Nyári este (Sera d'estate)


Musica: Zoltán Kodály (1882 - 1967)
Organico: flauto, oboe, corno inglese, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni, archi
Composizione: 1906 (revisione 1929 - 1930)
Prima esecuzione: Budapest, 22 ottobre 1906
Edizione: Universal Edition, Vienna, 1930
Dedica: Arturo Toscanini
Guida all'ascolto (nota 1)

Figura di rilievo nel panorama dell'arte novecentesca, Kodály ha contribuito, insieme e in stretta intesa estetica e di lavoro con il connazionale Béla Bartók, a gettare le basi della moderna musica ungherese, superando le esperienze del post-romanticismo da Brahms a Richard Strauss e utilizzando l'enorme patrimonio delle melodie contadine del suo paese, raccolte ed elaborate in collaborazione con l'amico Bartók per l'edizione del "Corpus musicae popularis hungaricae", che costituisce la più completa e aggiornata raccolta di temi e canti di natura folclorica e religiosa dell'antica Ungheria. In un articolo apparso nel 1931, dal titolo significativo "L'influsso della musica contadina sulla musica colta moderna", Bartók che sentì molto l'influenza di Kodály in questo specifico campo di ricerca, ammise che la riattivazione dei vecchi "modi" ecclesiastici annidati nelle pieghe del canto popolare rappresentò la via d'uscita dalla crisi dell'armonia romantica. «Lo studio della musica contadina fu per me di decisiva importanza - scrisse Bartók - perché mi rese possibile la liberazione dalla tirannia dei sistemi maggiore e minore fino allora in vigore. Infatti la più gran parte e la più pregevole del materiale melodico raccolto si basava sugli antichi "modi" ecclesiastici o greci, e perfino su scale più primitive (pentatoniche), con la presenza di raggruppamenti ritmici più liberi, ora in tempo rubato e ora in tempo giusto. Mi resi allora conto che i "modi" antichi e ormai fuori uso nella nostra musica d'autore non hanno perduto nulla della loro vitalità. Il loro reimpiego ha permesso combinazioni armoniche di tipo nuovo. Un siffatto impiego della scala diatonica ha condotto alla liberazione dal rigido esclusivismo della scala maggiore e minore ed ebbe per ultima conseguenza la possibilità di impiegare ormai liberamente e indipendentemente tutti i dodici suoni della scala cromatica».

Si sa che inizialmente Kodály, dopo aver studiato all'Accademia musicale di Budapest, soggiornò tra il 1906 e il 1907 a Parigi, dove ebbe la rivelazione di Debussy e assimilò il linguaggio armonico e coloristico dell'arte impressionistica. Alcune sue composizioni di quel periodo risentono dell'infatuazione debussyana, che in verità durò poco tempo, in quanto Kodály si rese conto che percorrere la stessa strada del compositore francese sarebbe equivalso a rimanere in una posizione di epigono e di ripetitore di formule altrui. La sua ambizione era di scrivere musica più profondamente legata all'anima ungherese, seguendo le indicazioni di tecnica e di stile derivanti dalle canzoni popolari della propria terra. Di qui deriva quella precisa scelta di campo, di gusto e di sensibilità tipicamente magiare fatta da Kodály, che del resto non ha mai rifiutato a priori il contributo dell'arte occidentale. Il nome di questo musicista s'impose all'attenzione del mondo musicale internazionale nel 1923 con l'esecuzione del celebre Psalmus Hungaricus per tenore, coro e orchestra, che salvò l'autore da ulteriori provvedimenti disciplinari dopo quelli di cui era stato oggetto durante le prime reazioni degli ambienti conservatori alla caduta della "Comune" del comunista Béla Kun, alla quale il compositore, coerente con le sue idee di schietta fede democratica, aveva aderito. Vennero poi altri lavori che estesero e rafforzarono la fama di Kodály in Europa, come le orchestrali e brillanti Danze di Marosszék (1930), le Danze di Galánta (1933), le musiche di scena, condensate anche in una suite, dell'estroso ed umoristico Háry Janós (1926), l'opera comico-idillica La filanda magiara (1932), ricca di danze e di cori a ballo di vivace stampo popolaresco e il Budavari Te Deum per soli, coro e orchestra (1936), di imponente costruzione vocale e religiosamente ispirato alle fonti liturgiche del melos ungherese. A questa produzione va aggiunta anche l'opera sinfonica e cameristica, comprendente una Sinfonia in do maggiore dedicata nel 1961 alla memoria di Toscanini, direttore che ebbe molta stima per Kodály, l'Adagio per violino e pianoforte (1905), la Sonata per violoncello e pianoforte (1910), la Sonata op. 8 per violoncello solo (1915), i Quartetti op. 2 e op. 10 (1908 e 1918), la Missa brevis per coro e orchestra e numerosi Lieder per canto e pianoforte.

Il pezzo Sera d'estate, composto nel 1906 e revisionato nel 1929-'30, è basato su tre temi: il primo affidato al solo corno inglese (Andante assai) descrive una situazione calma e riposante, quasi di torpore in una serata estiva; il secondo, già insito nel primo, preannuncia una tensione strumentale, espressa con intelligente gioco contrappuntistico dai fiati, sorretti dal tremolo serrato dei violini e delle viole; il terzo tema, indicato inizialmente dal primo oboe, è brillante e arricchito dai pizzicati degli archi e dalle articolazioni ritmiche in "staccato" dei fiati. L'ultimo tema viene ripreso da tutti gli strumenti, ora in senso solistico (flauto, fagotto, oboe e corno), ora nel "tutti" orchestrale, raccordato al secondo tema riconoscibile all'ascolto.

Nella zona centrale il materiale tematico viene elaborato con molta varietà di accenti e con raffinato e bene amalgamato gioco timbrico. In questa sezione di sviluppo prevale l'utilizzazione di una scrittura contrappuntisticamente serrata, con canoni e imitazioni strette, sino a giungere al momento culminante del pezzo: un accordo di si bemolle maggiore in primo rivolto, sfociante in un crescendo culminante in uno sforzatissimo (sfff). Quindi si arriva alla coda finale, divisa in piccoli episodi collegati fra di loro. Si passa da uno stile recitativo, contrassegnato dalle uscite solistiche del flauto, del corno inglese, del corno e dell'oboe, ad un episodio costruito sul pedale di dominante prima e di tonica poi, in un fitto intreccio armonico.


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 8 dicembre 1989


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Ultimo aggiornamento 1 novembre 2014