla storia delle trasformazioni tematiche, nel coro conclusivo (che peraltro, secondo la volontà dell'autore, può anche essere tralasciato a discrezione del direttore d'orchestra).

La struttura della sinfonia, senza dubbio uno dei lavori più significativi, originali e arditi dell'Ottocento, si fonda su un numero limitato di temi e ogni personaggio ha una propria caratterizzazione. Faust, il personaggio più complesso, sfaccettato e ricco di sfumature, è identificato da cinque temi differenziati e anche contrastanti tra loro, Gretchen soltanto da due, affini e complementari. Di contro Mefistofele, e qui Liszt dimostra tutto il suo genio, in quanto principio della negazione, doppio e alter ego di Faust, non ha temi propri ma viene caratterizzato dall'appropriazione e dalla distorsione satanica di quattro dei cinque temi di Faust. D'altro canto, se è un principio astratto e non un carattere, Mefistofele riceve nondimeno una precisa connotazione musicale al di là della distorsione dei temi di Faust in alcune configurazioni e strutture musicali: anzitutto il tritono (il diabolus in musica della teoria antica) e il motivo della maledizione, citato dal Concerto per pianoforte e archi «Malédiction» (1840). In un'opera come la Faust-Symphonie s'impone il problema del sistema semantico di riferimenti al testo letterario, affrontato sin dai primi esegeti e reso arduo dall'assenza di esplicite dichiarazioni dell'autore al riguardo. Per quanto concerne i temi si può tentare almeno di definirli se non di coglierne l'esatto riscontro nei versi di Goethe, pur nella piena consapevolezza della natura semplicemente propositiva dell'interpretazione. Data la struttura estremamente elaborata della partitura, ecco un prospetto dei sette temi (la traduzione dei versi è di Franco Fortini).

Faust:
- tema 1, o del rovello interiore: dubbi, domande metafisiche, inquietudine, disprezzo di sé e del mondo come espressi nel monologo iniziale (Faust I, v. 354 sgg.);
- tema 2, o dello struggimento: complementare al tema 1, e riferibile allo stesso monologo;
- tema 3, o della incessante tensione vitale: raffigura lo streben faustiano e il lato più passionale, esaltato e volontaristico del personaggio, teso alla continua ricerca di conoscenza con il pensiero e con l'azione (Faust I, v. 1759: «Solo se non ha requie l'uomo impegna se stesso»);
- tema 4, o della brama di vita: esprime il desiderio di una vita piena (Faust I, vv. 1766-1767: «Al delirio mi consacro, al più straziante / dei godimenti, all'odio amoroso, al disgusto salubre»);
- tema 5, o dell'azione: simboleggia l'azione ma anche la nobile sostanza spirituale del personaggio e pare un'aderente intonazione di «Im Anfang war derTat!» (Faust I, v. 1237: «In principio era l'Azione!»).
Gretchen:
- temi 6 e 7: rappresentano entrambi la dolce semplicità, l'assoluta innocenza di Gretchen.

Se il ritratto di carattere offre a Liszt la possibilità di utilizzare architetture musicali relativamente statiche, di fatto la forma-sonata connessa con il genere della sinfonia sopravvive soltanto come sfondo e involucro di riferimento. Così Faust, l'imponente movimento iniziale, ne reinterpreta lo schema con tale libertà che più della consueta tripartizione si profila una struttura in due parti di dimensioni pressoché equivalenti (esposizione-sviluppo; ricapitolazione variata-coda).

Esposizione, Lento assai: per due volte, in una sorta di introduzione lenta,si avvicendano il tema 1 e il tema 2, idee complementari e fondamentali del carattere di Faust e temi conduttori della partitura. Il tema 1, del rovello interiore, è cromatico e quasi dodecafonico: alla prima nota, un la bemolle accentato e in fortissimo, seguono quattro triadi aumentate parallele (archi con sordina). Il tema 2, dello struggimento, dolente e anch'esso cromatico, comprende tre motivi: un motivo contraddistinto dagli intervalli maggiori di settima discendente e di terza ascendente (oboe e clarinetti), di fatto sigla dell'intero lavoro; una figura di sospiro (archi); una scala discendente (clarinetto e fagotto). A causa del sistematico cromatismo la tonalità d'impianto, do maggiore, resta indefinita. Il successivo Allegro impetuoso è una transizione con rapide figurazioni ascendenti e accordali fondate sul tritono, l'intervallo di quarta eccedente (o quinta diminuita), diabolus in musica dell'antica teoria e qui simbolo di Mefistofele: per Liszt, dunque, sin dall'inizio Faust non è immaginabile senza Mefistofele, il suo doppio diabolico. Nell'orchestra a pieno organico e in grande crescendo riemergono il tema 1 (ottoni) e il motivo di scala discendente del tema 2 (bassi). Pausa generale: poi, in tempo Lento assai, il fagotto solo canta di nuovo il tema 2. Erompe tumultuoso e improvviso, Allegro agitato ed appassionato, il tema 3, dell'incessante tensione vitale, in do minore; come i precedenti intensamente cromatico, all'inizio viene esposto dagli archi e quindi ripetuto a piena orchestra. Segue il tema 4, espressivo ed appassionato molto, della brama di vita, in mi bemolle maggiore e di impianto dialogico: la melodia cromatica è declamata come un recitativo che dal registro acuto sprofonda verso il grave (oboi e clarinetti, poi bassi), su elementi del tema 3. Il tema si acquieta, poco a poco diminuendo e rallentando, con un recitativo dei bassi che sfuma in una transizione, Meno mosso, misterioso e molto tranquillo, con note lunghe tenute dei bassi, accordi ribattuti dei fiati e armonici degli archi con sordina: la sezione è riferibile al momento in cui Faust contempla il segno del Macrocosmo e dell'armonia universale nel libro di Nostradamus (Faust I, vv. 447-453). Segue un episodio con sospiri degli archi (plintivo) derivati dal tema 2, che introduce (Affettuoso poco Andante) una trasformazione ed espansione lirica del tema 2, in mi maggiore, dove lo struggimento faustiano si precisa come brama d'amore (fiati e archi), e che è poi destinato ad assumere in seguito notevole rilevanza. Una nuova transizione (Allegro con fuoco), di carattere eroico e condotta con elementi del tema 3, contiene l'anticipazione ritmica del tema 5 (bassi). Grandioso, poco meno mosso: il tema 5, dell'azione e della sostanza spirituale, in mi maggiore, diatonico e a piena orchestra (melodia: ottoni e archi) è connotato da due intervalli di quinta, il primo discendente, il secondo ascendente seguito da una terza minore anch'essa ascendente. Dopo la combinazione ed elaborazione a piena orchestra dei temi 2 e 5 (Un poco accelerando il tempo) il tema 5 ritorna per sfociare in un grande crescendo. Il breve sviluppo, Allegro agitato assai, inizia con la combinazione ed elaborazione a piena orchestra dei temi 3 e 1, quindi prosegue (Allegro agitato ed appassionato assai) con il ritorno variato del tema 3: raggiunto un grande climax, la musica si estingue rapidamente polarizzandosi su un la bemolle di archi e ottoni, nota di saldatura con la ricapitolazione.

Lento assai, wie zu Anfang (come all'inizio): la ricapitolazione variata della seconda parte incornicia con la ripresa dei temi 1 e 2 ma si allontana subito dalla traccia dell'esposizione a raffigurare la dinamicità della tormentata e complessa interiorità di Faust. L'Andante mesto. Nicht schleppend (Non trascinare) consiste nella combinazione ed elaborazione dei temi 2 (inizialmente clarinetto e fagotto), 1 (bassi) e 4 (archi). Segue un crescendo di ampio respiro con fanfara degli ottoni, tremoli degli archi e ondeggianti arpeggi dei legni, che riconduce alla ripresa (Allegro agitato ed appassionato molto) del tema 3 in do minore. Un fugace richiamo ai sospiri e viene ripresa (Affettuoso, poco Andante) la trasformazione ed espansione lirica del tema 2, in mi maggiore e poi in do maggiore, a sua volta seguita da una breve divagazione condotta dai violini e quindi dall'anticipazione ritmica del tema 5 (bassi pizzicati). La sezione Maestoso offre una reminiscenza del tema 5, nobile, in do maggiore (tromba e legni). Quindi una transizione basata sul tema 2 (poco a poco animando), con scale pizzicate dei bassi e segnali di richiamo dei fiati, porta (Allegro con fuoco) alla ripresa del tema 5 a piena orchestra, in do maggiore, e di qui alla combinazione ed elaborazione dei temi 3 e 1. Nella coda (Andante maestoso assai) compare una nuova reminiscenza del tema 5 (tromboni e oboi), in sol bemolle maggiore, su rullo dei timpani e tremolo dei bassi. Infine (Più mosso, molto agitato) la stretta conclusiva, fondata su elementi dei temi 5, 1 e 2, che s'interrompe due volte: la prima con un diminuendo che segue un turbinoso crescendo la seconda volta dopo una versione percussiva del tema 2 e rapide volatine cromatiche degli archi che preannunciano il personaggio di Mefistofele. Come chiusa compare il tema 2, suonato nel registro grave all'unisono da violoncelli e contrabbassi.

Alla grandiosità sinfonica e al cromatismo pervasivo di Faust, Liszt contrappone la fine orchestrazione cameristica e il limpido linguaggio diatonico di Gretchen. Più che alla forma di sonata, il movimento è improntato a uno schema ternario del tipo ABA' . Andante soave: l'introduzione di flauti e clarinetti deriva da figure secondarie del tema 7. Ecco quindi l'esposizione del tema 6, in la bemolle maggiore, primo tema di Gretchen: cantabile, dolce semplice e diatonico è quasi la melodia di un Lied. All'inizio viene suonato da oboe e viola soli, cui poi si aggiungono i legni. Nella prosecuzione del tema la melodia passa anche ai violini prima di ritornare all'oboe; alla fine, quando la linea dell'oboe si increspa cromaticamente e disegna scale discendenti, si colgono allusioni al tema 4 e poi da ultimo al tema 2: primo indizio della presenza di Faust nel movimento. Nel breve, esitante passaggio interlocutorio di flauti, clarinetti e quattro violini soli (poco crescendo ed accelerando) si ravvisa il colloquio in giardino tra Gretchen e Faust quando la fanciulla sfoglia una margherita: «M'ama, non m'ama...» (Faust I, vv. 3181-3184). Nella ripetizione del tema la melodia passa ai violini che poi conducono la successiva transizione. Il tema 7, dolce amoroso, è anch'esso in la bemolle maggiore e diatonico: si tratta del secondo tema di Gretchen, affidato agli archi e poi ai legni. Liszt concepisce la parte centrale come duetto d'amore tra Faust e Gretchen con i motivi che intessono un discorso dialogico su diversi registri. Riferimento è la scena del giardino (Faust I, vv 3184-3194). Tempo etwas bewegter (Un poco più mosso): cambiamento di tono e di clima, introdotto da una discesa dei violoncelli nel registro più grave. Suonato inizialmente dai corni sui rintocchi e i tremoli degli archi e gli arpeggi dell'arpa, il tema 2 (patetico, poi appassionato, dolente) simboleggia l'irruzione di Faust nel mondo di Gretchen. Il tema circola poi tra i legni e i violini prima che tre violoncelli e due violini soli intonino il tema 4 (espressivo con intimo sentimento) accompagnati da ghirlande di arpeggi (legni e arpa). La trasformazione ed espansione lirica del tema 2 comporta una più ricca strumentazione (trombe, tromboni, timpani e piatti). Anche il tema 3 subisce una trasformazione lirica, soave con amore, a rappresentare il trasporto di Faust per Gretchen (archi); la riconduzione è contraddistinta da armonici dell'arpa e da sospiri dei violini.

Nella ricapitolazione variata le differenze rispetto all'esposizione (in particolare la scomparsa dell'episodio del «M'ama,non m'ama...» e l'inserzione della versione lirica del tema 2) esprimono il fatto che, dopo l'incontro con Faust, Gretchen non è più la stessa persona. Andante soave, Tempo I: ripresa del tema 6, inizialmente suonato da quattro violini soli. Nella transizione, la reminiscenza della trasformazione ed espansione lirica del tema 2 (legni) viene integrata da un controcanto fiorito dei violini 1. Alla ripresa del tema 7 segue (Un poco più lento) la coda, di tono celestiale e sublimato, avviata sulla reminiscenza del motivo di testa del tema 5.

Al terzo ritratto, Mefistofele, è sotteso uno scheletro di forma-sonata contaminata con il principio del rondò (simboli musicali di Mefistofele). Allegro vivace, ironico: l'introduzione è percorsa da figure cromatiche, nervose e guizzanti: come già si accennava, il motivo simbolo di Mefistofele è il tritono che all'inizio assume forma melodica in rapide volatine ascendenti (bassi) e forma armonica nell'accordo di settima diminuita (legni e archi pizzicati). Nel prosieguo del movimento il tritono ritornerà come elemento strutturale eli essenziale importanza. All'interno dell'introduzione si individua poi una configurazione tematica di Mefistofele, originata dalla ri petizione della testa del tema 2 (all'inizio divisa tra corni e fagotto sul ribattuto degli archi): la connotano gesti taglienti e percussivi quali lo staccato, il pizzicato, la strappata. Tale configurazione riapparirà più volte nel seguito del movimento; alla fine della sezione compare un'anticipazione del motivo della maledizione, altro simbolo di Mefistofele. Inizia l'esposizione. Ecco il tema 1, deformato da sberleffi: veloci tirature cromatiche agli archi, note staccate con mordaci acciaccature ai legni. Poi. Allegro vivace, il tema 3, in do minore, trasformato in danza sardonica avviata dagli archi, con citazione del tema 2 ai bassi; segue una ripetizione ed espansione del tema, amplificato a piena orchestra. Un poco animato: la transizione-riconduzione, ripresenta la configurazione di Mefistofele e introduce il ritorno del tema 1, ancora più beffardo e deformato in modo grottesco. Poi risuona una sezione inquietante con un ritmo molto incisivo (nota lunga tenuta seguita da due brevi note staccate subito ripetute in eco), che poi ritornerà come ritmo conduttore, e inoltre con tremoli, pizzicati e disegni cromatici (Il tempo un poco moderato, ma poco): è una citazione dal Concerto «Malédiction» (1840). La sezione della maledizione incornicia l'anticipazione, da parte delle viole, del soggetto della fuga. Soggetto che è derivato dalla testa del tema 2 e da elementi secondari del tema 3: dopo quattro entrate degli archi, nell'elaborazione il soggetto si alterna e si combina con la configurazione di Mefistofele. Quindi, grande crescendo (Sempre più di fuoco); risuona (Sempre Allegro animato) il tema 5, giocoso e sinistramente scintillante, in mi maggiore, che culmina in un crescendo condotto con un frammento del soggetto della fuga. All'inizio dello sviluppo, motivi di testa del tema 3 e tema 1 pizzicato alle viole portano a una riconduzione al tema 5 con la sezione della maledizione. Alla riapparizione del tema in mi maggiore segue una stretta con la ricomparsa della testa del tema 2 in imitazione tra le parti e della configurazione di Mefistofele, sino ai tremoli acuti dei violini, in tempo Andante, che introducono la reminiscenza del tema 6, in re bemolle maggiore (legni e corni). La reminiscenza del tema di Gretchen, l'unico non intaccato da Mefistofele, è evento decisivo in quanto prepara la redenzione finale di Faust; il tema si dissolve come un sogno o un'apparizione.

La ricapitolazione variata (Allegro) allinea il tema 1 pizzicato, l'anticipazione del tema 3 in tempo Allegro vivace, poi il tema 3, in do minore, a piena orchestra. Quindi (Poco più mosso), il tema 5 ricompare due volte, la prima in forma abbreviata e modulante, la seconda in do maggiore e con una strumentazione più leggera (legni e archi pizzicati, triangolo); poi elaborazione del tema 2 come soggetto della fuga e grande crescendo. Allegro non troppo, ma deciso assai: il tema 2, in do maggiore, si trasforma in una marcia trionfale che, dopo il motivo della maledizione, s'interrompe su un fortissimo (fff). Segue la coda, con i motivi di testa del tema 3, il tema 1 pizzicato e la configurazione di Mefistofele. Di qui il discorso musicale scivola in una transizione fluttuante bloccata sull'accordo di settima diminuita, in cui riaffiora ancora il motivo della maledizione, sino al tempo Poco Andante. La sezione raffigura il trionfo e la sconfitta di Mefistofele come nella scena della «Sepoltura». Il movimento si conclude con la reminiscenza del tema 6 (corno e violoncello, poi archi), in do maggiore, e una nuova transizione che prefigura l'attacco del coro (ottoni); la musica si spegne gradualmente con tremoli e isolati rintocchi di timpano, preparando un teatrale cambio di scena.

Il riferimento del coro conclusivo è alla scena finale del dramma, quella delle «Gole montane». Andante mistico: l'intonazione da parte del coro dei primi sei versi del «Chorus mysticus», che celebra la perfezione metafisica del divino, è sillabica e limpidamente diatonica, percorrendo i gradi fondamentali della triade di do maggiore, mentre il ribattuto in terzine degli archi e le note tenute dei fiati e dell'organo, fanno vibrare l'orchestra come una specie di grande organo metafisico. Segue l'intonazione degli ultimi due versi, dedicati al salvifico «eterno Elemento Femminile». Il tenore solo, affiancato dal coro, canta tre frasi via via più acute sui temi di Gretchen; le prime due assumono la melodia del tema 6 (inizialmente in la bemolle maggiore), la terza ricalca il profilo del tema 7: l'essere che fu Gretchen guiderà lo spirito di Faust a una nuova vita ultraterrena compiendone la salvazione. La ripetizione enfatica e grandiosa, con fanfare dei fiati, delle due sezioni culmina in una pausa generale. Poi, ancora un'intonazione del distico finale: all'inizio la strumentazione si alleggerisce, con arpa e archi soli in evidenza, configurando un'atmosfera eterea e celestiale. La musica resta ancora una volta sospesa nell'aria prima che il tenore solo avvii l'epilogo magniloquente di coro e orchestra in grande crescendo su una reminiscenza del tema 5: gli angeli in volo recano in cielo la parte immortale di Faust.

Cesare Fertonani

Guida all'ascolto 3 (nota 3)

Pochi personaggi, nella letteratura mondiale, possono vantare la vitalità e l'universalità del Dottor Faust, protagonista del capolavoro di Goethe. Esso appartiene a quella ristretta schiera di figure quali Ulisse e Don Giovanni che sono divenuti, come ha scritto Paul Valéry, «patrimonio dello spirito universale, vanno al di là di ciò che furono nell'opera del loro autore, strumenti consacrati per sempre all'espressione di taluni estremi dell'umano e dell'inumano». Il tema di Faust affonda le sue radici nelle leggende medievali di patti con il diavolo e, insieme, nella rinascimentale concezione del sapere come affermazione dell'uomo e come penetrazione dei misteri della natura. Nessuna età più di quella illuministica — tutta pervasa di spirito scientista, animata da ambiziose volontà di rinnovamento intellettuale e alla ricerca di una diversa spiritualità da contrapporre alla religione ufficiale, fosse essa cattolica o protestante — poteva riconoscersi in questo Ulisse medievale, inteso «a seguir conoscenza» attraverso le più esaltanti e spregiudicate esperienze. Ecco dunque, dopo la tragedia faustiana del Marlowe e il dramma di Calderòn de la Barca, in pieno Sturm und Drang, «Il Faust» di Goethe, scritto fra il 1773 e il 1808 e concluso, con la «seconda parte della tragedia», nel 1832.

Non è questa la sede per analizzare la ricchezza della tematica espressa da Goethe nel suo «Faust», la portata universale di questo libro che aspira a divenire una sorta di vangelo della problematica dell'uomo moderno, ormai calato in clima romantico: basti solo ricordare, per quanto riguarda la sfera musicale, che tutti i compositori dell'Ottocento si rivolsero al dramma goethiano, ognuno esaltando secondo la propria sensibilità ora questo ora quel motivo. E, accanto ai notissimi melodrammi di Gounod e di Boito, si debbono citare i Lieder di Schubert, le Scene del Faust di Schumann, l'Ouverture di Wagner, e quel capolavoro che è «La dannazione di Faust» di Berlioz.

Da Berlioz appunto partiremo per considerare la «Faust-Symphonie», poiché fu il maestro francese a rivelare a Liszt diciannovenne il «Faust» nella traduzione francese di Gerard de Nerval, la stessa che servirà per le «Huit scènes de Faust» del 1828 e per «La Damnation» del 1846, quando la «leggenda drammatica» di Berlioz verrà dedicata proprio a Ferenc Liszt. Il quale, a sua volta, da questo tema trasse ispirazione per un considerevole numero di composizioni: vari Lieder su testo di Goethe, due episodi dal «Faust» di Lenau (di cui uno è la celebre «Mephisto-valse») quattro valzer e una polka di Mefisto per pianoforte, e, soprattutto la «Faust-Symphonie» che costituisce il documento più alto e rappresentativo dell'incontro fra il musicista e l'eroe di Goethe.

Composta nel 1854 e dedicata a Berlioz, essa appartiene a quel ciclo di poemi sinfonici la cui struttura e carattere Liszt andò elaborando e definendo proprio sull'esempio della «Sinfonia fantastica». Per Liszt, non si tratta quasi mai di «illustrare» pedissequamente magari con effetti onomatopeici, una vicenda che si snodi secondo un ordine logico o di tempo: il poema sinfonico lisztiano — e in questo si rivela più libero e moderno di quello di Strauss — è la ricreazione fantastica di un «clima» spirituale, di una situazione sentimentale, e sarebbe perciò difficile e vano ricercarvi rispondenze con questo o quel verso di Lamartine o di Hugo. Non diversa è la Sinfonia Faust, la quale, infatti, non «narra» alcun episodio, ma si articola in tre ritratti (Charakterbilder) rispondenti ai principali personaggi del dramma: Faust, Margherita e Mefistofele. L'originalità dell'opera, oltre che in questo «taglio», è da ricercarsi soprattutto nella ricchezza del materiale tematico, nella sua libera organizzazione formale e nella stupefacente capacità che Liszt dimostra nell'utilizzarlo in mutate forme armoniche e melodiche in tutta la composizione, con un procedimento ciclico che — già sperimentato nella grandiosa Sonata in si minore — anticipa di molto le ricerche dei tardo-romantici.

La sinfonia è infatti costruita su sette temi: i primi cinque esposti nel primo movimento (Faust), gli altri due riferiti a Margherita. Essi sono dotati di una spiccata potenza evocativa, pur nella conclusione con cui sono enunciati, in virtù della loro estrema caratterizzazione e differenziazione. Il primo tema, dato nelle primissime battute alle viole e ai violoncelli è uno straordinario esempio di inciso melodico integralmente dodecafonico: esso infatti presenta — per la prima volta dopo la celebre serie del «Don Giovanni» — tutti i dodici suoni della scala cromatica; e per il suo carattere interrogativo e angoscioso alcuni esegeti lo hanno riferito al primo monologo di Faust nello studio, nel quale egli denuncia l'insoddisfazione di tutte le ricerche e il suo desiderio di attingere ai più riposti problemi della natura e dell'esistenza. Esso è seguito da un inciso brevissimo di due battute: una settima maggiore (sol diesis-la) e una terza (la-do diesis), affidate a oboi, clarinetti e fagotti, ci portano già nel clima armonico ed espressivo, di pungente struggimento del Preludio al «Tristano e Isotta». Il terzo spunto ha un disegno ritmicamente più marcato, e compare all'«Allegro agitato ed appassionato», che esprime il risorgere, in Faust, del desiderio di vita e di azione; mentre il quarto è propriamente un tema d'amore, costituito da una morbida melodia discendente dell'oboe, intrecciata con brevi incisi di viole e celli, di un colore che anticipa analoghe invenzioni di Ciaikovsky. L'ultimo dei temi riferiti a Faust, per il suo profilo incisivo e vigoroso, suole essere ricondotto all'episodio in cui il filosofo traduce il primo versetto del Vangelo di Giovanni «In principio era l'azione».

Il ritratto di Margherita utilizza solo due temi: il primo, enunciato dall'oboe con la viola, presenta un disegno di estrema semplicità, nel suo candido diatonismo, e acquista un sapore vagamente arcaico, quasi fosse pensato in relazione alla «Canzone del re di Tuie»; l'inciso degli archi cui è sovrapposta, per il suo andamento cadenzato, regolare, può suggerire il ricordo dell'arcolaio di Margherita. L'altro tema, di carattere non contrastante, completa l'immagine della fanciulla: è un «dolce amoroso» al quale si uniranno, nell'ampio sviluppo, i temi di Faust e dal loro intreccio scaturirà una sorta di scene d'amore.

Il terzo protagonista della sinfonia è Mefistofele, lo spirito della negazione, il maligno: e qui Liszt ci offre una definizione del personaggio più sottile e inquietante che nelle altre composizioni ispirate a Mefisto. Esso non è un personaggio autonomo, ma un rovescio, un altro volto di Faust; la musica di questo movimento è trasformazione sarcastica, beffarda dei temi di Faust, che appaiono contorti, sfigurati nel profilo melodico come nella scansione ritmica, qui di particolare leggerezza e pungenza. Solo il tema di Gretchen, che compare quasi alla fine, resta intatto da questo travolgimento, e la sua «presenza» sconfigge l'influenza negativa di Mefistofele, riportando alla loro forma primitiva i vari temi faustiani. A rendere più solenne la vittoria della forza dell'amore su quella della negazione (nell'ultimo episodio del dramma goethiano Margherita, divenuta spirito angelico, intercede per Faust, che ha perduta la scommessa con il diavolo e sarebbe condannato in eterno), Liszt ha aggiunto ai tre ritratti un Coro mistico con un tenore solista che intona gli ultimi versi del poema: il tema che compare alle parole «Das ewig Weibliche» (l'eterno femminino) è, ancora una volta la candida melodia di Margherita.

Sono molte le prospettive da cui considerare un'opera assai complessa come la «Faust-Symphonie»: la si può leggere come uno dei più felici e pieni conseguimenti di una sensibilità romantica, imbevuta di slanci eroici e di appassionate idealità; come creazione di un artista aperto alle più diverse voci europee, sintetizzate in una luminosa, quanto effimera «unità» culturale; come documento di una ideologia squisitamente borghese che vede nella donna l'angelo redentore: e ognuna di queste interpretazioni contiene una sua parte di verità. Ma anche sotto il profilo linguistico la composizione si rivela di una ricchezza imprevedibile: oltre alle anticipazioni già notate, si dovrà ricordare che il tema dodecafonico di apertura venne utilizzato da Wagner come «Sogno di Sieglinde» nel secondo atto de «La Walkiria»; che la ricerca timbrica di Liszt lascerà tracce sensibili in Rimsky Korsakof ed anche in Mahler, oltre che, evidentemente, in Richard Strauss; e che nel ritratto di Mefistofele, come ha notato il Graziosi, «c'è un passo di strumentini con acciaccature che è l'esatto precedente del quadro mussorgskiano dei «Pulcini che danzano nei gusci» orchestrato da Ravel. È passato ormai il tempo in cui Liszt veniva considerato uno strabiliante atleta della tastiera, ma mediocre compositore, amante dell'effetto facile, della melodia larga e sensuale, dei virtuosismi gratuiti. Oggi è possibile guardare alla sua musica come al più ricco crogiuolo di tutto l'Ottocento, ricolmo sì di efflorescenze romantiche, ma anche di profetiche premonizioni (l'Impressionismo, il ritorno al Gregoriano, la scala esatonale, gli estremi approdi del cromatismo) e sottoscrivere l'affermazione di Bartók «Per lo sviluppo ulteriore dell'arte musicale, le sue composizioni sono più importanti sia di quelle di Wagner che di Strauss».

Ma c'è ancora un aspetto che ci fa avvicinare a Liszt con rinnovato interesse ed amore: è la sua capacità di aderire ad ogni tematica e ad ogni situazione con sempre rinnovato, ma sostanziale candore ingenuo; è il suo non frapporre mai fra l'oggetto dell'emozione e la sua forma musicale alcun filtro intellettualistico; è il suo essere diametralmente opposto a certa civiltà novecentesca, ipercritica, asettica, condannata a rapida consunzione. È il suo cantare «ex abundantia cordis» che lo fa apparire a noi, attori di un'epoca scettica e disincantata, sovrano di un paradiso di umanità perduta.

Cesare Orselli

Testo

Alles Vergängliche
Ist nur ein Glechnis;
Das Unzulängliche,
Hier wird's Ereignis;
Das Unbeschreibliche,
Hier ist's getan;
Das Ewigweibliche
Zieht uns hinan.
Ogni cosa che passa
è solo una figura.
Quello che è inattingibile
qui diviene evidenza.
Quello che è indicibile
qui si è adempiuto.
L'eterno Elemento Femminile
ci trae verso l'alto.

(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 5 novembre 2011
(2) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 120 della rivista Amadeus
(3) Testo tratto dal programma di sala del Concerto del Maggio Musicale Fiorentino,
Firenze, Teatro Comunale, 15 marzo 1972


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Ultimo aggiornamento 21 novembre 2019